Associazione ‘Io Salerno’: Bentornati a lavoro – cominciamo dai numeri

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( segue da Mercoledì 25/10/17)

La statistica, si sa, è la scienza che assegna un pollo a testa a due persone anche se una sola ne mangia due. E l’altra sta a guardare.

Quindi, quando leggiamo tabelle con i dati statistici di una comunità, è bene attribuire agli indicatori un valore assolutamente informativo poiché l’andamento dei fenomeni esaminati può essere, nella realtà, ben migliore oppure ben peggiore.

Ciò, è ancor più vero per le rilevazioni effettuate su una comunità territorialmente estesa, poiché le differenze tra le sub-aree possono influenzare enormemente i risultati.

Così, se possiamo ritenere spropositata la negativa posizione assegnata alla nostra Provincia nella graduatoria per la qualità della vita 2016 (fonte Sole24Ore), 103° posto (ex 92°) su 110, perché probabilmente appesantita dai valori di una parte del territorio in gravi difficoltà, non eguale giudizio possiamo esprimere per gli indicatori Provinciali concernenti il comparto del lavoro visto che la serietà del problema, pure limitatamente alla nostra Città, trova conferma quotidiana nei disagi delle nostre famiglie, nelle confidenze degli amici, nei discorsi ascoltati per strada, nel viso dei tanti giovani a passeggio per il “Corso”, d’inverno, e per il “Lungomare”, d’estate.

Cioè, non abbiamo bisogno di statistiche per capire che il mondo del lavoro è in pesante sofferenza e, anzi, crediamo di poter ben dire che i dati rassegnati non sono espressivi della “reale realtà” delle cose.

Vediamoli (n.b.: dati statistici Provinciali tratti anche da fonti non ufficiali e, quindi, di semplice riferimento):

  • disoccupazione totale: 15-17%;
  • disoccupazione giovanile dai 15 ai 29 anni: 48-50%;
  • percentuale di laureati tra i giovani da 15 a 29 anni (circa 192.000): 20-25%;
  • percentuale di laureati occupati a tre anni dalla laurea: 65%;
  • percentuale di laureati costretti ad emigrare: 25%.

Ora, se pure è già preoccupante il dato della disoccupazione totale, è certamente ancor più allarmante quello del settore giovanile nel quale sono presenti, come dimostrato anche dagli indicatori, due gravi fenomeni di grande impatto sociale: la dispersione scolastica, da un lato, e, dall’altro, la “fuga di cervelli” verso realtà più avanzate.

In sostanza:

solo il 25% circa dei giovani fino a 29 anni sarebbe fornito di laurea. Di essi, il 65% circa troverebbe occupazione in loco nei tre anni dalla laurea e il 25% circa la troverebbe altrove. Comunque, il 90% dei laureati, probabilmente, si “sistema”;

ben il 75% circa dei giovani fino a 29 anni sarebbe privo di qualifica universitaria. Di essi, solo il 25% circa troverebbe occupazione in loco, magari con contratti a tempo determinato.

Ovvero, possiamo anche dire:

abbiamo un basso numero di laureati, in parte costretti a trasferirsi;

non abbiamo sufficienti attività produttive per offrire lavoro alla maggior parte dei giovani privi di qualifica.

Un indicatore sintetico ma inconfutabile della realtà, a supporto dei dati statistici, è fornito dalla “classe di merito” assegnata dall’Istat alla nostra area nella griglia della “regionalizzazione del territorio italiano in sistemi locali”. Siamo “BA4” che significa: “sistema economico locale urbano non manifatturiero e senza alcuna specializzazione”. Meglio: “sistema senza nessuna attività industriale e nessuna attività specializzata, nemmeno nel settore terziario”. Siamo sul fondo della classifica.

Invero, non è negabile che, dopo la crisi delle imprese degli anni ’90 (Marzotto, Elkro Gas, Pennitalia, Ideal Standard, Texsal, etc.), la Città si è mostrata incapace di proporsi per nuovi insediamenti produttivi ovvero per attività in settori alternativi in grado di utilizzare proficuamente le sue “vere” ricchezze: ambiente, storia, tradizione, saper fare.

Non stupisce, perciò, che i circa 350.000 occupati (dato Provinciale, fonte Istat) a fine 2016 siano per il 75% circa (260.000) impegnati nel settore servizi (tra cui alberghi e ristoranti), mentre solo il 20% circa (70.000, di cui 49.000 amministrativi) nel settore industria e il 5% circa (22.000) in agricoltura e attività primarie.

E non stupisce, ancora, che lo stipendio medio degli occupati sia di poco superiore ai 1.100 euro e che la maggioranza dei contratti dei servizi sia a carattere stagionale, vista la natura delle attività legate al turismo.

Stupisce, invece, che di fronte a tale scenario le iniziative delle Istituzioni Pubbliche e Private siano limitate a incontri, tavole rotonde, concorsi a premi e manifestazioni di disponibilità.

E che sia richiamata, in ogni dove, la formula “magica” dell’industria “4.0” dimenticando che essa richiede adeguate conoscenze tecnico-scientifiche, presenti in una parte residuale dei nostri laureati, e che si basa su processi a bassa intensità di mano d’opera ordinaria.

Certo, in un sistema produttivo moderno non possono mancare le aziende “avanzate”, ma con esse non sarà mai possibile risolvere il problema dei giovani con professionalità inadeguata, o privi di titoli perché, magari, scolasticamente “dispersi”, che costituiscono la quota preponderante degli oltre 75.000 disoccupati a fine 2016 (fonte Istat), oltre ad almeno 120.000 “neet”, cioè giovani che non cercano più lavoro perché, con la speranza, hanno perso anche ogni forza.

E’ evidente che per far crescere la domanda di mano d’opera con ridotta qualifica sono indispensabili investimenti “veri e seri” di aziende con cicli produttivi ad alta intensità di lavoro ordinario.

Ma prima, riteniamo sia necessario decidere quali settori attivare e, quindi, individuare una “missione produttiva” che abbia “forza attrattiva” e che, nella consapevolezza dei punti di forza e di debolezza del nostro territorio, sia in grado di “unire in relazione sinergica” i settori tecnologici con le attività tradizionali legate all’ambiente, al territorio, alla cultura, alla storia.

Di tutto ciò, abbiamo già parlato nel precedente intervento e, per singoli settori, continueremo a parlare nei prossimi.

Dare un’anima alla Città, o una identità, è il primo passo da fare, ma non è l’unico.

Ad esso va affiancato un progetto per il recupero, in termini culturali e sociali, dei giovani con ridotta professionalità per trasformare la disponibilità quantitativa di forza lavoro in una offerta qualitativa supportata dal saper fare, dalla inventiva, dalla genialità, dal talento e, perché no, dalla follia presenti nella natura della nostra gente.

Anche su questo argomento ci siamo già espressi parlando del Mentoring (salernonotizie.it – 20/09/17).

Noi siamo convinti che il futuro del nostro territorio dipende dalle prospettive che le Istituzioni sapranno offrire ai nostri giovani per strapparli al degrado morale e alle organizzazioni devianti.

E siamo certi che, grazie a mirate azioni propositive e propulsive, dalla sfiducia, delusione ed emarginazione potranno scaturire volontà di riscatto e di impegno sorprendenti e originali.

Questa Città ha bisogno di amore verso i più deboli.

Associazione Io Salerno – Officina di Pensiero

(a Mercoledì prossimo)

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