Blitz di Legambiente contro il cemento illegale che deturpa le bellezze della Regione

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Uno striscione con la scritta “Giù le mani dalla costa” srotolato dai volontari di Legambiente all’altezza della Spiaggia di Santa Teresa a Salerno con sullo sfondo la Costiera Amalfitana colpita dai giorni scorsi da una enorme frana a causa di lavori abusivi sui costoni della Divina Costiera. Blitz di Legambiente contro il cemento illegale da decenni nemico del mare e delle coste campane.

Ancora una volta l’aggressione cementizia alle coste campane rimane la piaga di cui la Campania e l’intero paese stenta a liberarsi. La Campania detiene anche il primato nazionale del cemento illegale sulle coste con il 17,1%% dei reati accertati in Italia. Si registra un vero e proprio record di infrazioni 1.715 con un aumento del 20% rispetto lo scorso anno con 1.300 persone denunciate e arrestate e 395 sequestri effettuati.

“Accanto alle villette – denuncia Mariateresa Imparato, presidente regionale Legambiente – le cronache locali ci raccontano di una miriade di chioschi, ristoranti, parcheggi, piscine, strade tracciate sulle dune e scalette scolpite nella roccia. Tutto quello che serve, insomma, per accedere alla battigia senza sforzo e godere della vista esclusiva sul mare. In barba alle regole, alla proprietà pubblica e alla salvaguardia dell’ambiente”.

Licenze edilizie fantasma, ordinanze di demolizioni non eseguite,richieste di sanatorie mai vagliate. Betoniere che lavorano sette giorni su sette. Case abusive tollerate e mai abbattute. Ancora di più se su quella casa pende da decenni un ordine di demolizione perché costruita abusivamente, magari in una zona di pregio, in un’area protetta o lungo la costa.

In Campania le demolizione sono al palo: secondo gli ultimi dati di Legambiente più del 97% degli abusi edilizi da abbattere sono ancora ben saldi alle fondamenta, infatti su 16.596 ordinanze di demolizione, sono state eseguite solo il 3% pari a 496 immobili abbattuti. Non solo non si demolisce, ma neppure si acquisisce al patrimonio pubblico come prevedrebbe la legge: nella nostra regione appena il 2% di questi immobili risulta infatti trascritto dai Comuni nei registri immobiliari(pari 310 immobili).

Ancora più nera la fotografia della Campania se si analizzano anche le domande di sanatoria a seguito dei tre  condoni. Legambiente ha censito ben 362.646 richieste di sanatoria: sostanzialmente una nuova città/metropoli tutta da rimettere in regola. Il record alla Provincia di Napoli dove sono bene 259.170 le richieste di sanatoria, seguita dalla Provincia di Salerno con 71.096 richieste.

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  • Non conosco nei dettagli i piani operativi di RFI circa l’AV nell’area napoletana. È vero ora i treni veloci si possono prendere anche a Napoli Centrale. Ma la stazione di Afragola (altro esempio di alta architettura ad opera di Zaha Hadid) è nata per una ulteriore velocizzazione della linea e immagino che prima o poi sarà l’unica in servizio. Allora il napoletano di Napoli si dovrà rassegnare ad andare … in periferia.
    E a proposito di periferie, mi sembra che stiamo discutendo del sesso degli angeli. Ora entra in ballo anche la zona al di sopra del Liceo Tasso. Certo, se ci allunghiamo a Fratte, la qualifica le si addice. Attenzione però: anche la chiesa del Carmine, così devotamente curata dalla omonima Congregazione e frequentata da migliaia di fedeli oranti, doveva essere considerata fuori dal cerchio urbano?
    Singolare mi appare l’elenco degli edifici che individuerebbero il centro della città. Se non ho capito male, tutto ciò che rimane ad oriente di via dei Due Principati porta il marchio della periferia. Finalmente abbiamo individuato una linea di confine fra due realtà, ben definita e con un andamento certo!!
    So che ci sono tanti che sognano ad occhi aperti una ipotetica e problematica delocalizzazione del porto commerciale per trasformarlo in in porto turistico. Ciò in quanto non sopportano i disagi derivanti dall’attività portuale e l’impatto paesaggistico provocato proprio all’inizio della costiera dalla presenza di gru e altre attrezzature di grosse dimensioni.
    Ora, sentire che le gru “non hanno mai infastidito nessuno” mi lascia un po’ perplesso. Del resto è diffusa anche l’opinione che Salerno non avrebbe dovuto essere una città portuale, ma preferibilmente turistica. Il susseguirsi degli eventi ha determinato il contrario. Tuttavia, non è un male se in qualche modo si diminuisce l’impatto del panorama portuale dalla vista esterna.
    Certo che anche la piazza sopraelevata può contribuire ad oscurare certi panorami.
    Comunque, anche se mi mettevo dietro al cinema Diana (prima che costruissero quell’affare), neppure la più potente magia avrebbe fatto apparire nel mio obbiettivo la costiera o le gru.

