Chi cerca l’infinito non ha che da chiudere gli occhi (di Enzo Capuano)

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Jane: “I cosmologi cosa venerano?”

Stephen: “Una singola equazione unificante che spieghi ogni cosa dell’universo”.

Jane: “Sul serio? E qual è l’equazione?”

Stephen: “E questo è il punto, è un’ottima domanda non l’ho ancora capito ma intendo scoprirlo”.

Questo dialogo tra Stephen Hawking e Jane Wilde, che sarebbe diventata sua moglie, è raccontato nel film La teoria del tutto (The Theory of Everything). È un film del 2014 diretto da James Marsh che racconta la biografia di Stephen Hawking, celebre fisico, astrofisico e cosmologo. Per la sua interpretazione a Eddie Redmayne fu assegnato il Premio Oscar come miglior attore.

Hawking nonostante una malattia (malattia dei motoneuroni) che limitava fortemente le sue possibilità di movimento e di respirazione lavorò tutta la vita per darci un’equazione possibile che spiegasse il “tutto”. Con le sue intuizioni ci ha lasciato molte interpretazioni geniali nel campo della fisica e un contributo enorme sulle caratteristiche dei buchi neri.

È stato, tra l’altro, il primo a conciliare, almeno sulla carta, la relatività generale con la meccanica quantistica. In altre parole raccontò i rapporti tra fenomeni infinitamente piccoli, come atomi e particelle (meccanica quantistica), con fenomeni su scala cosmica (relatività generale), ma ovviamente non giunse a una soluzione che spiegasse “il tutto”.

Questa continua ricerca dell’impossibile mi porta a cose più concrete, ma realizzabili. Allo sforzo della scienza per ridurre la mortalità cardio-cerebrovascolare, che rimane la prima causa di morte e malattia per i paesi occidentali. Allungare la vita? Si questo è possibile.

Un intervento efficace si basa su interventi concreti che hanno come obiettivo la riduzione dei fattori di rischio: ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, fumo di sigaretta, diabete mellito, obesità, sedentarietà, stress. Contenendo ognuno di questi elementi si riduce in modo concreto la probabilità di avere un evento; immaginate con un’azione che contemporaneamente tende a contenere tutti i fattori quanto può dare in termine di riduzione di eventi (infarto, ictus etc…) eppure si parla continuamente di prevenzione, ma in effetti raramente si concretizzano azioni efficaci.

Ma oggi ci dedichiamo a capire cos’è l’universo e ritorno a Stephen Hawking. Diciamoci la verità, la ricerca di una formula che spieghi il “tutto”, in maniera più o meno conscia, è un qualcosa a cui tutti noi abbiamo pensato e continuiamo a pensare. Ci piacerebbe comprendere le dimensioni del tempo e dello spazio e capire cosa li limita. Cosa c’è dopo? Cosa vuol dire per sempre?

Il fatto che ogni campo delle scienze ha una sua definizione diversa di infinito ci spiega come un concetto letteralmente facilmente comprensibile rimane indefinito nel suo significato più profondo.

Dove inizia il tempo? Dove finisce lo spazio?

Non abbiamo risposta; inoltre nel significato di “tutto” è insita una dimensione che non può che avere tempo e spazio ben definiti, ma nello stesso momento in grado di raccontare cosa c’è oltre il confine del tutto.

In maniera più o meno conscia sappiamo che non avremo mai una risposta plausibile e creiamo dei contenitori che delimitino tempo e spazio. Per il tempo: età, ricorrenze, anniversari, secoli, ere; per lo spazio: metri, chilometri, miglia, anni luce… ma non appena pensiamo di valicare questi limiti le spiegazioni diventano confuse.

Ci appagano di più le soluzioni che vanno oltre la ragione; l’anima comprende l’infinito e mescola tempo e spazio in dimensioni irrazionali, ma pur concrete: l’amore per un figlio… fa comprendere l’infinito e l’eterno molto di più di mille formule matematiche.

E allora siamo concordi con Milan Kundera: “Chi cerca l’infinito non ha che da chiudere gli occhi” e quando il pensiero dell’Universo ci porta a ricercare i suoi limiti ci appaga ricordare i versi di Giovanni Pascoli “E la Terra sentii nell’Universo. Sentii fremendo ch’è del cielo anch’ella, e mi vidi quaggiù piccolo e sperso, errare, tra le stelle, in una stella.”

Enzo Capuano

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  • Le riflessioni di oggi, sono quelle che ogni essere umano dotato di un briciolo di sensibilità sul senso dell’esistenza si pone ogni giorno e condizionano la sua visione della realtà. La riflessione richiede silenzio, per isolarsi dal contesto, per poter vagare sui sentieri della mente. Purtroppo il modo di vivere odierno, crea condizioni scarsamente favorevoli a questo processo di introspezione e analisi. Sono pervenuto nella mia visione della vita ad una svolta, nel momento in cui, studente universitario, ho letto il libro di Jacques Monod ” Il caso e la necessità”. Questo fatto determinò il passaggio della mia mente indottrinata di adolescente a quella adulta, del dubbio e agnostica. Nei suoi articoli ritrovo sempre una parte di me stesso, come una chiacchierata con un amico durante un trekking nella natura.

  • é un piacere poter chiacchierare con amici, in particolare con chi condivide pensieri e sensazioni
    Enzo Capuano

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