Fisco senza ‘pace fiscale’. News (di Luca De Franciscis)

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Il D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, approvato dal Consiglio dei Ministri per “disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria” ed entrato in vigore il 24 ottobre 2018, è ancora senza certezze.

Notizie di cambiamenti e novità si stanno susseguendo giorno dopo giorno.

È pur vero che fino alla sua conversione in legge tutto può essere cambiato e/o riformulato, ma questi cambiamenti, alcuni anche radicali, a distanza di un mese dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale, non consentono di fare previsioni certe. Mettono sul chissà anche il lavoro che contribuenti e professionisti stanno predisponendo per valutare l’opportunità di accedervi e ottemperare a quanto disposto.

L’annullamento della “dichiarazione integrativa speciale”, disciplinata dall’art. 9 del D. L. 119/2018, non consentirà più ai contribuenti di correggere gli errori od omissioni ed integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 dicembre 2017, per le imposte sui redditi, addizionali, imposte sostitutive, delle ritenute e contributi previdenziali, dell’Irap e dell’Iva, pur nei limiti fissati dal decreto.

Viene eliminata perché considerata come “condono”, norma premiante, che non può essere concessa ai contribuenti evasori che non hanno pagato quanto dovuto.

Ma non è un principio assoluto, se si osserva che al suo posto si apre una diversa possibilità, ovvero di pagare le imposte su quanto dichiarato e non pagato precedentemente, nella supposizione che in quegli anni non avesse disponibilità per pagare e adesso, invece, avendola potrà pagare il dovuto senza sanzioni.

La supposizione di avere più disponibilità oggi, sarebbe stata valida anche per la “dichiarazione integrativa speciale”. Avrebbe permesso, a un maggior numero di contribuenti, di integrare i redditi già dichiarati, nei limiti concessi, e di pagare altre imposte e produrre maggiore gettito per le casse dello Stato. Avrebbe, inoltre, consentito di colmare situazioni di incertezze e perplessità nel dichiarare i redditi, in particolari situazioni presenti in quegli anni.

Con l’abolizione della “dichiarazione integrativa speciale” si propone, come un di più, di inserire la possibilità di correggere errori formali, contenuti nelle dichiarazioni dei redditi già presentate fino al 2017, e pagare per ciascun anno l’importo di 200 euro.

Ad oggi pare che le nuove norme fiscali siano senza “pace fiscale”.

È opportuno attendere, prima di prendere iniziative e/o trarre conclusioni. Sarà necessario rileggere e approfondire la norma dopo le correzioni e la discussione degli emendamenti. A bocce ferme. Dopo la conversione in legge del Decreto.

Tenuto conto anche dei comunicati che si susseguono, il D.L. 119/2018, a seguito anche di correzioni, dovrebbe consentire di:

– Far entrare nella definizione agevolata dei carichi affidati all’agente alla riscossione anche gli avvisi bonari; atti che non sono ancora divenuti cartelle esattoriali.

– Definire in maniera agevolata i carichi affidati all’agente della riscossione (detta anche rottamazione ter) per le cartelle esattoriali affidate all’agente della riscossione tra il 2000 e il 2017, con pagamento in 10 rate semestrali in 5 anni. Notizie portano a ritenere che possa rientrare un particolare regime che permetterà di pagare per il 2019 in base al proprio Isee (indicatore della situazione reddituale e patrimoniale) inferiore a 30.000 euro, ovvero tenendo conto delle condizioni economiche del contribuente.

Gli scaglioni di reddito – ancora da confermare – vengono suddivisi in: primo scaglione inferiore a 15.000 euro, secondo scaglione con redditi tra 15.001 a 22.000 e terzo scaglione con redditi tra 22.000 e 30.000 euro e consentirebbero di pagare non l’intero carico, ma un importo ridotto applicando le aliquote rispettivamente del 6%, 10% e 25%.

– Stralciare i debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dall’anno 2000 all’anno 2010 per tutte le imposte e senza dover presentare domanda di condono; verranno cancellate automaticamente.

– Definire in modo agevolato le controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate, e aventi per oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda di chi ha proposto l’atto introduttivo, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Se nel giudizio di primo grado è soccombente l’Agenzia delle entrate il pagamento è ridotto alla metà e ad un quinto per soccombenza dell’Agenzia delle entrate in secondo grado.

Per gli importi da pagare superiori a 1.000 euro è ammesso il pagamento rateale in massimo 20 rate trimestrali.

– Definire con agevolazione gli atti del procedimento di accertamento. Gli atti di recupero, avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, notificati entro la data del 24 ottobre 2018, si possono definire con il solo pagamento delle imposte, complessivamente dovute, senza le sanzioni, interessi ed eventuali accessori. Gli importi per chiudere ogni pendenza, devono essere versati in unica soluzione oppure in massimo di venti rate trimestrali.

– Definire con sanatoria per i provvedimenti di ingiunzione fiscale, notificati negli anni dal 2000 al 2017, anche per le imposte comunali IMU e TASI se i Comuni adotteranno apposita delibera per l’esclusione delle sanzioni, entro il termine fissato per l’approvazione del bilancio annuale previsione.

– Definire con agevolazione le imposte di consumo. Anche per queste imposte è possibile pagare il dovuto con un massimo di 120 rate mensili.

Per saperne di più e approfondire: Il D.L. 23 ottobre 2018, n. 119.

Luca De Franciscis

dottore commercialista

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