Il silenzio (di Vincenzo Capuano)

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Ho spesso cercato il silenzio, ma non avevo considerato in quanti modi possa essere percepito.

Da sempre l’ho inteso, non come assenza, ma come fremito sottile del nulla: musica quieta del cosmo, aria ovattata dalle note bassissime. L’ho percepito come un soffio di vento o come vibrazione di dolci oscillazioni, sprigionate dalle onde del mare, o come respiro dell’universo.

Insomma un silenzio tangibile, che esiste e rasserena. Guscio di un mondo protetto. Luogo di meditazione e ricerca, in cui si possono ascoltare i pensieri, riordinare le idee, riportare alla memoria le emozioni.

Amo rimanere immobile ad ascoltarlo, per ore.

Ero lì sul cucuzzolo del monte della mia infanzia a scrutare la mia valle: i paesi aggrappati alle vette, le case sparse nella pianura, ad udire le grida lontane dei bimbi, echi d’eternità… ad osservare ogni cosa e fissarla indelebilmente nella memoria.

Di pensiero in pensiero mi ritornò in mente quel giorno in cui, da ragazzo, conobbi l’altra faccia del silenzio. Ero in chiesa a portare l’ultimo saluto a un caro amico scomparso prematuramente.

Quella mattina, in quella chiesa, tra centinaia di persone, mentre non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla sua bara bianca, ho conosciuto il silenzio nella sua forma più agghiacciante. “Assenza assoluta”.

Non suoni, non parole. Spazio senza respiri, senza speranza, senza singhiozzi, senza vita. Senza.

Spazio saturo di gente in un’irreale assenza di suoni, che opprime gli animi e non ha la forza di trasformarsi in pianto e disperazione. Luogo svuotato, senza anima e senza luce.

Il silenzio è quando gli uomini respirano senza far rumore e la natura tace; quando non esistono più lacrime, non si odono singhiozzi e le coscienze non hanno più desiderio di capire.

Scossi la testa e ritornai nella quiete che amo e nella quale mi piace perdermi, non per voltare le spalle al mondo, ma per osservarlo e comprenderlo. Il silenzio non è un vuoto inquietante, ma l’ascolto dei suoni interiori che una volta sopiti ritornano per raccontare… Mi venne in mente l’articolo letto il giorno prima, su JAMA (Chenguang Shen, et al.) in cui erano stati studiati 5 pazienti con infezione da COVID-19 in condizioni critiche e a cui era stato somministrato plasma di “convalescenti” con specifici anticorpi IgG anti-SARS-CoV-2.

I parametri vitali migliorarono e la patologia si risolse in 4 pazienti, tre dei quali furono svezzati dalla ventilazione meccanica entro 2 settimane dal trattamento. Nella stessa direzione va un recente studio pilota del Policlinico San Matteo di Pavia sui pazienti (purtroppo anche in questo caso non tanti) ricoverati per Covid-19 in terapia intensiva con ventilazione assistita, nei quali la mortalità si è ridotta dal 15% al 6%. Risultati promettenti, ma sono ulteriori necessari dati e trials clinici per confermare l’effettiva efficacia di questa terapia.

Ritornai al silenzio e alla mia valle.

Heidegger sosteneva che il mondo scompare non appena ci entri dentro. Era proprio quello che mi stava accadendo. I pensieri si tuffavano nella pianura per essere restituiti come echi lontani, carichi di nuove suggestioni. In quella quiete assoluta pian piano mi ritrovavo e mi lasciavo andare provando a divenire tutt’uno con l’universo, lì dove il silenzio si confonde con i sogni, così come avevo imparato a fare leggendo gli scritti di Pessoa:

“Dal mio piano sull’infinito, nella plausibile intimità della sera che sopraggiunge, a una finestra che dà sull’inizio delle stelle, i mie sogni si muovono con l’accordo di un ritmo, con una distanza volta verso viaggi e paesi ignoti, o ipotetici, o semplicemente impossibili.”

Silenzio.

di Vincenzo Capuano

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