Cosa ha in mente Benjamin “Bibi” Netanyahu? (di Cosimo Risi)

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Cosa ha in mente il Premier più longevo della storia d’Israele? L’interrogativo è cruciale per capire come butta la situazione: se dobbiamo aspettarci un’offensiva limitata a Gaza o una guerra generalizzata.

Israele sta pagando le conseguenze di scelte avventate del Governo sul piano interno e nelle relazioni internazionali. Il buco nella sicurezza, in un paese che della sicurezza ha il culto, pare inspiegabile. Il Governo della riforma giudiziaria ha prodotto uno scisma con la società civile e corroso la coesione fra forze armate, apparati di sicurezza, popolo. La comunità arabo-israeliana delle città miste si sente emarginata in uno Stato  che si dichiara ebraico per legge e li tratta da cittadini di secondo rango.

Gli Stati Uniti stanno schierando una formidabile armata a difesa dello Stato. Lo protegge dalle interferenze esterne  (Iran) e suona come obiettivo incoraggiamento a darsi da fare. Il Presidente Biden invita però Netanyahu a non approfittarne oltre misura. Il rapporto con i paesi arabi non va spezzato, l’Arabia Saudita può essere recuperata agli Accordi di Abramo.

La comunità internazionale riconosce a Israele il diritto alla difesa, purché sia esercitato nei limiti del diritto internazionale umanitario. E’ una contorsione verbale del linguaggio diplomatico, alcune norme del diritto internazionale sono di fatto archiviate da febbraio 2022 in Europa. L’onda lunga è arrivata in Medio Oriente in ottobre 2023.

Al vertice del Cairo sulla pace, alla presenza della Presidente Giorgia Meloni, alcune delegazioni arabe hanno rifiutato di menzionare Hamas come responsabile degli eccidi. Si è trovata l’intesa attorno alla sacramentale formula due popoli-due stati, con Israele nei confini del 1967. Il piano è  logorato dai fatti sul campo, la presenza di molteplici insediamenti israeliani in Cisgiordania rende impossibile la continuità territoriale dello Stato di Palestina.

Al Cairo, alcuni giornalisti pongono domande del tutto fuori luogo sulla vicenda privata di Giorgia Meloni.           La Presidente giustamente non risponde. Gli Egiziani non  seguono le reti Mediaset, preferiscono le soap opera indigene ai reality show italiani.

Il Medio Oriente  torna nella prima pagina finora occupata dalle vicende ucraine. Gli Stati Uniti, da Trump a Biden, vagheggiano che la rete degli Accordi di Abramo, integrando l’Arabia Saudita, può stabilizzare la regione e consentire loro di occuparsi in priorità dell’Indo-Pacifico. La guerra in Medio Oriente li sta richiamando in Medio Oriente dove contano molto più di un alleato esterno: Israele è un affare interno americano.

L’Unione europea sostiene gli Israeliani ed i Palestinesi. Si esercita a fatica nell’equidistanza verbale. Le opinioni espresse da Ursula von der Leyen sono corrette da Charles Michel e Josip Borrell. I tre danno l’impressione di non parlarsi, eppure hanno gli uffici contigui. E’ la riprova che bisogna mettere mano ad una nuova stagione costituente del sistema europea. Ci capiamo poco noi che viviamo nell’Unione, figuriamoci i terzi. L’incoerenza è peggiore dell’inerzia, significa inettitudine al comando.

Per tornare alla domanda iniziale circa le intenzioni di Netanyahu. La possibilità, ora o mai più, di liberarsi di Hamas nonché di Hezbollah, se le milizia sciite del Libano attaccassero Israele, è una tentazione. E se l’Iran intervenisse a loro supporto, ci penserebbe la barriera americana. Ma non si può ignorare l’appello del Presidente Biden a restare entro la linea rossa. Dove si colloca la linea rossa? E cosa ne sarà della riforma giudiziaria se si forma un governo di unità nazionale con elementi dell’opposizione in posti chiave?

La risposta verrà nei giorni a seguire.

di Cosimo Risi

 

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