  • Ma non è assolutamente come dici: il napoletano non andrà MAI a prendere l’AV ad Afragola, sarebbe una cosa completamente senza senso. L’hub è stato pensato per distribuire meglio il traffico da e verso il Sud dell’Italia, non sostituisce la stazione di Napoli, si scatenerebbe una rivolta. A me lo stile di quella stazione non piace, pare una cosa tratta dal fumetto Nathan Never, però la tollero perché si trova nel bel mezzo del niente.

    Tutta la discussione sul centro e la periferia riguarda l’evoluzione di Salerno nella Storia, non ho mai detto che adesso il Carmine e Torrione siano periferia, ho semplicemente affermato che nel corso della sua evoluzione ci sono state zone, oggi maggiormente centrali, ecc., che sono rimaste a lungo periferie, chiesa del Carmine compresa, e che il centro è rimasto per secoli lo stesso. Se pensi che al posto del Vestuti c’era il cimitero, che a Pastena si coltivava un’uva fenomenale e che solo nel 1961 abbiamo avuto un’autostrada che ci collegasse direttamente a Napoli, insomma, capisci da te che le città si evolvono -male ma lo fanno- e quelle che erano periferie vengono inglobate man mano che le città crescono.

    Non credo siano le gru a dare fastidio ai residenti dell’area, ma piuttosto il traffico dei mezzi pesanti sul viadotto Gatto. Il porto è sempre stato un grande vantaggio per Salerno, ma non credo possa crescere molto più di questo, per cui presumo che chi vuole delocalizzarlo pensi che in un’altra area avrebbe maggiori possibilità.

    Non so dirti se la megalomania locale ha davvero mai partorito l’idea del porto turistico al posto di quello commerciale, mi aspetto di tutto da una città con sempre meno abitanti e sempre più edifici.

    No, dietro al Diana non si vedeva niente, ma dal lungomare, altezza Embarcadero, sì, e quello contava, ma poi hanno deciso di coprirti le gru con quell’affare… :-)))

  • Continua questo scambi di assalti, su una ipotetica pedana di scherma, non so se a colpi di fioretto o di sciabola.

    Non sarebbe una novità se il napoletano medio scatenasse una rivolta qualora gli togliessero l’AV dalla Stazione Centrale. Anzi questa è una costante a cui in Italia si è abituati da tempo. È un fenomeno che puntuale si presenta quando l’interesse generale viene contrastato da interessi particolari e di entità circoscritta. Seguono frenetiche attività e defaticanti procedure per superare i tanti ostacoli che si creano. Ma intanto mesi e anni si susseguono senza che si pervenga a risultati concreti.

    Da Afragola i passeggeri hanno a disposizione molti rami di ferrovie locali che possono smistarli ovunque. Una rete ferroviaria di AV non può penetrare in tutte le città, anche se metropolitane, altrimenti non può dirsi tale. Nei nuovi scenari le vecchie stazioni cittadine hanno fatto il loro tempo. Vedi Bologna con passante e Stazione sotterranei; Firenze con un progetto analogo. Afragola risponde a questi requisiti, è il capolavoro di una grande architetta che in Italia ha firmato opere come il MAXXI di Roma o la Stazione Marittima di Salerno. Meglio che stia in mezzo al nulla piuttosto che essere soffocata da anonimi palazzoni.

