La fine dei diritti nell’età dell’oscurantismo giuridico (di G. Fauceglia)

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Ci sono momenti in cui ci si trova di fronte al baratro, ed è stata questa la sensazione che ha imposto un istinto di conservazione ai 5 Stelle e al PD sul complesso tema della prescrizione.

Del resto, per tanti oscuri e improvvisati parlamentari sarebbe una vera e propria tragedia (ovviamente, per il loro tornaconto personale) ritornare a casa ed abbandonare le comodità, le diarie e i compensi dovuti per l’ “alta” funzione istituzionale svolta.

Ancora, una volta un tema così importante viene governato dagli istinti del più becero giustizialismo e dall’oscurantismo dei diritti che, purtroppo, caratterizza questa stagione della storia del nostro Paese, lo stesso che aveva dato i natali a Cesare Beccaria e Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, entrambi difensori dei diritti dell’imputato.

La prescrizione è quell’istituto secondo il quale il reato si intende estinto decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge. In sostanza, la pretesa punitiva dello Stato si affievolisce fino a scomparire quando sia decorso un certo periodo di tempo, sicché la risposta sanzionatoria alla commissione di un reato in tal caso perde le sue ragioni.

Già l’attuale normativa e la conseguente interpretazione offerta dalla giurisprudenza hanno escluso che alcuni fatti possano incidere sul decorso del termine della prescrizione (es. scioperi dei difensori, richieste di rinvio per impedimento del difensore o dell’imputato, richieste di rinnovazione per alcune prove raccolte), ma soprattutto va considerato che nella stragrande maggioranza dei casi la prescrizione discende dalle inefficienze della giustizia penale, dalla lungaggine dei processi, dal ritardo in cui questi vengono celebrati.

Non solo, ma la cultura giuridica moderna non può consentire che un cittadino possa essere assoggettato ad un processo per un tempo indefinito e senza limiti, e ciò vale – ovviamente – anche per la parte offesa, che ha il diritto a veder riconosciute le proprie ragioni.

Quando si dice che la prescrizione resta un singolare istituto del diritto processuale penale italiano, si omette di considerare che proprio il processo penale italiano è quello che conosce i tempi più lunghi, le inefficienze più evidenti, tanto che i ritardi della giustizia sono stati più volti censurati dalla Corte di Strasburgo sui Diritti dell’Uomo (CEDU) ed hanno imposto al legislatore nazionale l’introduzione di una disciplina specifica (c.d. Legge Pinto).

Il movimento pentastellato, con il suo inconsapevole Ministro, vorrebbe che la prescrizione non venisse applicata dopo la sentenza di primo grado: la conseguenza è che il cittadino, sia pure assolto, sarebbe sottoposto ad un processo indeterminato e indeterminabile nei tempi del suo svolgimento, insomma un processo sine die ( in contrasto con la costituzionale presunzione di innocenza).

Naturalmente, pur volendo, per pura ipotesi, aderire all’impostazione culturale di questo “Governo”, sarebbe stato necessario, ancor prima di intervenire sulla prescrizione, dettare tempi vincolanti  per lo svolgimento del giudizio di appello e di cassazione, mentre questo non si rinviene nella riforma.

Anzi, da più parti della stessa magistratura, addirittura, si prospetta l’eliminazione del secondo grado di giudizio (ovvero quello dell’appello), già fortemente inciso e limitato da stringenti criteri di ammissibilità.

Si manifesta in tal modo il disegno di una tempesta perfetta: restrizione dei diritti costituzionali dell’indagato e dell’imputato, progressiva eliminazione del giudizio di appello, configurazione di un processo che dura senza limiti di tempo e assegnato alla pura discrezionalità delle Corti, cittadini (magari innocenti) che passano la loro intera vita a difendersi in un processo con enorme dispendio di risorse finanziarie per pagare gli avvocati. Vi sembra un quadro possibile e fondato su valori di civiltà giuridica ? a me pare di no !!

