Allarme Mezzogiorno (di Tony Ardito)

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Presentato a Roma il 4 novembre, il Rapporto dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, raffigura uno scenario assai allarmante.

Mezzogiorno in recessione e tasso di occupazione sotto la media nazionale, ma non solo.  A preoccupare è un doppio divario, quello fra Sud è Nord del Paese e quello tra l’Italia ed il resto dell’Europa. Nel rapporto 2019 si legge che nel 2018 l’economia italiana è cresciuta dello 0,9 % contro il 2% della media Europea.

Al Sud la crescita è stata dello +0,6 % contro il +1% del Centro-Nord. Tuttavia le previsioni non promettono niente di buono, con un Mezzogiorno che dovrebbe tornare a crescere solo nel 2020, ma sempre meno del Centro-Nord.

I giovani del Sud continuano ad emigrare; crollano gli investimenti pubblici; male l’agricoltura, bene il terziario, mentre l’industria stenta. Scarsi i servizi ai cittadini, a partire dalla sanità e dalla scuola.

Sul piano occupazionale, il reddito di cittadinanza – benché giudicato utile – ha avuto un impatto “nullo”: anziché richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro. Questi alcuni degli elementi più significativi.

I nuovi temi dell’antica questione meridionale impongono un cambio di prospettiva nella analisi della stagnazione italiana. Negli ultimi venti anni, la politica economica nazionale ha disinvestito dal Mezzogiorno; invece di valorizzarle ha svilito le sue interdipendenze con il Centro-Nord.

Il progressivo disimpegno della leva nazionale delle politiche di riequilibrio territoriale ha prodotto conseguenze negative per l’intero Paese. I dati rivelano il pronunciato processo di convergenza sperimentato dall’Europa dell’Est, l’allontanamento dei Paesi dell’Europa del Sud – Italia inclusa – dai livelli medi di tenore di vita europei, la crescita tendenziale del reddito pro capite nell’Europa del Nord.

Il Nord Italia, dunque, non è più tra le locomotive d’Europa. Alcune regioni dei nuovi Stati membri dell’Est superano per Pil molte regioni ricche italiane, avvantaggiate dalle asimmetrie nei regimi fiscali, nel costo del lavoro ed in altri fattori che determinano ampi differenziali regionali di competitività.

È del tutto evidente che la grave situazione del Mezzogiorno richiede urgenti politiche di sviluppo per rilanciare la economia meridionale, sia attraverso poderosi investimenti infrastrutturali, sociali ed economici, sia mediante un sostegno ai diritti di cittadinanza; ma anche attraverso una maggiore competitività sui mercati internazionali.

La incertezza e la instabilità politica, i recenti accadimenti relativi all’Ilva di Taranto ed il poco tempo a disposizione certamente non giocano a favore. Bisogna assolutamente scongiurare il serio pericolo che si inneschi un’autentica bomba sociale. Senza girarci attorno, la parola d’ordine è e resta “lavoro”.

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