Zero furbetti grazie alle impronte digitali: la svolta al Ruggi dopo lo scandalo del 2015

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Zero rischi sul fronte della privacy, nessuna criminalizzazione del dipendente pubblico, rilevare le impronte digitali – come previsto dal Decreto Concretezza per le pubbliche amministrazioni – funziona: azzera il rischio di imbattersi nei cosiddetti furbetti del cartellino ed è un esempio di trasparenza.

Lo sostiene Oreste Florenzano, direttore amministrativo dell’azienda ospedaliero-universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, il primo ente pubblico autorizzato dal Garante della Privacy a installare un sistema di lettura di dati biometrici. Un esempio positivo che anticipa la scelta contenuta nel decreto appena approvato dal Governo.

“Dopo una prima fase di sperimentazione – spiega all’Adnkronos Florenzano – il sistema di rilevazione delle impronte è entrato a pieno regime nel gennaio 2017”. Una scelta nata dopo “un episodio spiacevole di cronaca: 800 dipendenti su 3mila sono stati indagati” nel 2015 per presunte assenze ingiustificate dal lavoro.

“Sette i dipendenti licenziati, altri sono sotto procedura disciplinare”, mentre il tribunale deve ancora emettere un verdetto. Dopo lo scandalo, i vertici hanno intuito l’importanza di dare una risposta e sono riusciti a dimostrare che l’introduzione di un sistema di lettura delle impronte non crea nessun problema per la privacy.

“E’ il dipendente a detenere la sua impronta su un apposito tesserino digitale: prima passa il tesserino su un apposito rilevatore e poi appoggia il dito, il match tra le due rilevazioni garantisce che non si sono imbrogli”, evidenzia Florenzano. Dopo le “iniziali resistenze da parte di qualche dipendente o sindacato” sono stati installati 15 rilevatori per i cinque plessi che costituiscono l’azienda ospedaliera, e oggi “il fenomeno dei furbetti del cartellino si è azzerato”, complice anche la presenza di un nucleo ispettivo.

“L’intero sistema è costato 50 mila euro, una cifra modesta se consideriamo la nostra struttura e i 3mila dipendenti. Oggi veniamo citati come un buon esempio e tante aziende private ci contattano, a dimostrazione che anche il pubblico sa essere all’avanguardia”, aggiunge. “Credo che la misura delle impronte digitali contenuta nel decreto sia corretta perché non tratta il dipendente pubblico come un criminale, ma introduce trasparenza nella pubblica amministrazione. Chi lavora e fa il suo dovere non ha nulla da temere”, conclude Florenzano.

Fonte Le Cronache

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