    Quanto a cimiteri del passato, è risaputo che anche nel sottosuolo della Banca d’Italia al corso furono rinvenute ossa appartenenti a progenitori dei salernitani. Nulla contro quindi sulla evoluzione urbanistica delle città, che si verifica nel corso di decenni e di secoli. Tuttavia non mi tornava che il Crescent avesse invaso un pezzo pregiato del Centro mentre invece al Grand Hotel Salerno era consentita la sua invasività, tanto era un problema di periferia.
    Parlavo solo dei fastidi arrecati dal porto, sotto il profilo degli aspetti estetici (gru, container, ecc.).
    È chiaro che maggiori e di più grave entità sono quelli procurati dall’attività portuale e in special modo quella inerente alla movimentazione delle merci da/per il porto.
    Qui il discorso è complicato, e si andrebbe troppo per le lunghe.
    Basta dire che l’attuale ubicazione dello scalo salernitano, prescelta già nel trecento, poteva andar bene fino a circa un secolo fa. In quei decenni si cominciò a parlare di una delocalizzazione verso sud e forse le condizioni favorevoli ci sarebbero anche state. Non se ne fece nulla.
    Immaginare ora una simile impresa sarebbe una pura follia.

    Spostare il punto di vista all’Embarcadero dà chiaramente una diversa visione rispetto a Santa Teresa e lascia vedere comunque una buona parte della costiera. Ma di punti di osservazione se ne possono scegliere tanti. Per esempio uno alle spalle del palazzo ex INAIL a via S. Pertini. Non vedi il mare, non vedi la costiera, non vedi la Capitaneria di Porto, non vedi le gru, e … non vedi neppure il Crescent.

  • Ma quali colpi di sciabola, si parla per parlare, puoi smettere quando vuoi.

    L’interesse generale è il seguente: ci sono 1 milione di abitanti che stanno tutti più o meno attorno alla “vecchia” stazione e ovviamente vogliono prendere il treno da lì, altrimenti, perdendo il tempo che ci vuole (chessò) per andare da Bagnoli o Posillipo o Vomero dove vuoi tu ad Afragola, vanificano il senso stesso della AV (cioè, per andare a Roma, invece di metterci meno di un’ora, ci metti un’ora e mezza e oltre, perché devi sommare il traffico o la fatiscenza dei mezzi che trovi prima di prendere l’AV). Spostando una stazione in campagna non stai facendo l’interesse di questo milione di persone, che E’ l’interesse generale di quella determinata area. Io, se mi mettessero la stazione di Salerno a Battipaglia me ne fregherei altamente di un “interesse generale” astratto e protesterei. Tra l’altro, non capisco (in caso di spostamento forzato) dove andrebbe a finire tutto ciò che è stato fatto recentemente sotto la piazza, la galleria commerciale, ecc.ecc. Onestamente, non ce lo vedo uno di questi napos andare a comprarsi il quaderno da Tiger ad Afragola partendo dal Vomero.

    La stazione di Bologna è stramaledetta dai bolognesi stessi, quella di Firenze è praticamente non pervenuta. Capisco la ratio di alcune scelte, ma le scelte, prima di essere calate dall’alto per ragioni puramente teoriche, devono essere calate nella realtà ed avere un senso anche per le persone che quelle scelte poi le subiscono. Altrimenti si costruiscono servizi contro i cittadini.

    Il posto in cui è stato eretto quell’affare lì è molto più centrale e di pregio di quello in cui è stato eretto l’altro affare (fra l’altro accanto all’Irno, che non è proprio il Danubio blu, diciamo). Inoltre, dicevo, è in linea con gli altri palazzi, non si sporge verso il mare. Impatta di meno e non copre niente di particolare. Non ti posso dire che mi piaccia granché, ma è più accettabile.

