Site icon Salernonotizie.it

La marcia dei “vitelloni” e la dignità di Carlo Cottarelli (di G. Fauceglia)

Stampa
Ennio Flaiano, che si attribuiva la paternità del termine “vitelloni”, da cui il noto film di Fellini, avrebbe seguito con la sua ironia l’evoluzione della metafora bovina dall’Italia del boom economico a quella del vuoto dei social.

In effetti, l’espressione ha subito significative variazioni espressive, come i “bamboccioni” di Padoa-Schioppa, il cui tratto ritenuto eccessivamente ruvido è stato ammorbidito nei “choosy” della Fornero, per passare poi ai falsi percettori del reddito di cittadinanza, agli sdraiati del film di Francesca Archibugi e del romanzo di Michele Serra, oppure agli studenti “campeggiatori” figli di un’annoiata  borghesia di provincia, e finire con gli influencer tatuati, muscolosi e sculettanti che dalla Rimini degli anni ’60 si sono trasferiti alle Maldive.

L’Unità, allora quotidiano del PCI, al tempo dell’uscita nelle sale del film di Fellini, rimproverò al regista la mancanza di una esplicita condanna di “questi mantenuti, arrivati sulla soglia dei trent’anni con una maturità da bambini”. Una lezione, seppure frutto di un eccessivo rigore ideologico, ormai dimenticata dagli eredi del PCI.

Mi chiedo cosa avrebbe detto Flaiano a fronte dell’attuale marcia dei “vitelloni”, che hanno ormai conquistato le istituzioni della Repubblica. Il sistema elettorale attuale voluto dai “capibastone” per premiare la cieca fedeltà, in dispregio degli “interessi” dei territori, ha finito per ridurre il Parlamento ad un simulacro della democrazia rappresentativa. Gli stessi partiti – se così si può ancora dire – abbondano di giovanotti/e dallo scarso retroterra culturale e dalle pallide esperienze a volte limitate alla frequentazione delle discoteche (per tacer d’altro !!).

A fronte della “miseria” di questo scenario si staglia la dignità del gesto compiuto dal senatore Carlo Cottarelli, che, non condividendo le scelte del nuovo/a segretario/a (con riferimento nella linguistica all’uso controverso del genere femminile) del PD, ha deciso di rinunciare al seggio senatoriale (e ai suoi privilegi, che i cultori del “dolce far niente” ovviamente prediligono) per tornare all’attività di professore nell’ Università Cattolica di Milano.

Il prof. Cottarelli, seguendo le sirene della politica, avrebbe potuto semplicemente cambiare gruppo parlamentare (così fan tutti/e !!), ma ha fatto prevalere l’orgoglio e la dignità di chi sceglie la politica per ragioni diverse da quelle del lussuoso sostentamento personale.

Il motivo politico-culturale di questa scelta – che subito “Il Manifesto” ha salutato come la fine del riformismo e del liberismo penetrato nelle maglie del PD ed ora scacciato dal “tempio” dalla Schlein – resta chiaro ai più: una vera e propria presa di distanza dalla vuota impostazione pseudo-culturale – apparente modernista – borghese anziché no, dell’ attuale dirigenza nazionale del PD.

Mi viene da paragonare il gesto di Cottarelli alle due grandi immagini liberatorie del cinema italiano: il gesto dell’ombrello di Alberto Sordi nel film di Fellini e la “cagata pazzesca” della corazzata Kotiomkin di Paolo Villaggio. Suggerirei, però, al professore di far seguire la sua nobile scelta da un grande pernacchio, per intenderci, alla Totò.

Giuseppe Fauceglia    

Exit mobile version