La tematica è stata oggetto di grande attenzione da parte di tutti i presenti, che hanno offerto il loro contributo al tavolo, analizzando il fenomeno sotto ogni aspetto, da quello socio-economico a quello occupazionale, evidenziandone altresì le ripercussioni negative sia sul mondo imprenditoriale che su quello lavorativo.
È emerso, innanzitutto, che il fenomeno è presente perlopiù, nella Piana del Sele e, a differenza di altre zone del territorio nazionale, proprio per il tipo di colture, riguarda tutti i periodi dell’anno.
La tematica, particolarmente sentita in provincia – è stato sottolineato sin da subito -non può essere affrontata in modo esclusivamente repressivo, ma con azioni preventive, attraverso il concorso di tutti i soggetti competenti nella delicata materia e, soprattutto, il coinvolgimento delle amministrazioni locali, che hanno una conoscenza approfondita del territorio.
Il caporalato, quale reato che offende la dignità dell’uomo, anche in questa provincia -hanno rappresentato i dirigenti delle organizzazioni sindacali – ha mutato veste: non si presenta più con il classico raduno presso un centro di ritrovo con i bus che distribuiscono nelle campagne i lavoratori, ma si sta strutturando in forme sempre più articolate e organizzate.
Infatti, attraverso l’utilizzo di sistemi di comunicazione più rapida, i caporali riescono, la sera per il giorno dopo, a dare risposte alla domanda di manodopera e a sottrarsi più facilmente a forme di controllo.
Inoltre, la problematica interessa prevalentemente fasce di immigrati di etnie diverse, perlopiù marocchine, indiane, rumene, ed è strettamente legato alla tratta di esseri umani.
Nel passato, in questa provincia, sono state già sperimentate “buone prassi” – in particolare nel comune di Eboli – che, a giudizio dei rappresentanti sindacali, andrebbero prese a modello, dando però concreta efficacia a quel sistema ideato e mai pienamente attuato.
In particolare, è emersa la necessità di attivare un sistema pubblico più rapido di incontro tra domanda e offerta di lavoro, che consenta alle aziende di far fronte alle esigenze occupazionali che possono variare, per la tipicità delle colture, a seconda delle contingenze meteorologiche.
I rappresentanti delle associazioni di categoria hanno evidenziato che il fenomeno del caporalato incide negativamente sulle aziende, limitandone la libera concorrenza con effetti negativi sull’attività delle stesse.
Ancora, è stato sottolineato un ulteriore aspetto, relativo alle conseguenze del caporalato: il degrado delle aree in cui questi lavoratori finiscono per alloggiare, adattandosi a vivere in strutture fatiscenti e in condizioni igienico-sanitarie precarie.
In considerazione dell’attenta analisi, il Prefetto, nel sintetizzare gli spunti di riflessione e condividendo con le Forze di Polizia e con tutti i presenti il fatto che gli interventi repressivi non sono risolutivi, ma comunque necessari per arginare il fenomeno, ha evidenziato che occorre avviare un lavoro con tutte le componenti istituzionali, dell’imprenditoria e delle associazioni di categoria, che potranno avere nella “Commissione per il caporalato”, che sarà istituita in modo permanente presso questa Prefettura, un prezioso punto di riferimento.
Attraverso tale organismo occorrerà mettere in sinergia tutti gli attori competenti nella materia, affinché si ricerchi in modo prioritario una risposta alle legittime istanze delle aziende di ottenere nel modo più rapido possibile la manodopera necessaria da impiegare.
Inoltre, occorre creare un percorso comune tra Istituzioni, aziende e associazioni per avviare un percorso condiviso volto a reperire alloggi da destinare a coloro che vengono impiegati in agricoltura, limitando in questo modo anche fenomeni di degrado urbano.
Commenta