Tunisia – Italia – Germania – Italia: la rotta del tunisino si arresta a Sesto San Giovanni (di Cosimo Risi)

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cosimo risiIl caso del tunisino riapre il dibattito sull’Islàm politico e sulla sua variante radicale o integralista. Ne scrivono due islamologi francesi, Olivier Roy e Gilles Kepel, in due libri per ora inediti in Italia: rispettivamente Le djiad et la mort e La fracture . I francesi hanno il pregio di studiare il fenomeno da vicino, per la presenza nel paese di una grande collettività musulmana che si è insediata nel corso dei decenni. La collettività trae origine dalla Guerra di Algeri, ha i suoi punti di raccolta nelle periferie parigine, le banlieues a volte teatro di vere e proprie rivolte di piazza, e nella Provenza, il naturale punto di approdo per chi proviene dal Maghreb.

Marsiglia è la città più settentrionale del Maghreb ed è descritta come tale dallo scrittore italo – francese  Jean-Claude Izzo. Da notare che il padre di Jean-Claude, Gennaro Izzo, emigrò a Marsiglia da Castel San Giorgio, Salerno. Da notare pure che il protagonista della sua trilogia marsigliese è il poliziotto italo-francese Fabio Montale. Izzo scrive anche di noi e in anticipo sui tempi. In Francia dunque sia la saggistica che la prosa letteraria traggono spunto dall’islamizzazione della Repubblica.

Per tornare a Roy e Kepel, essi sostengono due tesi apparentemente contrapposte. In sintesi: Roy sostiene che il radicalismo giovanile, specie quello delle banlieues, si islamizza trovando nella religione, ovvero in una certa lettura della religione, la nobiltà ideale e la prospettiva escatologica; Kepel sostiene che il radicalismo è insito nella religione ovvero in una certa sua lettura.

A tirare le conseguenze politiche delle due tesi, nel primo caso bisogna combattere l’emarginazione economica e sociale per aggredire la ragione primaria della radicalizzazione; nel secondo caso, bisogna fare i conti con una religione che, praticata in un certo modo, si pone  in conflitto con la civiltà occidentale.

I due testi sono molto più articolati della nostra approssimativa sintesi. Essi comunque pongono alla nostra attenzione un dato dei tempi con cui siamo chiamati a misurarci. Il dato riguarda la presenza, all’interno delle nostre società, di persone che rifiutano l’omologazione: o perché respinti o perché irriducibilmente avversi. Il che ci porta a riflettere sul nostro grado di apertura verso persone e culture che sembrano restare estranee. Ci poniamo l’interrogativo circa la tenuta della civiltà europea: di quello  straordinario impasto, conseguente alla creazione dell’Unione europea, di civiltà giuridica e di inclusione sociale.

La difesa della civiltà europea si misura sull’uso della forza. E cioè: quale il grado di forza che possiamo (dobbiamo) adoperare nei confronti di chi respinge il principio di legalità. Una democrazia imbelle rischia di cadere preda dei suoi nemici interni. Una democrazia forte rischia di scivolare verso l’autoritarismo.

di Cosimo Risi

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