L’uso dei simboli (di Cosimo Risi)

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A Volgograd, già Stalingrado, Vladimir Putin commemora la vittoria nella Grande Guerra Patriottica. Costò oltre 20 milioni di vittime all’Unione Sovietica e la distruzione di parte del territorio europeo. Nel 1943 segnò la svolta: dalla rapida campagna di conquista da parte del Terzo Reich al ripiegamento fino alla sconfitta nel 1945.

La Commissione europea si reca a Kiev per una riunione congiunta con il Governo ucraino e la conferenza stampa di Ursula von der Leyen  e Charles Michel con Volodymyr Zelenskyj. Una prova di muscolare debolezza. La Commissione non può infatti rispondere al quesito fondamentale degli Ucraini: quando iniziamo i negoziati di adesione all’Unione?

L’adesione è  procedura complessa. Una volta conclusi i negoziati all’unanimità dei Ventisette, il Trattato di adesione li impegnerebbe a soccorrere militarmente il nuovo  stato membro in caso di aggressione da terzi. Saremmo pronti a combattere contro i nemici di Ucraina?

La Germania decide di inviare i carri armati Leopard all’Ucraina ed autorizzare i paesi che li hanno già in dotazione di cedere subito i loro. Il Ministro degli Esteri di Russia ammonisce che i blindati con la livrea tedesca stanno per entrare di nuovo nel sacro suolo patrio.

Sergej Lavrov riscrive la storia: paragona l’aggressione russa all’Ucraina all’attacco tedesco all’URSS; considera come russe anche le zone ucraine annesse. La sua è una chiamata alla resistenza patriottica: un messaggio carico di simboli da piegare a fini interni.

Nel 1943 l’URSS era alleata all’Occidente, la sua resistenza consentì agli anglo-americani di pianificare lo sbarco in Normandia nel 1944. Ora l’erede dell’URSS si confronta con gli alleati d’un tempo. La NATO dichiara di non essere in guerra con la Russia e neppure lo vuole. Il discrimine fra il sostegno esterno e la co-belligeranza è labile. Mosca dichiara che quel confine sta per essere superato.

L’Unione europea ha un  conflitto aperto alle porte e l’inquietudine sociale  all’interno. Di qui l’appello alla mediazione diplomatica.            I tentativi sono affidati ad alleati titubanti come la Turchia ed a terzi imperscrutabili come la Cina. La strategia di Pechino è condita più di silenzi e dichiarazioni ambigue che di nette prese di posizione.

Doveva chiarirne le intenzioni il Segretario di Stato USA.  Antony Blinken avrebbe dovuto andare a Pechino dopo la missione in Medio Oriente. La scoperta di un pallone aerostatico cinese sul Montana offre il motivo per rinviare la visita.

Un Generale americano preconizza per il biennio 2024-25 lo scoppio delle ostilità. Il 2024 è anno di presidenziali in Cina e Stati Uniti, se la giocheranno rispettivamente Xi jinping e Joe Biden. Il primo è praticamente sicuro della rielezione, il secondo dovrà vedersela con un candidato repubblicano forte della vittoria del Partito alle ultime legislative.

Il pensiero del Generale non riflette quello  dell’Amministrazione, precisa il Pentagono, ma l’umore in certi ambienti è questo. L’accordo degli USA con le Filippine per manovre e pattugliamenti congiunti rientra nel sistema difensivo per proteggere Taiwan.

Il marasma centro-europeo si salda al mediorientale. Nel timore che scoppi quello asiatico. Il 2023 comincia laddove finì il 2022.

di Cosimo Risi

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