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Qualche riflessione sulla politica economica del Governo e sulla irrilevanza delle opposizioni

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Un dato che ha colpito gli osservatori nazionali e internazionali riguardo alla “Nota aggiuntiva al documento di economia e finanza” e al Progetto di bilancio, appena approvato dal Governo Meloni, può indicarsi nella continuità nella riduzione del rapporto debito-PIL, nonostante i dati che emergono dall’attuale situazione emergenziale, nella ridefinizione delle spese dei Ministeri (da tempo, contraddistinti da una certa “anarchia” nell’indebitamento) per circa 800 milioni di euro,  con una conseguente razionalizzazione – si spera efficiente – della missione pubblica.

Di ciò è rimasta plastica attestazione sia il successo dell’emissione dei Buoni del Tesoro, che ha già raccolto l’adesione di 256.000 piccoli risparmiatori a fronte della sottoscrizione di circa 12 miliardi di euro (finalmente, il debito torna nelle “mani” degli italiani), sia l’aumento vertiginoso delle esportazioni, che dimostrano la competitività del Sistema Italia.

Certo, data la situazione, si tratta di provvedimenti che dovranno successivamente svilupparsi su più fronti, anche se resta un segno incoraggiante l’adeguamento di alcuni contratti collettivi (ad esempio, quello della scuola) fermi da anni e l’aumento delle pensioni minime. Ma l’emergenza è quella che è, ed ogni politica, che non intenda ricorrere allo scostamento di bilancio, deve misurarsi con la realtà.

A fronte di questi elementi, si deve registrare un’opposizione che non riesce a distinguere i risultati positivi (alcuni finanche in continuità con il Governo Draghi) e si preoccupa di organizzare inutili sfilate di protesta, piuttosto che posizionarsi con un programma alternativo (non parolaio e vuoto), ad esempio sulla decrescita della natalità, sulla scuola, che vive sempre più il disconoscimento del merito (con gravi responsabilità delle organizzazioni sindacali) e l’inutilità di percorsi formativi obsoleti. Come scrive Sabino Cassese su “Il Corriere della Sera”, questo atteggiamento delle opposizioni (ritengo, con la sola eccezione di Italia Viva e Azione), rafforza l’idea diffusa che, finalmente, “abbiamo un governo che governa” e che tutela gli interessi nazionali.

Del resto, pare ormai evidente che il PD scivoli irrimediabilmente verso le posizioni assunte dal movimento 5Stelle, nella ricorso ad una demagogia populista che non solo tradisce le ragioni fondative del PD, ma che fa male davvero agli interessi del Paese. Il tema, sul quale lo stesso PD è rimasto assente nel dibattito, è quello del c.d. reddito di cittadinanza.

Qui non si tratta di mettere in discussione il sacrosanto principio solidaristico secondo il quale lo Stato deve far fronte alle situazioni di particolare fragilità e di povertà, quanto ridisegnare gli interventi in ordine alle politiche attive del lavoro. Se è speculare la posizione del movimento 5Stelle per la tutela del suo prevalente (e “clientelare”) bacino elettorale, soprattutto in Campania, Puglia e Sicilia, laddove centinaia di migliaia di persone continuano a ricevere il reddito e, più di uno, rifiuta le offerte di lavoro, meno comprensibile resta il silenzio del PD.

Nessuna parola sulla minaccia di Conte per la tenuta sociale, nessun contrasto a chi ritiene che l’attuale conformazione del reddito di cittadinanza vada mantenuto così come è, senza aggiustamenti o riforme. Anche su questo tema, però, mi pare che il Governo abbia tenuto, con un grado di ragionevolezza, la barra dritta: ha previsto un periodo transitorio riconoscendo per otto mesi dal 1° gennaio 2023 la percezione anche da parte di soggetti abili al lavoro, ha indicato un percorso di formazione o di riqualificazione professionale, ha finalmente previsto che perde il reddito chi rifiuti la prima offerta di lavoro congrua.

Non si può sopportare un così elevato livello di spesa per percettori di reddito che, soprattutto nel Mezzogiorno, incrementano con entrate di lavoro a nero (vedi le diverse inchieste giornalistiche) o addirittura attribuito in migliaia di casi ad appartenenti alle organizzazioni criminali (vedi varie inchieste giudiziarie), quando le aziende – ne sono un esempio quelle turistiche – richiedono personale essenziale per le loro attività. Certamente, questo prevede un più ampio intervento sul mercato del lavoro, che potrebbe già individuarsi nel salario minimo (qui rilevante resta la proposta di Forza Italia) e di un consistente abbattimento del cuneo fiscale. Si tratta di progetti che già sono nelle “corde” del governo, ma sui quali occorre lavorare con intelligenza e un’ idea programmatica di lungo periodo.

Giuseppe Fauceglia    

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