Tanto più perché tra quelle messe all’indice dalla nota emittente inglese – che ha condotto un’accurata inchiesta giornalistica – figurano confezioni di concentrato di pomodoro presentate come d’origine “italiana”, ma che in realtà conterrebbero tracce di pomodori cinesi.
Quest’anno la Cina potrebbe diventare il maggior produttore mondiale di pomodoro da industria, superando gli Stati Uniti. Le previsioni di agosto davano infatti una crescita a 11 milioni di tonnellate (erano 8 nel 2023 e 6,2 nel 2022). Considerando che i cinesi consumano appena 1 kg pro-capite all’anno di derivati del pomodoro (contro i 22 kg degli europei), l’aumento di produzione è destinato a riversarsi proprio sui mercati occidentali.
Le importazioni di semilavorati di pomodoro dalla Cina nell’Unione Europea, sono raddoppiate, superando le 100.000 tonnellate contro le 50.000 di dodici mesi prima. Complessivamente nell’Ue arriva una quantità di prodotto da Pechino che è pari – in pomodoro fresco equivalente – al 10% della produzione Ue di pomodoro da industria.
Come si ricorderà, nel maggio scorso proprio la nota sigla degli agricoltori presidiò il porto di Salerno, in occasione dell’arrivo di un carico di concentrato di pomodoro dalla Cina accusato di essere ottenuto con lo sfruttamento del lavoro delle minoranze. Si tenga conto che il 90% del concentrato di pomodoro cinese destinato all’esportazione viene dai campi della regione dello Xinjiang.
Filiera Italia e Coldiretti non ci stanno e, oltre a chiedere l’obbligo dell’indicazione di origine su tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Ue, si sono mobilitate per una raccolta firme ad hoc. In Italia vige già l’etichetta con l’indicazione della provenienza sui derivati del pomodoro, ma occorre pure portare in Europa il divieto oggi vigente nel nostro Paese di utilizzare il concentrato per la produzione di passata, onde estendere le garanzie dei consumatori italiani a quelli europei e dei Paesi terzi.
di Tony Ardito
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