Il quadrante mediterraneo (di Cosimo Risi)

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La guerra in Ucraina sta per toccare il primo anno e non si intravede la via d’uscita. I tentativi di mediazione, il più serio è della Turchia, approdano a risultati minimi: il via libera al trasporto dei cereali, lo scambio dei prigionieri.

I grandi temi restano coperti, non risulta un confronto diretto fra le parti. L’Ucraina continua a chiedere forniture militari, le ultime all’Italia per il sistema di difesa missilistica. La Russia continua ad inviare truppe, con il rischio di scossoni nelle Repubbliche chiamate allo sforzo maggiore. Le voci di malcontento si diffondono, la propaganda e la repressione le tengono a freno. E’ prevedibile che il conflitto si trascini fino al 2024, anno di elezioni presidenziali in America e Russia.

Le conseguenze in termini di danni materiali e umani, già ora ingenti, saranno colossali. L’Unione sarà allora chiamata a farsi carico della ricostruzione. Sarebbe bene che i bilanci accantonino cifre ragguardevoli: perché l’esborso sarà ragguardevole.

La guerra europea domina il dibattito internazionale al punto da offuscare le tensioni, meno clamorose ma perduranti, che si combattono nel Bacino mediterraneo. Il mare sempre più affollato che giunge fino al Golfo Persico o Arabico. La Libia è il principale problema da dodici anni, la soluzione è di là da venire.

Qualche segnale di interesse viene da Washington. Che lo si voglia o no, gli Stati Uniti sono i protagonisti nella contesa, ora più vigili che in passato per non lasciare campo libero alla Russia. In Libia infatti Mosca sta costruendo la seconda testa di ponte mediterranea dopo la Siria.

Il Direttore della CIA – è un copione consolidato che l’Agenzia intervenga  quando si tratta di affari che la diplomazia ufficiale è bene che ignori – si reca in Libia, ovvero nelle “Libie” contrapposte di Tripolitania e Cirenaica.

I suoi colloqui con Abdul Dbeibeh, il Premier auto-prorogato, e con Khalifah Haftar, il Signore della zona orientale, sarebbero stati all’insegna della franchezza. Nel linguaggio diplomatico   la franchezza sta per assertività. E d’altronde solo un discorso assertivo può spingere i contendenti alla ragionevolezza.

Il ritrovare  una qualche forma di unità nazionale per dare luogo alle elezioni generali sempre programmate e sempre rinviate: è la premessa per avere un paese tendenzialmente stabile. Affinché la Libia non diventi il buco nero d’Europa: terrorismo, traffico di essere umani, turbativa del mercato dell’energia.

L’Italia è particolarmente esposta sul fronte libico. I flussi migratori arrivano prevalentemente dai suoi porti, le forniture energetiche sono là tradizionali.

Il Governo, con il Ministro degli Esteri, cerca la sponda della Turchia. Ankara è presente in Tripolitania e si contrappone all’influenza di Egitto e Russia in Cirenaica. I rapporti fra Turchia e Egitto stanno imboccando la via della calma. E’  essenziale che Cairo giochi il gioco dell’unità nazionale in Libia. E d’altronde l’Egitto ha bisogno dell’Europa almeno quanto l’Europa ha bisogno dell’Egitto.

I problemi legati ai diritti umani non possono essere cancellati. Pur tuttavia il realismo politico impone la razionale valutazione della partita in campo. Il Mediterraneo centrale va stabilizzato, proprio mentre l’estremità orientale del Golfo s’infiamma.

La repressione in Iran conosce punte inusitate con l’esecuzione di Alireza Akbari, già Vice Ministro della Difesa all’epoca della Presidenza Khatami, cittadino britannico-iraniano. Le richieste di clemenza da Londra sono state ignorate. Il Regno Unito richiama il proprio Ambasciatore a Teheran e si accinge a nuove restrizioni nei confronti della Repubblica Islamica.

di Cosimo Risi

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