Riforma Class action, è legge (di Tony Ardito)

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Dalla scorsa settimana, con il sì a larghissima maggioranza del Senato, la riforma della Class action è diventata legge.

Approvato il Ddl che nell’ottobre 2018 aveva ricevuto il via libera dalla Camera, ove era stato altresì inserito un importante emendamento sulla irretroattività delle cause ed in base al quale: potranno essere attivate class action su danni successivi all’entrata in vigore.

Composto di sette articoli, il Disegno di legge riforma l’attuale disciplina “trasferendola” dal Codice del consumo a quello di procedura civile, delineando uno strumento di applicazione e portata più ampia. In particolare, con il provvedimento si introduce nel Codice di procedura civile un nuovo titolo VIII-bis ‘Dei procedimenti collettivi’, composto da 15 nuovi articoli.

L’azione sarà sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di “diritti individuali omogenei” (ma non ad “interessi collettivi”) Il testo individua come destinatari dell’azione di classe imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle attività.

La riforma fissa in 30 giorni il termine entro il quale il tribunale deve decidere sull’ammissibilità dell’azione; la relativa ordinanza va pubblicata entro 15 giorni ed è reclamabile entro 30 giorni in Corte d’Appello, che decide, in camera di consiglio, con ordinanza entro 30 giorni. Per le modalità di adesione si delinea una procedura informatizzata nell’ambito del portale dei servizi telematici gestito dal ministero della Giustizia.

Nonostante la sostanziale collegialità, qualche critica è già piovuta sul provvedimento. C’è, difatti, chi ritiene che la nuova class action possa rivelarsi penalizzante per le piccole imprese o gli investimenti, ma sul punto è bene sgombrare il campo dall’insinuarsi di interpretazioni pretestuose: la riforma non danneggia gli imprenditori e non penalizza le imprese.

Il Ddl, scoraggiando i comportamenti scorretti, quelli che alimentano la sfiducia dei consumatori verso il mercato e a penalizzano gli investimenti, premia gli imprenditori corretti, ovvero la gran parte di coloro che operano.

Immagino che nessuna impresa, nostrana e non, desideri misurarsi in un contesto nel quale talune aziende intraprendono pratiche borderline, con pubblicità ingannevoli, azioni commerciali poco ortodosse e aggressive, attivazioni di servizi non richiesti, e così via.

Una robusta ed efficace tutela di noi tutti, consumatori, senz’altro rappresenta un pungolo per l’innovazione e contribuisce a meglio definire i contorni di una concorrenza più rispettosa e leale. Resta chiaro che il mercato lo si aiuta anche facendo in modo che, una volta stabilite, le regole le rispettino tutti: i grandi, come i piccoli.

Tony Ardito

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