Il perdono ai penitenti, l’ammenda agli impenitenti (di Cosimo Risi)

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C’è una lezione morale da trarre dai fatti del mondo. Ed è cara tanto alla famosa casalinga di Voghera quanto all’intellettuale impegnato: il perdono da accordare ai penitenti e da rifiutare agli impenitenti.

Qualcuno potrebbe dubitare della genuinità del pentimento, ma non stiamo a sottilizzare quando si tratta di relazioni internazionali, siamo sotto l’imperio della realpolitik.

Joe Biden ha in programma la missione mediorientale di metà mese. Nell’ordine: atterra a Tel Aviv per incontrare il neo Primo Ministro israeliano Yair Lapid, si trasferisce a Ramallah per il Presidente palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen), vola a Gedda dal Principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (MBS).

L’ultima tappa esemplifica l’esercizio del perdono. Nel quadro regionale, la benedizione non può che essere accordata dal solo riconosciuto officiante: il Presidente degli Stati Uniti.

Un rapporto CIA aveva individuato nel Principe il mandante dell’assassinio del giornalista Adnan Khashoggi, all’interno del Consolato saudita a Istanbul. L’esecuzione, fraudolenta e efferata, aveva gettato un’ombra sul luminoso avvenire dell’Erede al Trono fino a farlo considerare ospite indesiderato a Washington. Lo stesso Biden, in un eccesso verbale, aveva minacciato di trattarlo da “paria” della comunità internazionale.

Il paria si è riscattato. Il Principe accoglierà il Presidente non nell’impegnativa e torrida capitale Riad ma nell’ex capitale e soltanto caldissima Gedda. Sulle sponde del Mar Rosso potrebbe andare in scena un inedito triangolare fra lo stesso MBS, Biden, un alto dignitario israeliano (Lapid, che conserva anche il portafoglio Esteri?).

Il Principe, in cambio, farebbe pubblica ammenda per la riluttanza del Regno a riconoscere formalmente lo Stato d’Israele, con cui pure intrattiene proficui rapporti di fatto. Si veda ad esempio la Middle East Air Defense Alliance, l’alleanza aerea difensiva in chiave anti-iraniana, che mette insieme Israele e alcune potenze sunnite.

Il perdono è pure accordato a Recep Erdogan. Dopo averlo definito “dittatore” un anno fa, il Presidente Draghi ora lo incontra a Ankara nella di lui veste di mediatore fra Russia e Ucraina. Il Presidente turco ricambia la certificazione con la promessa di un corridoio per il grano ucraino attraverso il Mar Nero. Un aiuto ai paesi affamati: una prova di ravvedimento che più umanitaria non si può.

C’è chi non si pente e viene estromesso dai suoi sodali, malgrado il  successo elettorale del Partito Conservatore. E’ il caso, più pittoresco che doloroso, di Boris Johnson (BoJo). Cultore della latinità con il libro Il sogno di Roma, lettore di Cicerone, marito plurimo e padre prolifico in palese contrasto con lo stereotipo “no sex please, we’re British”, BoJo porterà la sua scapigliatura fuori da Downing Street.

Non può restarci neppure per festeggiare l’anniversario del terzo matrimonio. Per i ricevimenti, celebre quello ad alto tasso alcolico durante la chiusura da pandemia, i Coniugi Johnson preferiscono le sedi istituzionali alle private. Costano decisamente meno, paga il contribuente.

Quale sia il pensiero di Sua Maestà circa questo preteso epigono di Sir Winston Churchill, non è dato sapere. Probabile che la Regina abbia in mente un Premier meno scoppiettante e più in linea con lo stile britannico di The Crown, la serie Netflix.

We miss you, Mr. Johnson! – è l’affranto commento di Brexiters e  sovranisti di ogni dove. Non della Repubblica d’Irlanda né degli addetti alle pulizie dell’Eliseo. In visita la prima volta dal Presidente Macron, BoJo si fece riprendere con i piedi sul tavolino di servizio. Il cerimoniale diplomatico non contempla il gesto fra i protocollari.

Cosimo Risi

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