    (ué, ma io sto con la fidanzata -mille anni fa- per vedere la costiera devo andare dietro l’INAIL? Ammazza, romanticissimo) 🙂

  • Meglio evitare un linguaggio figurato, senza alcun riferimento ad armi proprie o improprie, anche se a volte le parole possono essere più acuminate e pungere con maggiore efficacia.
    Avevo citato Afragola per esemplificare quale poteva essere una Stazione a collocazione periferica, nei confronti di quella di Salerno additata anch’essa come situata in un’area decentrata, cioé periferica. Ora siamo arrivati a discutere delle preferenze di un milione di napoletani in termini di spostamenti su rotaia. Non c’è dubbio che se binari dell’alta velocità arrivassero fin nei cortili delle case di detti milioni di cittadini partenopei, nessuno potrebbe dire di ledere i loro interessi. Chiaramente è una ipotesi assurda ma aiuta a capire che l’alta velocità non è una faccenda da gestire in sede locale. Le relative reti sono inserite in un più vasto sistema a dimensione europea e quindi devono rispondere ad una logica operativa, dimensionale e gestionale, tale da garantirne la richiesta omologazione e la giusta conformità agli standard.
    Poi che l’attuale Stazione di Bologna e quella a venire di Firenze non sembrano il non plus ultra è una questione che i responsabili dovranno risolvere. Ciò non toglie che il trend è quello di sostituire la non idoneità delle vecchie stazioni ai nuovi bisogni con nuove strutture create ad hoc.
    Sembra strano che si debba continuare a mettere a confronto il GHS con il dirimpettaio opposto ad occidente. Di questo si devono elencare tutte le brutture possibili, mentre l’altro gode di attenuanti e giustificazioni.
    Il discorso del panorama rubato ha una sua relatività. Anche quando si costruirono i palazzi, attualmente prospicienti il lungomare, molti si rammaricarino perchè si videro privati della visione di un invidiabile panorama. Poi ci si abituò e ora nessuno ci pensa più.
    Può verificarsi qualcosa di analogo, che risponde alla logica evolutiva degli sviluppi urbanistici delle città.
    Lungi da me costringere i fidanzati a … non vedere la costiera posizionandosi dietro all’ ex INAIL. Possono benissimo recarsi sulla strada per Vietri (anche se il sottostante porto guasterebbe l’atmosfera), oppure, meglio ancora, raggiungendo il castello di Arechi.
    Era solo un esempio per dire che sono tante i posti e gli edifici che privano di quella beata visione e attribuire questa pecca sempre e solo al Crescent è diventata una costante che spessosupera i limiti dell’obbiettività.

  • Non intendevo pungere chicchessia, non intenzionalmente, almeno.

    Per quanto riguarda la periferia e la stazione di Salerno, io ho detto, fin dall’inizio della discussione, che tanto tempo fa essa rappresentava il limite est della città. Non ho detto che oggi è periferia. Tuttavia, al contrario di una città come Roma o Milano o Bologna, dove il centro corrisponde quasi con il centro ‘geometrico’ della città, a Salerno, per via della sua conformazione, il centro è stato sempre sostanzialmente a ovest: tutto ciò che è stato costruito dopo, Torrione, Pastena, Mercatello, Arbostella, ecc. si è progressivamente allontanato da questo centro.

    I distinguo non sono pelosi: la fascia costiera del lungomare è stata sempre più pregiata di quella dopo piazza della concordia. Non è un caso che vi si trovino una miriade di case popolari per un bel tratto. La desolazione dell’area del vecchio ostello, le piscine, i ponti sul fiume, fanno in modo che l’albergo agisca da riqualificatore dell’area, mentre, come detto più volte, dall’altro lato, secondo la mia modesta opinione è avvenuta una forzatura. Poi, che ci si possa abituare…

    Non concordo sul fatto che il paesaggio sia relativo: le tante giunte salernitane, fin da Giordano e passando per De Luca, si sono trovate ad operare su madornali errori urbanistici e paesaggistici creati dalle amministrazioni precedenti. Certo, uno si abitua anche a paesaggi orribili, ma anche studiare il modo di non crearne di ulteriori sarebbe auspicabile. O no?

