La risposta alla crisi energetica (di Giuseppe Fauceglia)

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I miei lettori conoscono che sono solito “ritornare” sullo stesso argomento trattato la settimana precedente, quando ritengo che il mio ragionamento debba necessariamente essere completato. Vorrei, allora, rafforzare il dato di partenza: di fronte alla crisi energetica abbiamo bisogno di più Europa e non di più debito.

Come correttamente ha rilevato il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, “lo choc energetico in corso costituisce un onere ineludibile per il Paese, ma se si sceglie di finanziarlo con l’emissione di debito pubblico, bisogna fare attenzione a non caricare oneri ingiusti sulle generazioni future”.

Pensare, allora, di risolvere la questione solo con lo scostamento di bilancio (come fanno altri Paesi, come la Germania, che non hannp l’enorme debito pubblico italiano), significa non aver compreso neppure la “lezione”: il Governo italiano è già intervenuto per ridurre l’impatto delle bollette con uno stanziamento recente di oltre 6 miliardi di euro, che si aggiungono ai 30 miliardi in precedenza già stanziati.

In ordine all’ intervento pubblico bisogna fare un’ulteriore riflessione: da una parte, è evidente che questo si è già dimostrato insufficiente di fronte a rincari che paiono destinati a durare; dall’altra, che proprio l’intervento pubblico finisce indirettamente per favorire la speculazione finanziaria sul mercato olandese del gas, facendo crescere i prezzi delle materie prime (situazione normale laddove si rinviene un co-debitore di ultima istanza, come lo Stato). La domanda, allora, resta sempre la stessa: che fare ?

La scorsa settimana ho già sintetizzato le soluzioni che paiono affacciarsi nel dibattito europeo, un’ulteriore opzione potrebbe essere quella di varare un grande piano di intervento finanziario, in assonanza con il Next Generation, finalizzato non solo ad intervenire sul piano dell’abbattimento dei costi ma, soprattutto, per sostenere nuovi importanti interventi sulla produzione di energia pulita, tra cui anche il nucleare di c.d. terza generazione.

In Italia, però, dovremmo superare le pastoie buracratico-giudiziarie che caratterizzano, impedendolo o ritardandolo, ogni processo innovativo, nonché le preclusioni ideologiche dell’ambientalismo di sinistra, che attizza il fuoco dei “NO” a tutte le soluzioni possibili (abbiamo avuto modo di vedere quanta fortuna i “NO” hanno, nel passato, portato ai 5stelle).

Bisogna, però, sviluppare ulteriori riflessioni, e procedo, sia pure con necessaria sintesi, con ordine.

(1) In Italia il prezzo del gas fa da volano al prezzo dell’energia (che resta quello che più interessa famiglie e imprese), e ciò per il semplice motivo che la maggior parte dell’energia elettrica viene prodotta usando il metano, ad esempio, in Francia il nucleare è utilizzato proprio a tale scopo (questo è uno dei motivi che induce alcuni Stati, anche per motivi geo-politici, a frenare sul prezzo comune del gas).

(2) Sulla bolletta elettrica il prezzo per l’energia creata con questo sistema dalle centrali è di circa il 44%; l’energia va poi trasportata con un prezzo pari all’incirca al 13,2% del prezzo finale; le tasse sono il 13%; la spesa per i cosiddetti oneri di sistema raggiungono il 21,8%.

(3) Gli oneri di sistema sulla bolletta si dividono in due gruppi: quelli destinati a sostenere le spese per le energie rinnovabili e tutti gli altri (es. costi per smantellare gli impianti nucleari non più in funzione, tariffe speciali riconosciute alle Ferrovie dello Stato, interventi per clienti disagiati, finanziamento delle compensazioni territoriali, ecc.).

In questo contesto, per ridurre il costo della bolletta, una prima scelta che il prossimo Governo potrebbe fare risiede proprio nell’eliminazione degli oneri di sistema “impropri” del secondo tipo; ma la vera opzione è quella di sganciare il prezzo dell’elettricità da quello del gas.

A questo bisogna aggiungere la tassazione dei cosiddetti extraprofitti, finora è entrato nelle casse statali circa un miliardo, rispetto ai dieci previsti (in ragione di una particolare suddivisione in due tranche del versamento). La normativa, però, non ha modificato il criterio quantitativo su cui si calcola l’imposta, che non è in realtà costituito dagli extraprofitti, ma dal maggior margine imponibile Iva, come realizzato tra ottobre 2021 e aprile 2022 rispetto allo stesso periodo del biennio precedente.

La non corretta formulazione della norma, cui il prossimo Governo dovrà necessariamente porre rimedio, è stata ritenuta incostituzionale da alcune società proprio perché l’imposta si applica sul saldo delle operazioni Iva e non sui profitti reali, che sono solo quelli che emergono nel successivo bilancio di esercizio.

Non solo, ma le imprese hanno rilevato che se l’aumento del prezzo dell’energia fa di per sé aumentare l’Iva, la conseguenza, direttamente dipendente, è che con l’imposta si finirebbe, nel concreto, per pagarla due volte. Come sempre in Italia si è fatto ricorso al TAR ed ora si attendono i provvedimenti che verranno resi.

Come si vede: un vero e proprio ginepraio, che il nuovo Governo sarà chiamato a risolvere, si spera senza populismi e nella consapevolezza che in questo tempo stiamo giocando con il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. In attesa del 25 settembre: buona fortuna Italia !!

Giuseppe Fauceglia   

2 Commenti

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  • Ma il Prof. Fauceglia sa quanti anni occorrono per costruire una centrale nucleare di ultima generazione? almeno dodici . Quanto al nucleare in Francia la EDF, società che gestisce il nucleare, ha chiuso il 2021 con una passività di 45 miliardi di euro, e la metà dei suoi reattori nucleari sono spenti,senza contare che alcuni nuovi reattori, presentano dei problemi che potrebbero far scattare l’allarme. Non è il nucleare il futuro di una economia sostenibile, almeno nel breve periodo, bisogna combattere sprechi, utilizzare fonte rinnovabili, come ad esempio, utilizzazione dei flussi di acqua che generano energia, e incentivare, come si sta facendo, il fotovoltaico anche a livello domestico e l’eolico

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