Joe Biden in Asia e la strategia globale (di Cosimo Risi)

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Sembra riecheggiare lo slogan elettorale, America is back, l’America è tornata, la missione di Joe Biden in Asia, la sua prima volta in quel Continente. L’occasione è data dalla riunione del QUAD, la rete di quattro paesi dell’Indo-Pacifico che collega gli Stati Uniti a Australia, Giappone, India. Ci saranno anche bilaterali con il Presidente sud-coreano e con il Primo Ministro giapponese e soprattutto con l’interlocutore di riguardo, il Primo Ministro indiano.

L’India è il paese chiave della strategia liberal-democratica di Washington:  l’inclinazione a raccogliere attorno alla guida americana gli stati che ne condividono i valori e gli interessi di fondo. L’India si mostra incerta sotto questo profilo. La mancata condanna dell’invasione russa in Ucraina ha fatto scattare l’allarme.

Non v’è dissuasione nei confronti della Cina se l’India non è della partita. New Delhi ha esigenze specifiche che non sempre l’Occidente è pronto a soddisfare. Trova  migliore accoglienza a Mosca, ad esempio riguardo alle forniture di idrocarburi, l’arma non militare di Russia più efficace degli armamenti propriamente detti.

Il Presidente americano intende rilanciare l’operato dell’Amministrazione, i sondaggi sono feroci sulla sua popolarità, le elezioni al Congresso di metà termine sono alle porte, un Parlamento a maggioranza repubblicana sarebbe un brutto viatico per la seconda parte del mandato presidenziale ed un’ipoteca sulle elezioni alla Casa Bianca nel 2024.

Il tempo corre veloce, Biden dichiara di volersi ricandidare, malgrado i consigli a lasciare spazio a forze più giovani (la Vice Presidente Kamala Harris?). E’ quanto avrebbe annunciato al suo ex Presidente Barack Obama nel corso di un evento conviviale.

Come spesso capita nel girone politico americano, le ambizioni personali e statuali s’intrecciano fra loro per disegnare, almeno intellettualmente, una mappa del mondo.

La mappa vede Europa e Asia a pari livello di interesse per gli USA. Non si rinnega il “faro sull’Asia” di Obama, lo si rimodula con il “faro sull’Europa” conseguente alla crisi ucraina. I rivali delle liberal-democrazie allignano ovunque, sono suscettibili di trasformarsi in nemici campali se hanno la percezione che l’Occidente esita a cospetto delle sfide.

Quello che accade in Ucraina potrebbe ripetersi a Taiwan, se la Cina non avverte che la reazione americana sarà decisa e forte della rete di alleanze regionali. E dunque: Corea del Sud e Giappone dimentichino le frizioni del passato e quelle del presente, le rivendicazioni coreane su certe isole, per coagulare gli sforzi e contenere la Cina e la Corea del Nord.

E’ archiviata la storia d’amore fra Donald Trump e Kim Jong-un. Questi ha ripreso gli esperimenti nucleari, uno potrebbe ordinarlo proprio durante la missione di Biden, a rammentargli: “non ti scordar di me”.

L’aggressione russa ha messo in moto un meccanismo che supera di gran lunga le previsioni degli strateghi moscoviti. La guerra lampo è divenuta un conflitto di logoramento. La NATO da respingere più a ovest si allarga a nord con Finlandia e Svezia. L’Unione faticosamente limita la dipendenza dagli idrocarburi russi a favore della differenziazione e di una sorta di autarchia energetica.

Ed ancora: il conclamato impegno a favore dello sviluppo vede la crisi dei paesi in via di sviluppo, la carestia alimentare è determinata dal blocco delle esportazioni di cereali da Russia e Ucraina.

Un bilancio per nulla lusinghiero, non basterà a correggerlo la defenestrazione di alcuni generali dell’Armata Russa.

di Cosimo Risi

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