    Poi, non è che arriva il grande architetto e per forza fa una cosa gradevole e attinente con il contesto: i famosi ‘palazzoni’ di cui parlavi per quanto riguarda i dintorni della stazione di Napoli sono stati progettati da Kenzo Tange, Renzo Piano, Pagliara, Pica Ciamarra e vari altri, ma credo sia il quartiere più criticato della città, preceduto solo da quelli direttamente malfamati.

    Su Afragola, l’unica cosa certa che posso dirti è che si tratta di un hub intermodale il cui scopo non è quello di sostituire la stazione centrale, con la quale si integra. Mi dice un amico di Casoria che raggiungerla è attualmente un problema anche per quelli che ci abitano vicino. Diciamo che c’è ancora molto lavoro da fare.

  • Ma la puntura delle parole assimilata a quella di un fioretto era solo in senso figurato; ogni riferimento alla realtà era puramente casuale, come nei titoli di coda dei film.

    Salerno non è l’unica a non possedere un centro geometrico ben individuato come città (Roma, Milano, Bologna) che hanno uno sviluppo territoriale quasi circolare.
    Vedasi Genova più grande di Salerno, ma ugualmente con una estensione, diciamo lineare, lungo la linea di costa. Ebbene Genova possiede due Stazioni ferroviarie, Principe e Brignole. I genovesi spesso si pongono il dubbio se recarsi a prendere il treno all’una o all’altra Stazione, ma mai direbbero che devono recarsi in periferia per tale incombenza.

    Non ho nessuna particolare necessità di difendere la peculiarità della Stazione Centrale di Salerno (guarda un po’, si sono permessi di chiamarla centrale quando invece era solo … periferica!!)
    Eppure se tutto parte dalla linea di demarcazione rappresentata dalla Via dei due Principati, allora nulla osta per l’ex Palazzo di Giustizia. Lo hanno trasferito altrove in periferia a conferma che quella era la sua giusta collocazione.
    Che dire invece della Scuola Giacinto Vicinanza, frequentata da molti ragazzi della Salerno bene?
    I genitori sarebbero costernati nell’apprendere di avere iscritto i loro figlioli in una scuola di periferia, con tutti i mali che essa comporta.
    Ma poi sarebbe frustrante anche andare in periferia per gestire una pratica presso la sede locale dell’ENEL oppure per avere contatti con l’ACI o con l’Assicuratrice SARA.
    E infine la piazza Vittorio Veneto. Al centro una importante statua commemorativa, sul lato orientale la Chiesa dei Cappuccini, poi un grande Albergo e a nord la Stazione ferroviaria.
    Davvero una bella periferia, che però da sempre io non ricordo tale e neanche andando nel racconto degli anziani.

    Un errore concettuale che non può essere perdonato ad amministratori e gente comune consiste nell’aver considerato – e purtroppo inevitabilmente ancora oggi permane – aver considerato, dicevo, la fascia costiera del lungomare “sempre più pregiata di quella dopo piazza della concordia”. Una discriminazione che ho consentito di abbrutire tutto il litorale fino a Mercatello con palazzine, palazzotti e altri scempi architettonici, laddove si doveva creare una naturale continuazione del lungomare cittadino, al limite ispirandosi, fatte le dovute proporzioni, ai fronti a mare delle località della Costa Azzurra.
    Invece, si è aggiunto orrore a orrore. Sul retro sono sorti in ordine sparso edifici di ogni genere, inframmezzati da dedali di strade. Se ci si entra, occorre un filo di Arianna per uscirne.

    Non conosco da vicino le torri costruite a Napoli per il Centro Direzionale.
    Non escludo che ci sia una parte di cittadini napoletani che continuano a manifestare il proprio dissenso nei loro confronti. Non mi meraviglierei se, con rispetto parlando, il focolaio delle critiche nascesse a Forcella o nei Quartieri Spagnoli o similari.
    Certo. I grattacieli bisogna ben farli. A me piacciono quelli di New York o quelli delle moderne città degli Emirati Arabi o dell’Estremo Oriente.
    Qualche perplessità, per non dire altro, provo nei confronti di quelle “malinconiche” torri erette nei pressi dello stadio Arechi.
    Altra zona affidata all’estro del caso e di chi arriva prima!!

