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Pastiche giallo estivo (di Cosimo Risi)

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Dal diario di John Watson: alcuni giorni prima in Baker Street.

– Mi chiamo Claudine Augier –  si annuncia la signora in americano con la “erre” arrotata alla francese –  e cerco il Dottore Watson. Abita qui, n’est – ce pas?

Confermo che Watson ce l’ha davanti. La Signora è elegante nel suo abito lungo a mezza gamba, il cappellino con la veletta lascia trasparire l’ovale scuro e gli occhi castani. Qualche ricciolo le spunta dal copricapo che tiene in testa pure da seduta. Alle mani guanti corti in pelle lucida nera. Accavalla le gambe avendo cura di tirare giù la gonna. Il suo profumo si spande nell’aria.

Holmes, stravaccato nella solita poltrona, si finge mezzo addormentato, sospetto per non salutare la nuova venuta. La quale mi racconta la malattia della madre: un morbo esotico che solo il Dottor Watson, ufficiale medico della Royal Navy in Africa,   saprebbe curare. Accenna a un sorriso per alleggerire la tensione che avverte nell’aria  a causa della diffidenza di Holmes.

Nel salutarci le sue dita avvolgono le mie in un gioco a incastro. Holmes si risveglia per porgerle il mantello e assicurarle che il Dottore Watson in questo momento proprio non può. L’intervento di Holmes è così repentino da lasciarmi senza possibilità di replica.

Claudine Augier esce di casa e Holmes lascia il salotto. Lo sento rimestare al piano superiore, una finestra si apre e nessuno poi la chiude. Mi precipito fuori dalla porta in tempo per notare una figura allampanata avvolta di nero che si cala dal cornicione di casa e si avvia sulle tracce di Claudine. I due scompaiono alla vista superato l’angolo. Solo dopo alcune ore Holmes rientra. Lo sento dal calpestio che viene dal primo piano, deve avere fatto il percorso all’inverso, attraverso la finestra.

Dal diario di John Watson, giorni dopo in Baker Street

L’indomani della scoperta del cadavere in Sloane Square, sento bussare alla nostra porta. Entrano, senza attendere di essere invitati, Cramer e Stebbins assieme a un terzo uomo. Si muovono come a casa loro, con una disinvoltura che dà ai nervi a Holmes,  già indispettito di suo per essere stato interrotto dal sogno oppiaceo.

Cramer presenta l’accompagnatore. Soprabito lungo, abito grigio a tre pezzi,  capigliatura brizzolata frammentata in mille ricci. Gli occhi grigi, la mascella quadrata, il sorriso freddo fanno di lui una maschera temibile. Si chiama Sam Spade, investigatore privato in San Francisco, California.

Spade aggiunge che lui e Holmes sono entrambi investigatori privati, solo che lui, Spade, lavora per un’agenzia, la Continental OP, che gli assegna i casi più spinosi. La ricerca di Claudine gli è stata commissionata dal Direttore dell’Agenzia, un colonnello dell’esercito in pensione che dirige l’ufficio con piglio militaresco.

Holmes ricapitola per Spade le sue impressioni sul crimine. Per un’opinione più precisa ha bisogno di riflettere ancora. Spade non cede facilmente, è abituato alla rudezza americana, gli inglesi coi loro modi affettati hanno fatto il loro tempo, vanno compulsati. Holmes tace, avverte, o finge di avvertire, i postumi della fumata da oppio.

Parte quarta – segue

di Cosimo Risi

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