Lavoro: boom di dimissioni nel 2022

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Il Ministero del Lavoro ha diffuso i dati sull’andamento del lavoro in Italia nei primi 9 mesi del 2022. L’elemento che emerge sono le dimissioni che ammontano a 1,66 milioni, con un incremento del 22 % rispetto lo stesso periodo del 2021 quando erano state 1,36 milioni.

I dati fanno riferimento all’ultima nota trimestrale sulle comunicazioni obbligatorie diffusa dal ministero guidato da Marina Elvira Calderone.

Le dimissioni costituiscono la principale causa di cessazione dei rapporti lavorativi dopo i contratti a termine. Aumento sostanziale anche per i licenziamenti: 557mila tra gennaio e settembre 2022, rispetto i 379mila del periodo precedente. In questo caso la quota di incremento è pari al 47%, ma bisogna considerare che nei mesi del 2021 era ancora in vigore il blocco.

Immediati i commenti da parte dei sindacati e della politica. Il Segretario della CISL Giulio Romani sostiene che bisogna rivedere i modelli organizzativi e indirizzarli verso una maggiore qualità.

Tania Scacchetti della CGIL invece ha dichiarato: “L’aumento delle dimissioni può avere spiegazioni differenti: da un lato può essere legato alla volontà di scommettere su un posto di lavoro più soddisfacente, ma potrebbe anche essere legato a una crescita del malessere delle lavoratrici e dei lavoratori dovuta allo scarso coinvolgimento e alla scarsa valorizzazione professionale da parte delle imprese”.

Ivana Veronese della Uil sostiene che il motivo dell’aumento delle dimissioni è legato alle priorità dei lavoratori che sono cambiate rispetto al passato, infatti quando la retribuzione è troppo bassa o gli orari troppo disagevoli, questi diventano maggiormente propensi ad aprirsi verso nuove sfide.

Il tema è stato affrontato anche dai candidati alla segreteria del Partito Democratico, nel corso del programma Mezz’ora in Più di Lucia Annunziata.

La deputata Elly Schlein: “Non basta dire riduzione dell’orario di lavoro se non ci mettiamo accanto parità di salario. Il jobs act è stato un errore, ora bisogna fare un salario minimo e una legge sulla rappresentanza per spazzare via i contratti pirata”.

“Io non credo sia sufficiente ammettere che il Jobs act sia stato un errore, dobbiamo riscrivere le regole sul lavoro partendo da zero aprendo un nuovo capitolo in maniera serena”, sono le parole con cui ha replicato Paola De Micheli.

Gianni Cuperlo ha invece ricordato di non aver votato la riforma, e ha posto l’accento sulla necessità di politiche che rendano il lavoro stabile più conveniente di quello precario.

Tagliare il costo del lavoro e aumentare le buste paga è invece la soluzione offerta dal quarto candidato, l’attuale governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini.

Olindo Nuzzo

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