  • Io non ho mai detto che i salernitani dicono di doversi recare in periferia quando vanno alla stazione, che per quanto mi riguarda sta bene dove sta.

    Anche la questione della periferia in sé, credo di averla spiegata, ovviamente dal mio punto di vista, a sufficienza: mi pare evidente che non hai compreso, certamente per limiti miei, il concetto di ‘periferia nella storia’, specie quando parli degli spostamenti di edifici in aree che sono attualmente più centrali e non certo desolate come un tempo. Ma non importa.

    Sono d’accordo sulla seconda parte del tuo intervento.

    Ti auguro un buon Ferragosto. 🙂

  • Mi sono dimenticato di rispondere ad una cosa: no, le critiche all’area del centro direzionale (ci ho lavorato parecchio tempo) sono unanimi. Se si eccettuano un paio di siti specialistici di architetti e ingegneri connotati da un certo livello di fanatismo, anche online troverai complessivamente gli stessi pareri. Ma non è una novità, eh. Piuttosto, alla mancata contestualizzazione dell’opera nel paesaggio, è seguito un declino inarrestabile. Poi, sono dell’idea che la provenienza di una persona non determini la qualità della critica, mica tutti i quartieri ospitano lo stesso tipo di persona con lo stesso bagaglio culturale.

  • Intanto ricambio gli auguri per un Buon Ferragosto.
    Quanto alla periferia orientale di Salerno, io non ti ho mai attribuito l’affermazione per cui i salernitani direbbero o dicevano di recarsi in periferia qua no

  • Intanto ricambio gli auguri per un Buon Ferragosto.
    Quanto alla periferia orientale di Salerno, io non ti ho mai attribuito l’affermazione per cui i salernitani direbbero o dicevano di recarsi in periferia quando andavano a prendere il treno o s messa ai Cappuccini. Avevo invece contestato che il GHS fosse sorto su un sito periferico, perché questa collocazione avrebbe coinvolto anche altre strutture. Come appunto la Stazione Centrale. Il fatto rivestiva la sua importanza. Essendo periferico, gli si poteva perdonare la sua innegabile bruttura, l’essere praticamente separato dal mare solo da una strada a due carreggiate, l’aver dato il suo contributo a modificare il paesaggio coprendo parzialmente la collina Giovi. Non è la costiera amalfitana, ma costituisce una apprezzabile cornice di verde a monte della città. Anzi costituiva, perché il cemento è arrivato anche lassù.
    Le periferie che cambiano connotazione e si nobilitano in funzione dei fenomeni evolutivi delle città rappresentano un tema non solo di tipo urbanistico, ma anche sociologico. Possono esistere isole periferiche anche in agglomerati urbani meno decentrati.
    Non vorrei apparire sacrilego, ma se in un Centro Storico nobilitato da un Teatro Verdi, da una Prefettura e una Questura, da un Municipio monumentale, da una Capitaneria di Porto, ecc. risulta inglobaya anche una vasta area tenuta da anni in abbandono e degrado totali, allora quest’ultima non può non meritarsi l’appellativo di isola periferica nel cuore della città. Se il Crescent e l’antistante piazza hanno destato e destano tante perplessità – ma per fortuna c’è ancora libertà di opinione – hanno tuttavia il merito di avere comunque insediato in zona un’opera architettonica di valore, concepita da un artista di fama, avente come gemello un analogo edificio nella campagna inglese nei dintorni di Bath.
    Lì si gode la vista del verde dei prati, qui l’occhio può
    ammirare l’azzurro del mare

  • Grazie e ricambio Buon Ferragosto.
    Non mi pento di non conoscere da vicino il Centro Direzionale di Napoli, specie se le critiche vengono da estrazioni sociali variegate, comunque espressioni di una propria valenza.
    Non posso ovviamente esprimermi sul fanatismo più o meno accentuato di architetti e ingegneri. È un loro problema e comunque controllabile da parte dei committenti.

