Ass. ‘Io Salerno’: uanm ro’ priatorio (così parlò Bellavista)

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‘Non c’è povertà senza difetto’. Il giorno della festa, c’era chi si ‘metteva in mostra’, con abiti e scarpe appariscenti, sul sagrato della piccola chiesa, della piccola frazione, del piccolo paese di collina. Ma il Nonno non era d’accordo e li considerava ‘eccessi’. I tempi erano bui e lui diceva: ‘i soldi che si sudano, si devono saper spendere’.

Se pure molte cose sono cambiate, i momenti che stiamo attraversando non sono molto più luminosi di quelli.

In Città, poi, l’economia è in difficoltà, industrie non se ne vedono, i negozi chiudono a mucchi, i centri commerciali annaspano, i servizi languono e i giovani più preparati o volenterosi se ne vanno.

La Città decresce: al 31/08/2019, si contavano 132.621 residenti. Solo quattro anni fa erano oltre 135.000.

E, purtroppo, allo “scadimento” economico/sociale/demografico si accompagna un profondo processo di degrado morale che, con comportamenti individuali inaccettabili, sta intaccando il decoro urbano mettendo a rischio il livello di civiltà.

Eppure, eravamo una realtà invidiata, con concrete prospettive di sviluppo, soprattutto nel settore turistico.

Avremmo dovuto solo investire sui principali attrattori costituiti dalla spiaggia, dal mare, dai monumenti, dalle memorie storiche, dalla tradizione, dal saper fare.

Abbiamo scelto diversamente. E, in particolare, abbiamo puntato su alcune opere di elevato impegno che, molto probabilmente, non ci potevamo permettere per le nostre dimensioni di Città medio-piccola, per le contenute disponibilità finanziarie, per le difficoltà indotte dalla crisi, per la perdita di posti di lavoro con la contestuale riduzione dei redditi familiari. E, infatti, oggi non riusciamo a produrre ‘entrate pubbliche’ sufficienti a sostenere spese elevate e crescenti.

Peraltro, gli investimenti effettuati non hanno prodotto effetti tangibili in termini di evoluzione economica e sociale al punto che stiamo ‘navigando’ nelle parti basse di una qualsiasi statistica: qualità della vita, vivibilità, reddito/consumi (ultimi in Italia), povertà (ultimi in Europa con tutta la Regione), mentre siamo ai primi posti solo per le tasse locali (quinti in Italia per la spazzatura) e per l’indebitamento finanziario. Non ci dilunghiamo sulle fonti. Basta andare sui siti Sole24ore, Istat, MEF e su quelli di diversi quotidiani nazionali e locali.

Sui debiti, in particolare, è stato calcolato che ciascun cittadino, neonati compresi, ha a proprio carico una quota di € 1.347,78 per un totale di € 179.818.792,83 al 12/2018 (fonte: Revisori). Per una famiglia di quattro persone fanno € 5.391,12. In verità, si tratta solo dell’indebitamento proprio perché, nella Situazione Patrimoniale Consuntiva, alle voci 21190/1-21240/2 del Passivo: ‘Debiti di finanziamento e Debiti v/Fornitori’, vengono riportati i maggiori importi di € 367.888.858,13 + € 115.112.100,26. Una enormità. Sarebbe giusto che qualcuno, tra Assessori e Consiglieri che hanno approvato il Consuntivo, ci spiegasse qualcosa.

Per inseguire progetti sovradimensionati, abbiamo abbandonato le spiagge, molte inaccessibili e altre inutilizzabili per la presenza del nuovo porto turistico, il mare, che si inquina per gli scarichi del ‘troppo pieno’ delle fogne (fonte dati: Arpac), il centro storico, nell’incuria, gli edifici di pregio (vecchie carceri, palazzo San Massimo e varie Chiese), nel degrado assoluto, via Ligea e altri quartieri, completamente dimenticati.

Però, fra un anno sarà inaugurata la Piazza sul mare. Alla fine, avremo speso 80milioni di euro per dare la possibilità, soprattutto ai giovani, di passeggiare, prendere il sole, sentire qualche concerto e, chissà, giocare anche a pallone. Del resto, la Città dello Sport, in zona orientale, è un ammasso di ruderi.

