Boulaye Dia a Sportweek: “A Salerno per la Curva Sud. Nicola? Un martello”

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“Crederci sempre”Boulaye Dia non ha mai smesso di farlo. Come lui stesso racconta ai microfoni di ‘SportWeek‘  il settimanale di approfondimento de La Gazzetta dello Sport, la intitolerebbe così, con due semplici parole, la storia della sua vita. Il 25enne attaccante francese di origini senegalesi ha già dimostrato con tre goal e due assist in 5 gare in Serie A – da quando è arrivato – di poter essere decisivo con la Salernitana grazie al suo talento.

“Emozione fortissima il gol che ho segnato alla Sampdoria, ma l’esultanza è stata un disastro. Avevo visto i video della Curva Sud grazie a De Sanctis. Ho messo la palla in rete, ho alzato lo sguardo verso la gente che veniva giù come un fiume dai gradoni quasi ad abbracciarmi, ma poi con la coda dell’occhio ho notato il guardalinee che sbandierava. L’anno scorso ho giocato per la prima volta in Champions, ma a me interessa stare in campo. Qui posso giocare tanto, più che in Spagna. Al Villareal, all’inizio sono sceso in campo abbastanza, quasi masi dopo la Coppa d’Africa. Mi sono detto che non andava bene e ho deciso di cambiare. A Salerno ritroverò il ritmo partita che permetterà alla mia carriera di fare un nuovo salto in avanti”.

Inevitabile parlare di Salernitana e della sua gente«Davide Nicola è un martello, grida molto e partecipa tanto alla partita e agli allenamenti. Mi da molti consigli ma spesso seguo il mio istinto. Tra i miei nuovi compagni di gioco ammiro Ribery, è un esempio anche se non si è mai allenato con noi perchè infortunato. Mi piace Salerno perché non è una città troppo grande. La gente mi ferma appena metto piede fuori dall’albergo gridandomi di segnare sempre più e più gol ogni domenica».».

La storia di Dia si intreccia al calcio per le vie di Oyonnax, sotto le Alpi, paese in cui è nato e ha trascorso la sua infanzia:

“I miei fratelli giocavano per le strade del quartiere, e io gli sono andato dietro. Non tifavo per nessuna squadra perché non avevamo la televisione per guardare le partite. Perciò da piccolo non avevo neanche un idolo. Più avanti ho ammirato Ronaldinho”.

A 12 anni la sua vita poteva cambiare, quando i talent scout del Saint-Etienne si presentano nel suo paese.

“A Oyonnax venivano spesso gli osservatori di quel club e del Lione. Un giorno ricevo un invito dal Saint-Etienne per un provino. Papà si offre di accompagnarmi. Non siamo mai arrivati a destinazione: al casello l’auto si fermò per un guasto. Stavamo pagando il pedaggio quando dal motore comincia a venire su un rumore strano. Papà accosta, chiama il carro attrezzi. Tornammo a casa in taxi. Dormii per tutto il viaggio. Arrivati, scappai a giocare coi miei amici. A quell’età non pensi alla sfortuna, alle occasioni perse o a robe del genere… Mi dissi: ‘C’est la vie’ e ricominciai la vita di prima“.

Il treno per la carriera professionistica passa una seconda volta, ma anche in questo caso Boulaye Dia non riesce a prenderlo.

“Arriva un’altra chiamata, stavolta dal Lione. Mi invitano ad allenarmi coi loro ragazzi ogni primo mercoledì del mese. Vado, faccio tanti gol, ma sono piccolino, non cresco. A 15 anni ero il più basso di tutti: il Lione neanche credeva che avessi l’età che dichiaravo. Io non me lo spiegavo: oggi uno dei miei fratelli è alto 194 centimetri, gli altri sono intorno al metro e ottantacinque. Fatto sta, mi scartano. Due anni dopo inizio ad alzarmi”.

“A 18 anni mi diplomo elettricista. Faccio qualche lavoretto, anche se mi manca un altro diploma per considerarmi un elettricista vero e proprio. Lavoro pure in una fabbrica di auto: faccio le serigrafie sui telai. Pensavo di mettere i soldi da parte e riprovare col professionismo dopo un paio d’anni. Giocavo in settima divisione: se fossi arrivato in quarta ero sicuro che sarei salito ancora più su”.

L’occasione arriva cinque anni fa con l’ennesimo provino, stavolta addirittura in Galles.

“Alcuni procuratori francesi organizzarono un gruppo di ragazzi della mia età, ventenni, e lo portò in Galles, dove avevano agganci con qualche club. Il provino stavolta andò bene, ma quello che mi offrivano economicamente non era abbastanza per convincermi a lasciare la Francia”.

Il ritorno a casa coincide con una prima chiamata.

“Arrivo in quarta divisione, come mi ero ripromesso, e mi chiama il Reims, che mi seguiva già quando ero stato al Lione. A marzo del 2018 mi chiedono se sono interessato a passare da loro. Rispondo: prima finisco il campionato allo Jura Sud, poi parleremo”.

“Col Reims gioco le amichevoli estive, poi mi spostano nella seconda squadra, dove segno 3 gol in 6 partite, e a ottobre vengo richiamato in prima”.

L’esordio in Ligue 1 arriva il 20 ottobre, contro l’Angers.

“Osservo lo stadio: mai visto uno così grande, con tutte quelle luci. Poi penso alla mia famiglia che mi stava guardando in tv. E dopo basta, perché dovevo concentrarmi sulla partita, altrimenti rischiavo di non accorgermi neanche di quello che mi succedeva intorno”.

L’intervista si chiude con una battuta di Dia sul suo passato da elettricista. Se un compagno mi chiama per un problema di luci a casa? Dia svela un retroscena:

“(Ride e si dà grandi manate su una gamba, ndr). Al Reims è successo davvero. Un giorno un compagno mi telefona: Boulaye, non mi funziona l’impianto elettrico di casa. Gli chiedo qual è il problema, gli spiego per filo e per segno come risolverlo e lui: non ci credo, stai sbagliando. Chiama un elettricista e quello gli conferma tutto ciò che gli avevo già detto io. Perciò, se adesso dovesse chiamarmi qualcuno, gli risponderei: ah, no, no, pardonne moi, ma non ricordo più niente!”.

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