    Il tema delle periferie è nato a proposito del GHS e si è allargato fino a comprendere la Stazione Centrale. Sostengo che come questa non è mai stata *periferica* rispetto alla città, così non lo era la quasi dirimpettaia area di sedime dove è sorto il grande albergo. A meno che non si sia voluto creare un alibi, che ha permesso di costruire un palazzone quasi in riva al mare e che dà il suo contributo ad un parziale ricoprimento della collina di Giovi. Non è la costiera amalfitana, ma rappresenta – anzi rappresentava – una riposante cornice di ver99de.
    Ma il cemento, inesorabile, è arrivato anche lassù!!
    Analogo lasciapassare non viene riconosciuto all’altra estremità del lungomare.
    Periferie degradate possono esistere perfino nel cuore delle città, sia sotto l’aspetto urbanistico che umano e sociologico.
    Non credo che la vicinanza di Teatro Verdi, Municipio, Capitaneria di Porto, Questura e Prefettura, ecc. nobilitasse a tal punto l’area adiacente a Santa Teresa da farle perdere i connotati di *isola periferica urbana*.
    All’operazione Crescente e relativa piazza della libertà va attribuito quindi un merito innegabile, riconoscendo anche quale era la natura del sito di edificazione.
    Si tratta inoltre dell’ opera di un grande artista di fama internazionale (ma questo non è determinante). Esiste un Crescente gemello nella campagna inglese a sud della città termale di Bath.
    Lì la vista spazia sul verde dei prati, qui l’occhio osserva l’azzurro del mare o le grosse ondate quando è in burrasca.

  • Chiedo scusa per la duplicazione del mio intervento e di alcuni errori di ortografia.
    A volte computer, ipad e iphone prendono la mano.
    Ma credo che il contenuto sia chiaro.

  • Devo ammettere che non ricordavo che fosse possibile vedere la collina di Giovi da dove si trova il GHS: cioè, probabilmente si poteva, ma non ricordo esattamente quanto se ne vedesse dietro il cementificio e il resto (ponti, ecc.).

    Il Centro Storico cadde nel degrado sostanzialmente dopo il terremoto dell’80: molte case avevano subito danni, gran parte dei proprietari o chi ci abitava abbandonarono l’area per motivi di sicurezza, e nel giro di qualche anno divenne una zona mal frequentata. Ma, vedi, è stato transitorio: quella zona è a pieno titolo il centro, per niente periferico, della città.

    Viva la libertà di opinione, ma personalmente non penso che sia un’opera architettonica di grande valore (né questo, né il “gemello diverso” di Savona), esattamente come ti dicevo dell’area del centro direzionale: tante opere di grande valore di tanti artisti -di fama anche nettamente superiore a quella dell’artista di cui parliamo- e che hanno ottenuto? Un’opera quantomeno divisiva che non si integra con il resto. Ma anche in Costiera c’è un esempio del genere, probabilmente sono spariti i paesaggisti oppure non contano assolutamente niente o finiscono sotto un tritatutto di politica, interessi, ecc. a cui non possono opporsi.

    Una cosa è riqualificare il centro, altra cosa è riqualificare una periferia: a me quell’affare lì dopo Mercatello non avrebbe dato nessun problema.

    Comunque, IO personalmente sono contento che esistano persone a cui piace, sarebbe stato un disastro se non fosse piaciuto a nessuno proprio.

