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L’avidità dell’uomo corrode il pianeta Terra (di Tony Ardito)

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“Non c’è una legge sul consumo del suolo, non ci sono pianificazioni paesistiche regionali, i piani regolatori sono in deroga.

Uguale: c’è un’esplosione di cemento che non riguarda solo le città, ma anche le campagne”. Ha dichiarato di recente, non senza preoccupazione, Gaetano Benedetto, direttore generale del WWF Italia.

Siccità e pioggia in questi giorni hanno provocato danni che si aggiungono a ferite inferte nel tempo ai nostri territori. Territori fragili, raccontati da immagini che si ripropongono sempre più di frequente. Fiumi di fango e detriti da spalare dalle strade e dalle case quando le piogge, come quelle di questi giorni, flagellano zone del nostro Paese.

Le responsabilità principali sono da attribuire ai cambiamenti climatici, conseguenza e frutto, però, di una amministrazione dissennata dell’intero globo, così come per il consumo del suolo o la cementificazione, contro cui qui in Italia non esiste ancora una legislazione specifica.

Si registra un vero e proprio accerchiamento delle aree naturali protette. Quel che accade è che i siti naturali di interesse comunitario – più di duemila dal Piemonte alla Sicilia – tutelati anche da una direttiva europea, sono assediati nella fascia di un chilometro dal loro perimetro dalla urbanizzazione.

Il WWF denuncia che negli ultimi 50 anni la cementificazione ha avuto nelle immediate adiacenze di queste zone protette un incremento medio su scala nazionale del 260%, dilapidando così il nostro capitale naturale.

Emerge un dato allarmante: un milione e mezzo di ettari agricoli persi in 10 soli anni. Ciò significa che stiamo consumando il patrimonio su cui c’è natura, bellezza e c’è, soprattutto, anche prospettiva di vita.

All’uomo, alla sua avidità, alle sue scelleratezze è bastato poco più di un secolo per condurre un pianeta con qualche milione di anni e l’intero ecosistema ad un punto di non ritorno. Le conseguenze si delineano assai preoccupanti per questa e le generazioni a venire.

I potenti siglano protocolli che poi, nel superiore interesse di qualcuno o qualcosa – complici spesso la disinformazione e un sostanziale disinteresse generale – abilmente aggirano, o peggio, disattendono.

Una nuova coscienza ed una ritrovata sensibilità, complessive ed individuali, potrebbero aiutare tutti e ciascuno ad acquisire maggiore consapevolezza dello status quo e ad assumere un pizzico di responsabilità utile a vigilare e salvaguardare, nel tentativo di arginare e contenere una china ormai pericolosa dalla quale, non fosse altro che per i silenzi talvolta assordanti, nessuno può sinceramente sentirsi esente da colpe.

editoriale a cura di Tony Ardito, giornalista

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