Potremo finalmente anche utilizzare i 750 posti auto costruiti sotto l’acqua, magari con pompe in funzione H24 per evitare allagamenti, e verificare gli effetti sulla vivibilità dell’afflusso di migliaia di auto al giorno.

80milioni di euro, per chi ha qualche anno in più, corrispondono a CENTOSESSANTA MILIARDI DELLE VECCHIE LIRE. Seguendo Bellavista, potremmo dire: ‘uanm ro’ Priatorio’.

Pensando che il Banco di Napoli venne venduto nel 1994 alla cordata Ina-Bnl per 61 miliardi, con i soldi destinati alla Piazza l’avremmo potuto comprare quasi tre volte.

Noi comprendiamo l’orgoglio dei tanti cittadini che attribuiscono alla Piazza una funzione di promozione della qualità e della immagine della Città. E siamo certi che molti pensionati, molti automobilisti in cerca di parcheggi, molti imprenditori, molti professionisti, e anche molti perdigiorno, si rallegreranno, potendo godere dell’opera.

Ma pensiamo che con quei CENTOSESSANTA MILIARDI DI VECCHIE LIRE si poteva fare qualcosa per far rallegrare pure i disoccupati, i giovani senza lavoro, gli anziani bisognosi, gli indifesi, se fossero stati meglio intercettati e interpretati i bisogni della Comunità. Perché in Città, ci sono pure loro.

Potevano servire, ad esempio, a sostenere progetti di riqualificazione urbana a sostegno di una missione produttiva in settori innovativi, riciclo, verde, tutela dell’ambiente, o per la creazione di solide infrastrutture turistiche in funzione di hub per la gestione dei flussi diretti verso le due Costiere.

Così, un indebitamento con poco costrutto ci ‘scarica’, oggi, oneri finanziari rilevanti, ci priva di servizi adeguati e ci costringe a coprire nuove opere, pur necessarie, con la richiesta di nuovi prestiti, ovvero dirottando fondi da altre destinazioni, ovvero tagliando i servizi. E, purtroppo, proprio in questi giorni abbiamo letto la allarmata dichiarazione di tre Consiglieri di Maggioranza per il possibile disimpegno del Comune nei confronti delle Scuole dell’Infanzia, a partire dalla Piantanova, a causa della carenza di risorse (fonte: pagine Fb).

I nostri figli si aspettano atti di amore. Noi gli offriamo rate da pagare per almeno trenta anni su mutui fatti per indossare abiti appariscenti a nostra gloria (vana), senza neppure avere l’intimo, di sotto.

Certo, avranno una Piazza su cui gironzolare. Magari, quando rientreranno da fuori per le ferie.

Perché quella Piazza non fermerà il loro esodo. Hanno capito che qui manca il lavoro ma, soprattutto, manca la speranza.

Aveva ragione il Nonno: non c’è povertà senza difetto.

Questa Città ha bisogno di amore

 

e.mail: associazione.iosalerno@gmail.com

pagina fb: Associazione io Salerno

17 Commenti

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  • … nun’ ce sta’ pezzenteria senza vizio‼️‼️‼️

  • Mamma mia invece dico io, ma che Cassandra e uccelli del ma l’augurio. Voi siete un associazione di disfattista e schiattamuort “stato p fa mettr a paur” scio scio ciucciue’

  • Un’altra cosa poi per noi di Fratte, mettere in risalto i dati dell’Arpac ci tranquillizza, a noi hanno sempre rassicurato per le fonderie ma noi continuiamo ad ammalarsi ed a morire questa è la fonte stradale e rionale, la più credibile. Statemi a sentire Cassandra da strapazzo ‘sciogliete sta associazione di malaugurio’

  • voglio sperare che questa associazione abbia in mente di proporre qualche candidato alle prossime elezioni comunali. il mio voto lo avrebbe di sicuro. sono d’accordo con il 99% dei loro ragionamenti settimanali esposti su questo sito.

  • Un epilogo ragionevole a questo articolo è un suicidio collettivo dei membri dell’associazione.

