Site icon Salernonotizie.it

La sinistra e il lavoro frantumato (di Giuseppe Fauceglia)

Stampa
Quando il 24 novembre dello scorso anno, il partito della “France Insoumise” (per intenderci, quello della sinistra di Jean-Luc Mélenchon) ha dovuto scegliere quali argomenti mettere all’ordine del giorno per la discussione nell’Assemblea Nazionale, si è trovato di fronte ad un bivio tra l’aumento del salario minimo per milioni di lavoratori e l’abolizione della corrida nelle tre regioni della Francia in cui è ancora autorizzata.

Pur avendo fatto della tutela del lavoro il proprio cavallo di battaglia nella competizione elettorale, il partito ha scelto di trattare l’argomento della corrida, offrendo in tal modo la conferma che la strada scelta era quella di evitare i problemi economici e sociali, preferendo quelli etici, legati a valori individuali.

Venendo alle questioni italiane, mi pare che lo stesso sentiero stia percorrendo la segretaria del PD, Elly Schlein, la quale ha evitato ogni puntuale intervento su complesse questioni economiche e sociali, preferendo argomenti, come l’antifascismo (di maniera), il menu vegetariano o l’affidamento alle coppie omosessuali.

Argomenti certamente di rilievo, ma che non appartengono al patrimonio storico della sinistra italiana, dando atto di quella distinzione, che si è già affermata in Francia, tra il “social”, legato ai bisogni economici con il suo carico di difficoltà e di conflittualità, e il “sociétal”, che indica i diversi aspetti della vita sociale degli individui, in quanto parti di una società organizzata.

In sostanza, nelle posizioni della sinistra italiana si riscontra l’abbandono delle tematiche della lotta al capitalismo finanziario e alla tutela dei diritti dei lavoratori (o, meglio, del “lavoro”), argomenti, invece, fatti propri da una certa destra.

Ciò che, ad esempio, in Francia è avvenuto con Marine Le Pen, la quale ha messo da parte la estrema destra identitaria, per rivolgere il proprio messaggio alle classi popolari abbandonate dalla sinistra. Del resto, anche nelle vicende più recenti può individuarsi un qualche folclore argomentativo del duo Schlein-Landini, laddove, pur a fronte della programmata riduzione del cuneo fiscale, hanno continuato a ritenere insufficienti gli interventi del governo Meloni, pur avendo quest’ultimo complessivamente inciso sul cuneo nella misura del 5%, corrispondente alla richiesta dei sindacati nel corso delle audizioni. Forse, il noto “duo” attende il 25 aprile, per scatenare altre polemiche, magari profittando di qualche scivolone comunicativo di personaggi di terza fila della maggioranza parlamentare.

Mi pare essere questa la dimostrazione di quella deriva della sinistra, denunciata in America da un intellettuale proprio di sinistra come Mark Lilla, il quale si è detto preoccupato per le derive del particolarismo culturale e per la politica ridotta a tutela di categorie e diritti speciali. Manca, cioè, nella prospettiva attuale delle opposizioni una visione collettiva per il Paese, pur necessaria a fronte di qualche significativa incertezza o incoerenza nelle scelte governative.

In sostanza, per dirla con Francis Fukuyama, la storia sembra essere finita non perché la realtà sia ormai priva di diseguaglianze, ma perché la stessa sinistra ha finito per accedere all’ unico modello che si è imposto alle democrazie occidentali, che comprende, per dire, le piste ciclabili o la retorica della sostenibilità o la tutela Lgbt. Rimangono sullo sfondo le proposte politiche (non delle vuote interviste televisive) sulla tutela del lavoro, sul mercato energetico con l’aumento delle bollette, sull’inflazione, sul parassitismo di un capitalismo finanziario sempre più aggressivo, sugli effetti di un’immigrazione “ingovernabile”. Sono state trascurate le fondamenta di una politica di sinistra, dimenticando gli effetti che sul “lavoro” hanno prodotto l’automazione industriale, le nuove tecnologie, il lavoro immateriale, la dispersione delle grandi fabbriche in cui si consolidava la “coscienza di classe”.

Insomma, la frantumazione del “lavoro”, con le sue conseguenze sui diritti sociali, non sembra più interessare questa sinistra, la quale non ha compreso che la crisi dell’industrializzazione ha comportato di conseguenza una crisi di identità dei lavoratori.

Nel futuro della politica, però, restano i temi classici, quelli sentiti da tutti, andando oltre – per citare ancora Mark Lilla – “quei militanti che non sanno parlare più di nulla se non delle loro differenze”.

Giuseppe Fauceglia  

Exit mobile version