Del resto, ricordo sempre le parole del mio vecchio professore di procedura civile, che ripeteva l’insegnamento del grande avvocato e studioso Francesco Carnelutti,  “i termini processuali fissati per i giudici non sono né ordinatori né perentori, sono semplicemente canzonatori”. Ed ho detto tutto !!

Giuseppe Fauceglia

4 Commenti

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  • È mai possibile che da un mese a questa parte dobbiamo sorbirci l’ intervento quotidiano del prof fauceglia? Guarda caso a ridosso delle regionali? Si candiderà e farà l’ ennesima figura barbina? Ci farà la morale come faceva all’ università? Ci racconterà pure come si vincono i concorsi universitari e su qualche recente indagine in corso? Ma paga per queste interviste?

  • In linea di principio siamo d’accordo, ma quando negli anni passati “si aderiva” a disegni maggiormente garantisti non lo si faceva per il popolo italiano, ma per interessi personali.

    Ora, tralasciando la questione pentastellati, resta il fatto che una parte della popolazione si sia sentita turlupinata da quella classe politica e dalla successiva: molte forze politiche attuali, anche di destra, nel tentativo di fare consenso su questo “popolo” propongono misure illiberali perché il garantismo, le libertà, ecc. vengono visti da una vasta fascia della società alla stregua di “lussi” che il paese non si può più permettere. Sono gli anni della forca, delle decisioni pratiche e facili, delle scorciatoie, e quello che la politica propone è strettamente relazionato a questo clima: non è più la politica ad illuminare la strada, ma la politica si fa illuminare la strada dagli istinti di ceti sociali disperati -gabbati dalla mancanza di cultura, di lavoro continuativo, dalla tv e dai social- perché gli istinti oggi sono agevolmente convertibili in voti. Una giurisprudenza “punitiva” che non sembri parlare “in astratto” di principi è la conseguenza di tutto ciò.

  • Questa riforma è una porcheria indicibile che poteva essere partorita solo dai 5s. La prescrizione vorrei ricordare a Bonafede in moltissimi casi matura già a livello di indagini preliminari e allora il problema come al solito è della magistratura non degli avvocati. Magistrati unici che non pagano per i loro sbagli rispetto a tutti gli altri professionisti. Questa è la vera storpiatura italica

  • Si tranquillizzi, anonimo sig. Pierpaolo G., non ho alcuna intenzione di candidarmi alle prossime elezioni regionali, e poi se per assurdo, impazzendo, dovessi farlo non chiederei il voto a lei, perché difficilmente sarebbe in grado di comprendere le mie proposte programmatiche. Per quanto riguarda i miei articoli, potrà facilmente evitare il suo disappunto semplicemente non leggendoli, a meno che lei, con il suo evidente bagaglio culturale, non volesse ritenere abrogato l’art. 21 della Costituzione, il quale al comma 1°, recita. “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con le parole, lo scritto e ogni altro mezzo diffusione”. Vorrei che le critiche, però, non fossero offese, ma si appuntassero sul contenuto delle riflessioni svolte, che appartengono – e lo affermo con orgoglio – alla comunità dei giuristi e degli avvocati penalisti italiani che hanno organizzato contro la legge criticata la protesta di una maratona oratoria, che si svolge a Roma innanzi alla Corte di Cassazione. Aggiungo che non “pago” per i miei articoli (forse la sua personale esperienza la induce diversamente a ritenere !!), per le altre questioni sui miei sermoni morali se fosse stato un mio studente universitario credo che eccezionalmente io non sia stato in grado di trasmetterle alcun “valore” oppure, forse, lei non sia stato in grado di comprenderli. Per le altre questioni, personalmente e da anni, in tutte le sedi, mi impegno per un università migliore che premi il merito, che nell’accademia è rappresentato dalla valenza e dalla rilevanza della produzione scientifica (ma pure questo, con tutta sincerità, mi pare argomento da lei difficilmente percepibile).

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