Uno sforzo minimo di intelligenza e di pazienza per la nostra città (di G. Fauceglia)

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I miei lettori ormai mi conoscono: non lascio mai gli argomenti in sospeso. Le sorti della mia città mi restano particolarmente care, sì che non intendo affidarle in mani inadeguate. Se si pensa ad affrontare tra qualche anno – se non prima qualora il Governatore non riuscisse a spuntarla sul terzo mandato – la competizione amministrativa con le variopinte ed urlanti armate “Brancaleone”, tirate su nell’ultimo minuto, allora è meglio restare a casa e non andare a votare.

La responsabilità di evitare la frantumazione degli atomi (e di qualche altra sfera) è affidata alla dirigenza dei partiti della c.d. opposizione, in particolare di quel centro destra che ancora residua dopo la scorsa dissennata divisione interna.

Se ogni “capetto” intende premiare qualche sodale o finanziatore di turno, attribuendogli la responsabilità di concorrere quale sindaco alle elezioni comunali, allora possiamo già udire i rintocchi delle campane a morto. Il peccato mortale è ancora più grave per chi pensa di correre da solo, per ottenere poi il premio di qualche prebenda (ad esempio, presidenza di commissione, con relativi gettoni).

Qui non si tratta di vincere la gara del gallo più in alto sull’immondizia, ma di costruire un solido schieramento affidabile con uomini e donne altrettanto affidabili, in grado di dare una risposta alle aspettative di questa città e di delineare un futuro diverso dal recente passato.

E’ uno sforzo immane che richiede generosità e non può essere racchiuso solo nel perimetro del c.d. centro-destra (ammesso che i confini di questo non sconfinino con il terreno deluchiano, in un grigio di indistinti interessi comuni tra uomini), ma deve volgere lo sguardo anche alle altre forze e movimenti.

In questo, il tentativo, da perseguire con intelligenza e pazienza, di costruire una piattaforma comune, con quattro o cinque punti condivisi (lasciando perdere quisquilie ideologiche), insomma un programma elettorale unitario che interessi i bisogni della gente e non il parlottare dei salotti, tale da caratterizzare le future scelte amministrative (ad esempio, dimenticare che la Giunta possa essere costituita da residuati bellici).

Dopo aver selezionato ed individuato questi punti comuni, creare una piattaforma sulla quale possono intervenire i salernitani, escludendo però interventi rancorosi, lamentosi e dettati dal clima da stadio; per procedere, poi, ad un confronto serrato con le organizzazioni professionali (ad esempio, in materia urbanistica, ingegneri, architetti e geologi) al fine di arricchire dal punto di vista tecnico le proposte.

Naturalmente, ciò non significa dimenticare quello che di buono è stato realizzato in città (si peccherebbe di poca obiettività nel ritenere il contrario), ma questi risultati vanno migliorati e non si può consentire di spostare indietro le lancette del tempo.

Trent’anni di potere logorano, le spinte di innovazione e di ascolto vengono progressivamente a ridursi, prevalgono le esigenze famigliari che comportano la desertificazione della classe dirigente, viene a mancare il pur debole amore per la comunità ed emerge il demone del potere per il potere.

Vincere un sistema così forte è compito di giganti e non di nani, ma darsi già perdenti sconfina nell’ignavia. Aggiungo: si tratta solo di consigli disinteressati, i “nani” possono continuare a sognare, avendo, però, nella veglia ben presente il danno che arrecano in tal modo alla comunità!!

Giuseppe Fauceglia

2 Commenti

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  • Caro Professore, si deve partire da cosa si aspettano i salernitani. Il profilo da ricercare è 50% sceriffo, 40% etnocentrico, 10% promesse di realizzazioni di vario genere. La città è sostanzialmente di destra da sempre: non va ricercato un intellettuale o un tecnico che ti spiega perché le cose non vanno, va ricercato uno che fa fumo e dice cose gradite. Se sembra che sa fare pure qualcosa, meglio. Ci riusciranno? Non ci sono mai riusciti perché il profilo era già stato individuato da altri.

  • Caro Prof. ciò che lei auspica è solo nelle corde della sparuta minoranza di inermi cittadini-sudditi che ancora hanno intelletto sufficiente per avvertire il disagio di vivere in una città “senza nocchieri in gran tempesta”. Certamente, come lei sostiene, riuscire ad eleggere uomini capaci di elevarsi al di sopra della pochezza qualitativa della classe politica italiana, è impresa da giganti. E lo è ancor di più se si considera che l’evento miracoloso dovrebbe agire su due componenti del processo elettivo: il corpo elettorale e il capitale umano da selezionare per l’arduo compito di amministratore.. Sui candidati che si propongono, pesa il macigno che al nobile fine di mettere la propria capacità al servizio dell’avanzamento civile ed economico della comunità tutta, è subentrato l’avvilente spettacolo della ressa per ottenere visibilità, posti e privilegi economici e di potere ben superiore al comune mortale e di rimanerci quanto più possibile da parte di soggetti privi di scrupoli e scarsi di capacità. Purtroppo dopo i tempi di tangentopoli, ad aggravare la prognosi negativa, è sopraggiunto il berlusconismo, che ha definitivamente affossato il concetto del politico tutto di un pezzo, con l’opportuno concedersi di momenti ludici . Per quanto concerne il cittadino, sul risveglio di coscienza del corpo elettorale non scommetterei neppure un centesimo, visto l’involuzione culturale, il frastornamento mentale individuale e l’assenza di coscienza civica e critica. Assistiamo nella società al disimpegno, al fastidio a complicarsi la vita, nel farsi una propria opinione su personaggi, provvedimenti politici che quotidianamente vanno in prima pagina sui giornali. Tanto che al momento del voto ognuno fa: ambarabà, ciccì, cocò per mettere la crocetta sulla scheda (quei pochi che vanno ancora a votare, ovviamente). L’attuale momento storico, mi riporta quindi ad anni lontani, quando all’uscita di una guerra devastante tutti cercavano distrazione e Nilla Pizzi cantava: avanti e indrè, avanti e indrè, che bel divertimento, avanti e indrè, avanti e indrè, la vita è tutta quà.

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