Un indovinello avvolto nel mistero, all’interno di un enigma (di Cosimo Risi)

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Il titolo è mutuato da Sir Winston Churchill che così definì l’Unione Sovietica.  Si attaglia, con le dovute sfumature, allo stato dell’arte nel Mediterraneo meridionale. Il marasma, potrebbe essere il titolo contemporaneo, di cui soltanto la politica russa sembra conoscere la via d’uscita, grazie a un sapiente impasto di forza e diplomazia.

Adoperare quel tanto di forza per mostrare che si fa sul serio: i mercenari di cui il Presidente Putin ha negato la paternità con la Cancelliera Merkel affermando che ci sono mercenari in tutte le guerre.

Sfoderare il tocco gentile del confronto fra diversi: il rapporto con la Turchia si rivela fecondo, i due paesi dichiarano il cessate il fuoco per conto terzi, senza neanche curarsi che i belligeranti siedano al tavolo con loro. Poco manca e siamo alla riedizione del modello Sykes – Picot, cui gli storici dei fatti mediorientali fanno risalire i mali della Regione.

Il Generale Haftar cerca di penetrare a Tripoli senza avere evidentemente la sufficiente capacità, bastano le milizie varie a difesa della capitale per respingerne gli assalti. Dall’altra parte il Premier Serraj non ha le forze per unificare la Libia sotto il potere unico di Tripoli, finirà per accettare la spartizione del paese nelle tradizionali regioni di Tripolitania e  Cirenaica.

Il nodo da sciogliere, più che quello etnico, sarà dei giacimenti petroliferi. Nei romanzi noir vale la regola “cherchez la femme”, nel romanzo mediorientale vale quella “cherchez le pétrole”. Il profumo di petrolio è l’essenza che inebria i contendenti prolungando la contesa oltre misura.

In mezzo si trova il petrolio italiano, un bene essenziale alla nostra economia. Si aggiunga l’esigenza, per il nostro quieto vivere, che dai porti libici si riduca fino a esaurirsi il flusso di imbarcazioni verso le nostre coste con i loro carichi umani. La componente umanitaria della nostra opinione pubblica pare esaurita, tant’è che persino i borghi che non hanno immigrati si dichiarano pronti a votare i partiti sovranisti purché li difendano dall’invasione.

L’Italia auspica che i problemi internazionali siano affrontati dalle organizzazioni internazionali. In linea con la Costituzione crediamo nel multilateralismo. Le organizzazioni faticano a togliere le castagne dal fuoco per come sono strutturate e per come funzionano. Si prenda l’Unione europea. La politica estera e di sicurezza è comune e non unica. La politica di difesa solo ora muove i primi passi verso il coordinamento.

Ampio margine è riconosciuto dal Trattato alle politiche nazionali, il ruolo di Bruxelles è più volto a mediare fra le spinte dei singoli stati membri che a imporre loro un atteggiamento univoco. Il caso della Libia è illuminante. Basti pensare alle diverse sensibilità di Francia e Regno Unito da una parte (sin dall’epoca del Colonnello Qaddafi) e dell’Italia dall’altra.

La diplomazia italiana pratica lo slalom fra i vari paletti. Può contare limitatamente sulla forza militare. E non per la scarsa attitudine del nostro apparato quanto per il riflesso condizionato  che le crisi si risolvono con il dialogo. Una petizione di principio se non una formula magica che salva la coscienza ma non automaticamente gli interessi.

Nell’accezione comune il ricorso alla forza è possibile solo se inquadrato nel sistema europeo ed a fini umanitari. E’ probabile che ci avviamo ad una riedizione riveduta dell’Operazione Sophia (EUNAVFOR Med) con pattugliamenti navali e marittimi attorno allo spazio libico.

Mosca mostra che il dialogo da posizioni di forza è il mezzo per arrivare al risultato. L’esito ottimale contempla la stabilizzazione della Libia, il regolare fluire degli idrocarburi, il blocco delle immigrazioni clandestine.

di Cosimo Risi

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