E proprio sulle regole fissate per la zona della ripartenza, sta scoppiando quella che è già stata ribattezzata “la guerra del caffè al banco”. Una risorsa economica strategica soprattutto per chi non ha spazi all’aperto (nei conti della categoria, sarebbe in queste condizioni oltre il 50% dei bar). Così per molti vedersi negata la possibilità delle colazioni al banco significherebbe essere condannati alla chiusura. Da qui la mobilitazione della categoria, a cominciare dalle più alte cariche di Confcommercio.
Sono ore frenetiche di trattative, anche per poter dare indicazioni chiare alle imprese che hanno necessità di programmarsi. I numeri sono davvero importanti, poco meno di 144mila i locali censiti da Confcommercio. Non solo. Rappresentano un segno di ritorno alla normalità e una delle abitudini più amate dagli italiani.
Dopo l’uscita del decreto, l’associazione guidata da Carlo Sangalli aveva esaminato il testo con i suoi legali e il vicepresidente nazionale Fipe Aldo Cursano aveva concluso: “Fa fede il Dpcm del 2 marzo, nelle zone gialle si potranno consumare cibi e bevande al banco fino alle 18”.
La stessa conclusione, in giornata, era stata messa per iscritto da Confartigianato in una circolare indirizzata a tutte le sedi d’Italia. Era stata più prudente la linea di Confesercenti, che aveva chiesto chiarimenti al governo con un quesito urgente. Oggi chiede “una revisione urgente del provvedimento. Così si ammazzano i bar. Le imprese sono disperate e non è retorica”. E ora? Le diplomazie sono al lavoro. Se le nuove indiscrezioni saranno confermate, qualche associazione avrebbe già pronto nel cassetto il ricorso al Tar.