  • Esiste in Italia un fenomeno, individuato da un neologismo molto significativo, che sistematicamente si manifesta quando si ipotizza o si inizia qualche opera, pubblica o privata che sia,: “IL BENALTRISMO”.
    C’è sempre cioè chi insorge contro questa o quell’opera, indicando tutta una serie di altre cose che molto più proficuamente e utilmente si sarebbero potute realizzare con l’impiego delle stesse risorse.
    Gli esempi sono infiniti e quindi anche Piazza della Libertà non poteva sfuggire a questa regola.
    Non si può negare che le proposte alternative non abbiano alcuna validità. Tuttavia non si può negare neppure l’importanza che nel corso dei secoli ha assunto, nonostante tutto, la costruzione di opere rilevanti che hanno proiettato negli anni a venire immagini di città con monumenti, manufatti e quant’altro degni di ammirazione.
    Salerno poteva scegliere di mantenere la sua fisionomia, della prima metà del secolo scorso, di un paesone con poche attrattive significative, oppure dotarsi, pur con i limiti che ne contraddistinguono il territorio, di qualche strada in più, di luoghi pubblici più appetibili, di edifici pubblici e privati di configurazione innovativa rispetto al tessuto urbanistico antecedente.
    Ha scelto quest’ultima strada. Non è diventata o diventerà una metropoli, ma per qualcosa di nuovo sarà menzionata o citata al di fuori dei suoi confini (vedansi la Nuova Stazione Marittima o la Cittadella Giudiziaria che vengono illustrate in numerosi testi e riviste di architettura).
    Ai posteri quindi l’ardua sentenza.

  • L’analisi è come sempre molto lucida ma a mio parere bisogna aggiungere qualche ulteriore considerazione. Lo sviluppo demografico di Salerno, rapido e impetuoso, è stato veicolato dall’industrializzazione (in parte assistita) che ha fatto da attrattore per i flussi provenienti dall’entroterra e dalle province contermini. In quella città convivevano realtà come Marzotto, MCM, PenItalia, Ideal Standard, Antonio Amato e tante altre ancora; la Salerno del progresso e del benessere che si ricorda nell’articolo, al netto delle criticità urbanistiche e anche sociali che conseguirono a uno sviluppo così repentino e disordinato, era una città industriale. La città turistica è un prodotto di “risulta” dello sgretolamento di quel modello di sviluppo ormai fallito e poi reso impraticabile dalla globalizzazione e dalle leggi di mercato. Attenzione però, perché anche la trasformazione turistica ipotizzata e in corso (teoricamente) da diversi anni presuppone investimenti adeguati perché immaginare spiagge e resort con reti idrico fognarie inefficienti e spesso neanche mappate (per rimanere solo a quelle urbane) mi pare a dir poco azzardato come lo sarebbe sovrastimare la capacità attrattiva del patrimonio monumentale artistico e architettonico della nostra città. Il destino delle medie città è inevitabilmente quello di essere considerate piccole o grandi a seconda della prospettiva dalla quale le si osserva; il decremento demografico attuale ha radici lontane che risalgono al blocco edilizio della fine degli anni 80, all’inaccessibilità del mercato immobiliare figlia delle logiche speculative incentivate nel periodo deluchiano sulle quali si è innestata la crisi economica dell’ultimo decennio, senza contare l’astrusità di alcune scelte di pianificazione urbanistica come quella di localizzare il campus universitario fuori dalle mura cittadine. Tuttavia pensare a Salerno senza considerare la sua stretta connessione con i comuni della prima cintura urbana, diventati ormai poco più che dei quartieri dormitorio al servizio del capoluogo, sarebbe un errore. A mio parere è questa la prospettiva sulla quale ragionare per elaborare programmi di sviluppo seri e credibili.

  • c’è poco da fare slurp, toglietevi la sciarpa del tifoso leggete e riflettete. Argomentate piuttosto, se ne siete capaci. Forse non vi siete accorti che state facendo la fine dei topi in una città fatta a misura di figlio di papà e di dipendente di municipalizzata.

