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Israele: l’Oriente d’Occidente (di Cosimo Risi)

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Sergio Della Pergola, il grande demografo dell’Università di Gerusalemme, tenta il paragone fra le elezioni in Israele e in Italia. Alcuni profili sono simili, e non solo per l’instabilità dei governi e la  frequenza delle tornate elettorali.

In Italia, in poco più di quattro anni si sono succeduti tre governi e si sono tenute elezioni anticipate. In Israele cinque elezioni in tre anni, con gli ultimi governi di larga coalizione in quanto nati all’insegna del “tutto fuorché Netanyahu”.

Ed è proprio Benjamin Netanyahu che torna a vincere, abile nel creare attorno al Likud un cartello di destra e così sfruttare tutte le pieghe della legge elettorale. Se incaricato dal Capo dello Stato, formerà il governo con tre partiti religiosi e ultraconservatori. La maggioranza degli elettori, mai così numerosi come nel 2022, ha votato per il cartello di destra-centro.

Il centro è rappresentato dal Likud. Si ribaltano così le posizioni tradizionali, che vedevano questo partito alla destra delle varie maggioranze alla Knesset fino alla parentesi dei Governi Bennett e Lapid.

Di qui l’accostamento alla situazione italiana, dove un partito di destra guida il governo  con minoritari elementi di centro. In coincidenza – scrive Della Pergola – con il centenario della Marcia su Roma e con un programma imperniato sulla sicurezza e l’interesse della “Nazione”.

Da Israele giunge un messaggio di carattere generale. La popolazione urbana, laica (secular) e progressista (liberal), resta chiusa dentro le mura. Le nostre grandi città (Roma, Milano, Napoli)  sono amministrate dal centro-sinistra. La loro città più popolosa, Tel Aviv, rimane il baluardo del sionismo inclusivo e multiculturale.

Il resto dell’elettorato è preso dai temi della sicurezza, la risposta politica vincente si sintonizza  con  questa ansia. Che poi la sicurezza si garantisca meglio “con la faccia feroce” che con altri mezzi, è da vedere. Ma così stanno le cose.

L’editorialista di Haaretz nota che Israele non è un paese destrorso e religioso, eppure avrà un governo destrorso e religioso. Non è il paese della supremazia ebraica, ma avrà un governo pieno di suprematisti ebraici, alcuni dei quali proponevano di espellere i cittadini non-ebrei, e cioè gli arabo-israeliani.

Non è un paese fascista, ma presto “avrà un governo che odora di fascismo, si veda la lista di Umberto Eco dei 14 segni comuni del fascismo”. Non è un “paese particolarmente corrotto”, presto riavrà un Primo Ministro sotto processo per varie accuse di corruzione.

Il centro-sinistra perde. Sconta le divisioni interne nella campagna elettorale: ciascuna lista aveva la ricetta per risolvere i problemi. Nel dopo elezioni si crogiola nell’autocommiserazione, finendo per assumere come proprie certe responsabilità che vengono da lontano. I due atteggiamenti, messi insieme, lo terranno a lungo fuori dal circuito.

Il nuovo Governo di Gerusalemme dovrà misurarsi con la situazione internazionale: Israele è strutturalmente global. Alcuni punti in agenda: i rapporti con la minoranza arabo-israeliana, i rapporti con i Palestinesi nei Territori, i rapporti con l’Iran. E questo senza abbandonare il campo della  liberal-democrazia.

Netanyahu s’intende con Vladimir Putin. I due si sono incontrati  innumerevoli volte e con manifesta cordialità. Ha l’interesse a tenere aperto il dialogo. Mosca controlla la vicina Siria ed esercita una certa influenza sull’Iran. Da Damasco e Teheran vengono le principali minacce alla sicurezza del paese.

I rapporti con l’Autorità Palestinese andranno tenuti ad adeguato livello. Nel Governo Lapid se ne faceva carico il Ministro della Difesa. Si tratta di capire chi sarà il titolare del dossier nel nuovo. La comunità internazionale, a cominciare dall’Unione europea, vigila affinché certe soglie di attrito non si superino.

Gli premerà soprattutto consolidare gli Accordi di Abramo con i paesi arabi che li hanno sottoscritti ed allargarli ad altri.  Gli Accordi sono il lascito più importante del precedente Governo Netanyahu e dell’Amministrazione Trump. Segnano l’intenzione americana di dare autonomia strategica al Medio Oriente nei confronti dell’Iran.  Se poi Donald Trump tornasse alla Casa Bianca nel 2024…

di Cosimo Risi

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