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L’ombra degli “ismi” nella politica italiana (di G. Fauceglia)

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Movimentismo, populismo e giustizialismo sono stati per anni la caratteristica di una certa politica italiana, tra i vari “ismi” può sicuramente riconoscersi un dato comune: nella loro narrazione sono stati un tratto caratterizzante di una sinistra “a tempo scaduto”.

Sicuramente dalla palude degli “ismi” non intende uscire il Movimento 5Stelle, che è in qualche modo obbligato a farne un certificato della sua (in)esistenza dopo la catastrofica esperienza governativa, ma il tarlo inizia a farsi largo anche in quella sinistra dal tratto più istituzionale, legata alle alleanze occidentali ed europeista, rappresentata dal PD oggi a trazione Elly Schlein.

Il dato in questo senso più significativo è offerto proprio dalle parole utilizzate dalla nuova segretaria del PD, nel suo linguaggio involuto e a volte incomprensibile ai più, che, se da un lato conferma il suo tratto elitario, dall’altro apre spazi a quella indeterminatezza contenutistica, e il vuoto delle parole – come insegna l’esperienza pentastellata – è l’anticamera del trionfo degli “ismi”.

Oggi, ad esempio, siamo ancora in attesa di conoscere se questo PD sia o meno a favore dei moderni termovalorizzatori (con la conseguenza che per l’inattività del sindaco “fantasma” di Roma la città è tornata ad essere invasa dalla spazzatura, nel silenzio assordante degli organi di stampa “amici”) o della robusta rivisitazione dell’abuso di ufficio o della sostanziale riforma della giustizia, e si potrebbe continuare all’infinito.

Mi pare che, guardando alle diverse posizioni che si registrano nel PD, specie nella contrapposizione evidente tra Sindaci e alcuni Presidenti di Regione con la segreteria nazionale, si riproponga (come acutamente osserva anche Roberto Gressi sul “Corriere della Sera”) quel conflitto, che nulla di buono ha prodotto, tra massimalisti e riformisti, che ha interessato la sinistra italiana nel Novecento.

Personalmente resto affezionato ad un “ismo”, che in questi anni è stato oggetto di plurimi attacchi mediatici da parte degli altri “ismi”, ovvero al garantismo. Per questi motivi non mi sento di esultare di fronte alla condanna in primo grado di Piercamillo Davigo, passato da “Mani pulite” a “Mani punite”, perché ritengo che per qualsiasi cittadino valga il principio costituzionale della presunzione di innocenza.

Certo, la sua hybris, derivata da essersi elevato a paladino di una giustizia che non ammette innocenti, ma colpevoli non ancora scoperti, non lo ha aiutato nelle vicende venute all’attenzione di altri giudici. Vi è, però, che in ogni caso non possono pronunciarsi dall’opinione pubblica “sentenze”, in assenza di un completo vaglio della vicenda in tutti i gradi della giurisdizione, sino alla sentenza definitiva della Cassazione.

Quando si parla della giustizia dovrebbe abbandonarsi il tifo da stadio, ed assumere posizioni più consapevoli e fondate sulla cognizione dei problemi. Soprattutto, quando viene condannato un magistrato dovremmo tutti comprendere che si tratta di una sconfitta della “Giustizia”, che lascia un vuoto non solo in quei tanti giudici che assolvono con abnegazione e indipendenza i propri compiti istituzionali, ma soprattutto in quei cittadini che affidano la sorte delle loro libertà o dei loro interessi patrimoniali all’esercizio della funzione giurisdizionale.

Proprio per questo, resta necessario abbandonare gli “ismi” nocivi, anche se non sono proprio sicuro che ciò sia voluto dall’attuale dirigenza nazionale del PD.

Giuseppe Fauceglia

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