All’ Arbostella per una Farsa di teatro ‘povero’ ma ancora genuino (recensione)

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forse-sarà-una-farsaE ‘ tempo di Luci di Artista a Salerno, Auto, Pullman ,Camper , Metropolitana, piene zeppe , una folla oceanica si riversa nella city. Una domenica da …Si salvi chi può!!!!!

Con la scialuppa di salvataggio navighiamo fino a quest’oasi di benessere dove si  produce l’ennesima cascata di risate .

In sosta  nel  week -end del Teatro Arbostella un Tir targato Associazione A’ Fenesta , per la prima volta in cartellone .

Alla guida del Tir Peppe Sannino altro giovane emergente della Nuova Scena del  Teatro Napoletano ,con un testo da lui  stesso rielaborato e riscritto dal titolo Forse sarà una farsa.

E’ la storia di una compagnia teatrale di attori grossolani che devono mettere in scena una tragedia di ambientazione medioevale. Una commedia comica dai risvolti farseschi, il classico esempio di teatro nel teatro.

L’azione si svolge su un palcoscenico quasi spoglio dove il capocomico Pasquale Esposito (Peppe Sannino) impegnato nelle prove dello spettacolo che andrà in scena il giorno dopo, ma manca la luce, il pianista e alcuni attori e  così entreranno in scena improvvisati collaboratori come il suggeritore (Massimo Esposito) seconda guida del Tir  valida spalla dell’autista Sannino.

Ed ecco  che si presentano  il rumorista (Marco Tullio Cicerone ) , Orlando, un napoletano serafico  con  la sua arte  volgarizzata  che tozza con la finezza snob della Signora  Annamaria (Tiziana Carotenuto), e di un”particolare giornalista” (Stefano Ariota) che, nonostante l’Orlando,  affascinato dall’allestimento decide di farne parte come damigella di corte.

Vicino a loro una ispirata (Vera Volante) Carmela ,anima” tragicomica” del dramma con la  sua brillante caratterizzazione di classica femmina partenopea , ìl   pianista (Antonio Adabbo) cadaverico , malandato, quasi moribondo.

Il canovaccio è sempre l’arte comica  tra equivoci e fraintendimenti  che generano battute e gags esilaranti a ripetizione.

Una “Napoletanità”  frizzante che diverte il pubblico fin dalle prime azioni.

Il capocomico- alias Peppe Sannino- è alla guida di questo  Tir  veloce , sfavillante,  che si fa strada strombazzando  a più non posso, travolgendo gli  spettatori che  rimbalzano piacevolmente tra i vari personaggi che compongono l’asse portante di questo bisonte della comicità.

Nel secondo atto viene proposta la prova generale della tragedia con tanto di scena, luci e vestiti d’epoca ma da spettacolo drammaturgico anche grazie alle  note del “pianista in licenza cimiteriale ”, (una soluzione fisiologica  è appesa al suo  strumento nel tentativo  di tenerlo “in vita”, almeno, fino alla fine della rappresentazione), si trasformerà forse …in una vera e propria farsa

Lo spettacolo  è ricco di spunti comici e di doppi sensi che  serviti “ fumanti” porta il pubblico in un estasi esilarante di risate e di applausi.

Il ritmo incalzante si sposa con la naturalezza dei personaggi guidati dal filo che li lega al “Puparo”, Sannino ,che li muove con maestria .

Il risultato è garantito. Uno spettacolo semplice, pulito, che si lascia godere  fino alla fine. Un crescendo di comicità che cattura il pubblico che ride, apprezza e valorizza con applausi scroscianti e convinti.

Da  segnalare un ordinato Marco Serra (Don Egidio)  e poi gli ottimi Celeste Amitrano (Cristina), Loriana Magliuolo ( Signorina De Bellis), Tony Di Sarno (Procolo).

Assolutamente non chiamatele  seconde linee, ma pezzi originali di questo Tir carico di risate.

Il teatro è semplicità, amore, trasmettere al pubblico il proprio stato d’animo e questi  ci riescono alla grande .

Lasciatemi  sognare ancora questo “teatro povero dove sono poveri anche i sentimenti”  e  permettetemi una piccola considerazione .

L’attuale riforma ,in via di attuazione, sancisce la sconfitta dei piccoli teatri, affermando che ha diritto di finanziamento pubblico solo il Grande Teatro. Le piccole compagnie si stanno convincendo che, senza i mezzi del Grande Teatro, non hanno la possibilità di lavorare. Ci stiamo convincendo che o il teatro ricco, o non teatro. Noi, che leggevamo emozionati per un teatro povero!

Il dialetto, in ambito teatrale, oggi è visto come sinonimo di diversità!
La riforma teatrale mette all’angolo le diversità.

Pretende che solo il teatro della lingua ufficiale abbia diritto di esistenza, o, meglio, che sia il solo ad avere diritto ai finanziamenti. Tutto questo in nome delle presunte esigenze di un pubblico di massa la cui stessa esistenza, temo, sia solo presunta. Ben vengano queste nuove aggregazioni di artisti , tra qualche anno nè sentiremo parlare e sarà bellissimo poter  dimostrare, ai signori freddi delle riforme senza anima, che il Teatro è anche questo , soprattutto questo.

Il contatto, il calore ,la dimensione umana ,lo spazio di sentirsi  protagonisti al servizio di un pubblico numeroso, soddisfatto, caloroso ,vivo. Il nostro dialetto, la nostra tradizione, la nostra spontaneità, la nostra felicità.

Sono  per la felicità a teatro, per la pura evasione, per la semplicità dei gesti e per la “povertà” intesa nell’accezione più nobile  del significato.

In questo contesto sono profondamente ammirato nel godermi i vari Sasà Palumbo, Peppe Sannino e altri che con la loro professionalità danno continuità e valore alla cultura storica di un territorio quello campano da sempre ricco di talento e di idee.

A Voi non resta  che affollare il Teatro Arbostella che propone, da sempre, un cartellone nel segno della comicità e dell’arte “Povera”, ma  soprattutto non dimenticate : Cà se ride ….è sicuro!!!

Spettacoli nei fine settimana  : 12-13-19-20 dicembre 2015, il sabato alle 21.15 e la domenica alle 19.15.

Lello Casella

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