Napoli è… (di Enzo Capuano)

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Passeggio lungo le strette vie, estese come ragnatele tra gli antichi decumani. Osservo ogni cosa mentre con la memoria rincorro il mio tempo passato a Napoli; i miei ricordi sono stratificati così come questa vecchia città.

Percepisco, non so se solo nella mia mente, o escono da una delle tante finestre spalancate, le note di una musica leggera che mi accompagna. È anch’essa storia di questi quartieri.

            Napule è na’ camminata / Int’e viche miezo all’ate / Napule è tutto nu suonno / E a’ sape tutto o’ munno / Ma nun sanno a’ verità

Sui resti della città greca fu costruita la città romana e poi, una dopo l’altra, tutte le altre in un continuo sovrapporsi. Pietra dopo pietra gli edifici si sono fusi a creare uno spettacolo magnifico. Al visitatore che vuole cogliere l’insieme poco interessa distinguere i periodi storici mentre cattura le emozioni che gli si offrono a ogni angolo.

Chi ama analisi più attente può, invece, quasi sempre, riconoscere con esattezza il tempo dei luoghi, mentre altri appaiono come puzzle confusi, costituiti da tessere di epoche diverse, proprio come le culture venute qui a mescolarsi e fondersi: greci, romani, bizantini e poi normanni, svevi, francesi, spagnoli, austriaci.

Anche i miei ricordi sono conservati a strati, acquisiti in epoche ben distinte. Gli anni tra il 1973 e il 79, quelli dell’università: i Camaldoli, il reparto di Cardioangiologia e i suoi uomini, le chiacchiere fino ad ora tarda con gli amici con cui dividevo il piccolo appartamento in via Jannelli, 520; l’incubo dell’esame di anatomia, la gioia infinita dell’ultimo esame, l’autobus 135 per raggiungere il centro e rientrare a casa, la seduta di laurea, i dubbi per un futuro tutto da costruire.

Poi, tanti anni dopo, ripercorrere gli stessi passi e le stesse emozioni, con i figli a costruire insieme nuovi ricordi: accompagnarli agli esami d’accesso alla facoltà di Medicina e aspettare con un nodo in gola i risultati, e poi, durante il loro periodo di studi, quando con mia moglie, ogni tanto, li raggiungevamo per andare insieme a perderci per le strade e finire in pizzeria. Ne sceglievamo sempre una nuova. A tavola loro raccontavano il presente e tutti insieme immaginavamo il futuro.

Poi nuovamente a zonzo per la citta, gli stessi odori, gli stessi colori, gli stessi sapori gli stessi problemi, lungo le stesse vie…

            Napule è mille culure / Napule è mille paure / Napule è a voce de’ criature / Che saglie chianu chianu / E tu sai ca’ non si sulo

Passato anche quel periodo, con mia moglie, a Napoli ritorniamo volentieri ogni volta che è possibile; spesso con gli amici di sempre a scoprire i mille fantastici luoghi ancora sconosciuti che la città offre; come oggi, approfittando della giornata del FAI.

Seduti a un bar parliamo delle emozioni provate nel visitare una vecchia chiesa e un appartamento principesco.

Mentre chiacchieriamo vedendo le vie così affollate da rendere difficile il flusso, mi viene di paragonarle alle arterie e al loro rischio di occludersi.

Mi ricordo delle raccomandazioni più consolidate per far sì che ciò non succeda. È prioritaria l’ottimizzazione dello stile di vita (attività fisica, nutrizione, consumo di alcol), la cessazione del fumo, il controllo farmacologico del colesterolo-LDL (colesterolo cattivo), della glicemia, della pressione arteriosa e del rischio trombotico.

Per ridurre il rischio trombotico (cioè che un vaso possa occludersi) si usano i farmaci antiaggreganti.  Il più noto è l‘acido acetilsalicilico (ASA), ma va ben calcolato il rapporto rischio/beneficio, prima di prescriverlo.

Quando è raccomandato, nei pazienti a rischio di emorragia gastrointestinale, è indicato l’uso concomitante di un inibitore di pompa protonica. Dopo un episodio acuto (infarto o angina) l’ASA va associato a un atro antiaggregante (un inibitore P2Y12), per un periodo che tenga conto del rischio trombotico e di quello emorragico del paziente. Nei soggetti sottoposti ad angioplastica in elezione l’associazione si raccomanda per 6 mesi.

Ritorno ad ascoltare gli amici che sottolineano il piacere di scoprire posti poco noti come la Cappella dei Bianchi della Basilica di S. Severo fuori le mura, un concentrato di opere d’arte. Decorata da pregevoli stucchi e antichi pavimenti policromi ha ben ventitré tele seicentesche, tutte realizzate dai maggiori pittori napoletani.

Lo stesso stupore lo abbiamo provato nel visitare l’appartamento privato della principessa De Liguoro di Presicce, per l’occasione eccezionalmente aperto al pubblico. Splendida l’immensa sala da ballo con il soffitto tutto affrescato, realizzato nel settecento con la tecnica del trompe-l’oeil.

Lasciato il bar, ritorniamo per le vie “dei Vergini” lì dove si respira l’essenza della storia, dei racconti di vita vissuta, di arte, cultura, sofferenza, allegria, aspirazioni, rinascita … l’essenza di Napoli.

Napule è nu sole amaro / Napule è ardore e’ mare / Napule è na’ carta sporca / E nisciuno se ne importa / E ognuno aspetta a’ sciorta.

Dedicato al “gruppo degli scumbinati”

Enzo Capuano (capuanov@tiscali.it)

 

 

 

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  • Napoli ha sempre suscitato in me sentimenti contrastanti di ammirazione e di minaccia. E’ un ecosistema complesso, un coacervo con mille sfaccettature, un palcoscenico, dove sullo sfondo azzurro del golfo, nello scenario carico di storia, vive e va in scena ogni giorno la vita di un popolo che cerca di strappare con mille fantasiosi artifizi, tutto ciò che può, con la filosofia che fa del “carpe diem” il suo credo quotidiano. Una città di contrasti estremi dove convivono miseria e nobiltà, qui la commedia umana è di scena. Doti peculiari sono il disordine e l’assenza di regole, o meglio regole adattate ad arte, ma osservate da tutti, luci dello splendido mare accanto ad ombre degli stretti vicoli, dove brulicano personaggi originali e inquietanti, palazzi mobiliari e periferie degradate sterminate, generosità e ferocia. Ho respirato il vivere dei napoletani negli anni turbolenti dell’Università, inizi 70. Partivo da Salerno col treno delle 7,20 per Milano, pieno noi studenti universitari, sul quale si ritrovava lo spirito scherzoso delle superiori, ma già i tempi volgevano al peggio. Tra una lezione e l’altra, andavo alla scoperta del suo ventre antico, mi spostavo da Via Mezzocannone fino all’Orto botanico, dove seguivo le lezioni di Botanica. Tornavo a sera, stanco, dopo aver frequentato i laboratori di chimica, su un treno che fermava dappertutto, arrivato al passaggio a livello di Via Vernieri saltavamo giù col rosso, noi del centro storico, per far prima. Ci torno volentieri per scoprire qualche perla nascosta nel suo scrigno incrostato.

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