  • a me sembra che i fallimenti che ci sono in città vengano attribuiti al governatore o vecchie amministrazioni, x fallimenti intendo chiusura di moltissimi attività commerciali e non, cmq se è successo tutto questo è solo perché è diventato impossibile avere una qualsiasi attività commerciale ed industriale, le leggi sono restrittive e serie e non x colpa di chi ha fatto il crescent, oggi la gente va a produrre fuori xché ci sono meno regole, e tutto questo è sbagliato, e il popolo compra on line perché costa di meno e trova tutto subito senza perder tempo, torno a dire che sono il primo ad esser rammaricato di tutto questo, ma anche io che ho 52 anni all all’epoca sono dovuto uscire da Salerno x lavorare fuori, il problema c’è sempre stato, oggi le regole vanno rispettate e i titolari di aziende non vogliono rispettare le regole x questo vanno fuori e chiudono, esempio di commesse sfruttate x intere giornate, muratori senza norme di sicurezza, attività senza assicurazione x dipendenti, ci sarebbero un infinità di cose da citare, e questo comporta che se prima si intascano milioni di lire oggi un titolare non si accontenta di uno stipendio medio di 3000 euro al mese e cosa fa? chiude mi dite se non è così?

  • Trovo apprezzabili le considerazioni di Pastenese dell’Irno a sostegno del suo commento sull’argomento introdotto questa settimana dall’Associazione.
    Non è escluso – col senno di poi – dover constatare che certe decisioni prese a suo tempo forse andavano valutate sotto un’ottica diversa e con una visione prospettica più lungimirante. Guardando alle vicende del passato, mi è sempre risultato incomprensibile quel singolare orientamento, direi “centripeto”, per cui l’insediamento di grosse realtà produttive doveva ricadere all’interno dei confini del territorio comunale. Mi riferisco ad esempio al Porto commerciale e al circondario del Distretto industriale sorto fra Mercatello e Fuorni.
    Nel primo caso, mantenere la struttura dove tuttora rimane fu una scelta infelice in quanto, se la sua ubicazione poteva anche essere accettabile per attività di dimensioni contenute, assolutamente non lo sarebbe stata per le previsioni di crescita e di potenziamento che si intendeva assegnare allo scalo.
    infatti non mancò molto per accorgersi che l’assenza di un adeguato retroporto e la difficoltà di realizzare le necessarie infrastrutture viarie e ferroviarie ne avrebbero condizionato lo sviluppo.
    Ora, chi ne auspica la delocalizzazione è quanto meno un visionario.
    Analogamente per l’area industriale furono sacrificati terreni agricoli, da sempre destinati a coltivazioni di eccellenza, oltre a condizionare lo sviluppo di territori limitrofi alla litoranea. Adesso, per i motivi più disparati che non è il caso di riesumare, molte delle industrie originarie non operano più in zona e quindi ci si trova in presenza di un’area direi ibrida, con destinazione d’uso non ben definita.
    E’ inevitabile ora portare l’attenzione su un altro esempio: l’Università di Salerno-Fisciano.
    Non è la prima volta che si incontra chi ne recrimina l’ubicazione e sostiene che avrebbe dovuto essere situata in città (ecco un nuovo caso di sindrome centripeta). Ma chi la pensa in tal modo, conosce come è strutturato il Campus Universitario di Fisciano, spesso additato come uno dei meglio organizzati in Italia? E se sì, mi saprebbe indicare in quale parte del territorio comunale si avrebbe avuta la stessa disponibilità per creare una struttura analoga?
    Fosse stato per me (ma purtroppo non avevo alcun potere) a suo tempo avrei impiegato le mie energie non per un improbabile e improduttivo trasferimento da Fisciano a Salerno (?), ma piuttosto perché contestualmente si realizzassero adeguate infrastrutture di trasporto su ferro e su gomma – mezzi pubblici e privati – onde consentire a professori, studenti e altro personale di raggiungere tranquillamente l’Ateneo.

  • Analisi che è solo una lagna pretestuosa piena di palle in quanto “La Piazza degli sfessati” a quali l’autore di questo “lamento del salernitano scontento” vorrebbe dedicare l’opera, è stata quasi nella sua totalità finanziata da privati.
    AMEN

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