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Spunta l’ipotesi dei colori a giorni per Natale: niente Green pass con i test rapidi

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Entro il prossimo giovedì, il governo punta a varare un nuovo decreto per rendere obbligatoria anche la terza dose per gli operatori sanitari, in attesa di una possibile revisione delle regole sul Green pass. In particolare chi lavora negli ospedali e nelle Rsa, che già sembra aver risposto spontaneamente al ricorso alla dose booster, dovrà tornare all’hub vaccinale, quando ormai sono passati quasi 10 mesi dalla seconda dose. Un richiamo indispensabile come hanno ribadito i dati dell’ultimo rapporto dell’Iss sull’efficacia della protezione dei vaccini, che dopo sei mesi tende a dimezzarsi.

Un passo inevitabile per evitare che la circolazione del virus e i suoi effetti rischiosi sui soggetti più fragili, dai pazienti degli ospedali agli anziani delle Rsa, riportino lo scenario vicino a quello dello scorso anno. All’epoca in Italia si registravano oltre 40 mila contagi e più di 500 morti al giorno. Non c’erano ancora i vaccini, e il sistema dei colori, con tutte le restrizioni relative tra coprifuoco e chiusure, era l’unico strumento per affrontare la pandemia.

Lo scrive il sito Open.online

Lo scorso anno la nuova ondata tra novembre e dicembre stava letteralmente colpendo in pieno l’Italia, con gli effetti più drammatici evidenti nei dati del bollettino quotidiano. Quest’anno invece l’innalzarsi della curva sembra appena agli inizi, ma con numeri che secondo gli esperti devono rimettere in moto tutta quella serie di misure cautelari che evitino situazioni più gravi.

Il confronto tra governo ed esperti sta tornando infatti a valutare l’uso dei colori per regioni, o per zone più limitate, così come accaduto proprio a dicembre, quando si è passati in zona gialla, arancione e rossa a livello nazionale al di là della specifica situazione pandemica.

Un’ipotesi sollevata sulle pagine del Mattino, sulla scorta degli avvertimenti lanciati dal fisico Robero Battiston, direttore dell’osservatorio epidemiologico sul Covid all’università di Trento e autore di un’analisi sull’andamento pandemico: «Cominciano a essere numeri importanti – ha confermato Battiston – Se parti basso, ci metto tempo a risalire.

Ma se hai tanti casi, ogni volta che raddoppi arrivi presto a numeri alti». Il ragionamento lapalissiano di Battiston porta quindi alle proiezioni sulla copertura vaccinale e al raggiungimento della soglia, più psicologica che scientifica, del 90 per cento di immunizzati, che non dovrebbe arrivare prima di due mesi e 15 giorni con gli attuali ritmi. Inevitabile, quindi, che almeno lo stato di emergenza sarà prorogato oltre la fine dell’anno corrente, con tutto quel che ne consegue.

Le valutazioni su come preservare le libertà conquistate ormai quest’anno per il prossimo Natale puntano anche a una revisione del Green pass. A proposito del certificato verde per i bambini, sembra meno probabile che possa essere imposto in modo obbligatorio ai più piccoli, in attesa che a metà dicembre l’Ema si esprima sulla somministrazione di Pfizer per la fascia dai 5 agli 11 anni. Resta però concreta la possibilità di ridurre le possibilità con cui si ottiene il Green pass.

Da un lato aumentano le voci tra gli esperti, come Walter Ricciardi, che invoca la concessione del certificato verde solo a chi ha ottenuto la terza dose, senza quindi proroghe alla scadenza degli attuali pass in vigore.

Dall’altro c’è l’ipotesi di escludere i tamponi rapidi per l’ottenimento del certificato, consentendo quindi almeno le attività ricreative solo a chi è vaccinato o ha fatto un tampone molecolare nelle ultime 48 ore. Una strada che dovrebbe escludere comunque il ricorso al Green pass sul lavoro, per gli effetti caotici che provocherebbe nelle aziende già alle prese con controlli e verifiche quotidiane.

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