Ventanni di Montalbano, eppure non li dimostra (di Cosimo Risi)

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Ha ventanni, il Montalbano televisivo: ne dimostra di più. Fra repliche e nuovi episodi, il personaggio e la sua corte sono entrati nel nostro patrimonio di immagini in maniera indelebile. La porta sbatte e aspetti che entri Catarella a valanga. Passa una bella donna e Mimì dichiara di conoscerla da vicino. Hai una curiosità e Fazio ti inonda di note. Il Dottore Pasquano lascia la scena per il decesso dell’attore, restano i conti della pasticceria per le guantiere dei cannoli che ingurgitava da solo.

Vai in Sicilia e ti imbatti nella diatriba fra Catania, Messina, Palermo sulla tipologia del cannolo e della cassata. L’Accademia della Crusca sicula, ammesso che esista, dovrebbe dirimere la summa quaestio fra arancino o arancina. Andrea Camilleri propende per il maschile avendo intitolato una raccolta di racconti “Gli arancini di Montalbano”. E Camilleri è  artis magister. Tanto di cappello a questo giovane novantenne, praticamente cieco, inossidabile comunista anche ora che il comunismo sopravvive solo in Estremo Oriente.

Camilleri ricorda che il suo esordio alla RAI fu travagliato dall’essere iscritto al PCI. La RAI di allora, dalla democristiana bonomia, lo accolse in omaggio al consociativismo. Bastava non contestare il primato centrista e la tua carriera potevi farla lo stesso. Fortuna per la TV e per il pubblico del più prolifico e celebre scrittore italiano di questo scorcio di secolo. Letta da milioni di persone in decine di traduzioni, seguita sullo schermo da oltre un miliardo di spettatori, la saga di Montalbano è di tale successo che neppure varrebbe la pena parlarne.

Bisogna parlarne perché merita l’inopinata critica di parte della platea sovranista, che avrebbe voluto correggere certi eccessi integrazionisti della prima puntata. Montalbano accoglie i migranti nel Porto di Vigata, ancora non chiuso dalle disposizioni ministeriali. Porta a riva la salma di un maghrebino finito in mare. Smentisce che i terroristi ISIS viaggino a bordo dei barconi. Esonera Catarella dal servizio: si commuove allo spettacolo della sofferenza ed un poliziotto commosso è un cattivo poliziotto.

Undici milioni di spettatori mostrano di gradire lo sceneggiato. O si lavano la coscienza trasferendo su Montalbano la bontà che non sentono più di esprimere in pubblico. O resistono alla vulgata che ci vuole tutti incarogniti davanti allo scempio dei sentimenti. La faccia feroce non si addice al pubblico televisivo  mentre guarda le immagini del Commissario. E’ il bello della letteratura: permette di saltare le mediazioni politiche che impongono di affrontare il fenomeno migratorio con determinazione.

Luca Zingaretti offre l’interpretazione autentica di questo moto dell’anima, legge in altra trasmissione  la lettera che gli ha scritto Andrea Camilleri. Salvo Montalbano è il padre che tutti vorremmo avere e che forse abbiamo. E’ l’uomo giusto, giustamente carico di difetti come il carattere ombroso, l’incerta fedeltà all’eterna fidanzata, l’insofferenza verso le regole gerarchiche.

L’uomo giusto  riconosce le contraddizioni per piegarle a fini etici. L’ethos pubblico prevale sulla morale privata. Il funzionario statale, tale essendo il Commissario di Polizia, giura fedeltà alla Costituzione al momento dell’insediamento. Il giuramento è solenne, se lo porta appresso in tutte le vicissitudini del servizio e anche dopo.

Il servizio della Repubblica – è la lezione di Montalbano – è per sempre o non è. La Repubblica è fatta di istituzioni, cittadini, bandiere tricolore e stellata, inni di Mameli e Beethoven. L’errore ci può stare, e Montalbano ne commette. La slealtà mai.

di Cosimo Risi

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