Politica estera e diritti (di Cosimo Risi)

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A leggere il Trattato sull’Unione europea si scopre che l’azione esterna dell’Unione (la politica estera e di sicurezza) si basa sugli stessi principi e gli stessi valori che ne informano l’azione interna: democrazia, stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e via elencando.

L’Unione è chiamata a sviluppare le relazioni con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali che sono sulla stessa linea. Il Trattato tace circa le relazioni che l’Unione deve intrattenere con i paesi terzi che non lo sono.

La prassi dei comportamenti è variegata. Non possiamo  chiuderci nella nostra torre e guardare con sussiego chi sta fuori, siamo costretti a navigare in acque turbolente. Si impongono rapporti costruttivi, se non proprio cordiali, con paesi che hanno comportamenti difformi dai nostri principi.

La politica estera che sia strettamente imperniata sui diritti umani e sulle libertà fondamentali,  mette in tensione la legittima esigenza di tutelare i sacri principi e l’altrettanto legittima esigenza di perseguire gli interessi materiali. Sono, questi ultimi, i più vicini alla sensibilità dell’elettorato. Nell’epoca attuale è l’esigenza di tenere aperti i flussi commerciali in uscita e in entrata: continuare ad esportare anche i materiali sensibili come le armi, continuare ad approvvigionarsi di idrocarburi a prezzo calmierato.

La transizione ecologica è difficile, dipendiamo ancora dal petrolio. A Bruxelles un blocco di stati membri si riserva sulla proposta della Commissione di bandire, dal 2035,  la vendita delle auto a motore termico.

La sicurezza delle frontiere esterne è affidata alla sorveglianza di paesi, rivieraschi e non, che regolano gli imbarchi verso l’Europa a misura della loro convenienza. Non  della nostra.

Il Governo vira verso la strategia del realismo politico e degli affari. La Presidente del Consiglio si reca in visita in paesi con i quali i rapporti hanno conosciuto momenti di tensione.    In Egitto è ricevuta dal Presidente Abd-el Fattah al-Sisi, considerato, almeno fino all’incontro, come reticente sul caso Regeni. Sul punto la Presidente ed il Ministro degli Esteri sono chiamati dalla magistratura  a chiarire l’asserita collaborazione.

La Presidente ed il Ministro vanno ad Abu Dhabi per firmare (il Ministro) un partenariato strategico ed un accordo di collaborazione in vista della Cop28, la conferenza ONU sui cambiamenti climatici in programma a fine novembre con la presidenza del Ministro emiratino dell’Energia. Con il Presidente ADNOC (Abu Dhabi National Oil Company)  l’Amministratore Delegato ENI firma un accordo in materia energetica.

Gli Emirati Arabi, una federazione di sette emirati, sono produttori di petrolio e gas e membri OPEC+, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio. In seno all’organizzazione, essi tengono una posizione più vicina alle istanze americane di accrescere l’estrazione di petrolio: questo per contenere i prezzi e l’inflazione mondiale generata dalla scarsità del petrolio russo.

Gli Emirati si risentivano per alcune vicende italiane. La decisione del Governo Conte 2 di bloccare la vendita di bombe per aerei. Il rifiuto (2021) fu motivato con la volontà di lanciare “un chiaro messaggio di pace, il rispetto dei diritti umani è inderogabile”. Allora gli Emirati erano impegnati nella guerra in Yemen, dal pesante strascico umanitario.               La rottura dell’alleanza fra Etihad e Alitalia, oggetto di trattazione al Tribunale di Civitavecchia. Il fallimento della società che avrebbe dovuto produrre droni per gli Emirati: anch’esso all’attenzione della giustizia italiana. A titolo di ritorsione, gli Emirati avevano chiuso la nostra base militare, attiva da anni per rifornire le truppe di stanza nel Golfo.

Il partenariato strategico dovrebbe risarcire i rapporti politici con gli EAU, non incide sulle vicende giudiziarie che implicano i loro interessi.        La stretta di mano  fra Giorgia Meloni e Mohammed bin Zayed Al Nahyan inaugura la nuova stagione. Il Presidente della Federazione è ritenuto l’uomo forte del Golfo, quanto se non più del Principe saudita Mohammed bin Salman al-Saud.

Le potenze sunnite del Golfo sono strategiche per le riserve energetiche, gli investimenti all’estero dei fondi sovrani,  i rapporti con Israele e il contenimento dell’Iran, i buoni uffici con la Russia.

di Cosimo Risi

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