  • I miei ricordi invece mi portano a dire che il cementificio, rispetto alla collina di Giovi, non rappresentava una barriera che impedisse di vederla. Anzi, esisteva una funivia che partiva proprio dalla sommità della collina e che, con un andirivieni di carrelli, trasferiva i materiali per lo stabilimento. Bastava seguire il cavo per ritrovarsi in cima. Se poi ci si spostava, la visuale era ancora più ampia. Ma questa considerazione vale anche per la costiera amalfitana. La puoi vedere tutta o per niente a seconda del punto di osservazione in cui ti metti.
    Il Centro Storico? Intendiamo quello di Largo Campo, dei Barbuti, delle Fornelle? Ebbene ben prima del terremoto erano aree di degrado urbano, ecc. da cui tenersi alla larga. Ora hanno assunto un aspetto più accettabile, ma tanto ancora c’è da fare sia sotto il profilo del recupero edilizio che sotto quello degli insediamenti di attività commerciali in alternativa a quelli puramente abitativi.
    Bisogna quindi andare a quell’epoca anche per quando riguardava in senso lato la cosiddetta spiaggia di Santa Teresa. Intanto cosa era il porto: nè più nè meno una sorta di diga foranea che delimitava uno specchio d’acqua appena sufficiente all’ormeggio di navi di piccolo cabotaggio. Da esso partiva – che obbrobrio!! – un binario per trasporto merci che si allungava sul lungomare cittadino fino alla stazione. Con tutti i disagi che esso portava. Ultimamente è avvenuto anche un incidente mortale e la linea è stata soppressa.
    Al di qua del porto si estendeva la cosiccetta spiaggia, selvaggia e mal curata, e tuttavia già frequentata da volenterosi, chi per prendere il sole e chi addirittura per bagnarsi. Esistevano già la foce del Fusandola e gli scarichi di rigagnoli inquinanti che creavano situazioni poco piacevoli.
    Ma lì accanto si erano ammmassati nel tempo edifici fatiscenti e abbandonati, depositi disordinati di legnami e altri materiali, oggetti alla rinfusa appartenenti a ex cantieri. L’area era diventata in certe ore poco vivibile. Era in piccolo un tipico angiporto, quali quelli ben più noti di altre città portuali, tipo Marsiglia.
    Stando così le cose, sia ad occidente che a oriente, credo che si debba giudicare positivamente l’azione catartica esercitata rispettivamente da GHS e da Crescent, a cui non si può negare l’azione risanatrice compiuta nei confronti di aree da tempo non impiegate e abbandonate.
    Che poi ci siano dissensi su come ciò sia stato fatto, è un altro discorso. Così come lasciano perplessi certi accanimenti su tematiche oggetto di lunghe, approfondite e dibattute valutazioni compiute da magistratura inquirente e giudicante.
    Infine solo una annotazione che spero non risulti offensiva.
    Continuare ad usare quel’appellativo per quell’affare lì e ora auspicarne la collocazione oltre Mercatello, cioè al di là dei sacri confini dell’intoccabile fetta orientale del Centro Storico, evoca n senso di appartenenza che non dovrebbe trovare spazio quando si vive in una società democraticamente evoluta.

  • E’ vero che puoi vedere la Costiera da altri punti, ma il problema è proprio che dal punto da cui solitamente la vedevi, non si vede più, ti devi allontanare di parecchio per avere un effetto simile a quello precedente. OPPURE, cosa che non posso sapere, la megalomania locale ha già partorito l’idea di allargare verso il mare il Lungomare di altri 300 metri. In quel caso, il problema non si porrebbe proprio più, ma chiaramente a quel punto mi attendo un certo numero di avvoltoi che, per interesse, comincerà a dire che allora si può fare una nuova fila di palazzi, anche due, con uno straordinario viale alberato al centro, probabilmente “il più grande d’Europa”. 😉

    Il Centro Storico è molto più ampio di Largo Campo+Barbuti+Fornelle: il Centro Storico per me è più o meno da Piazza Portanova fino grossomodo a Via Monti da una parte e delimitato dall’area del Conservatorio nella parte alta. C’era sicuramente degrado prima, ma mai quanto ne venne dopo il terremoto: a Via Mercanti ci si passeggiava tranquillamente con i bambini negli anni Settanta, compravo giocattoli proprio all’inizio della strada e ci inoltravamo tranquillamente verso Pantaleone, il Duomo, via Tasso. Immancabile il gelato al limone nella villa comunale, che nemmeno era messa poi così male. Non avvertivo alcun tipo di insicurezza, c’erano negozi anche molto belli (es. gioiellerie, abiti), era una via “dello struscio”. Erano comunque anni bui, con gente che se le suonava di santa ragione per motivi politici (adesso per motivi di “movida”), ma questo in tutta Salerno, specie piazza Malta e zone limitrofe. Come città, al di là delle aree, fummo anche letteralmente invasi dalla droga, cosa che viene ricordata sempre malvolentieri, quindi diciamo che il degrado era un po’ generalizzato.

    Per quanto riguarda quell’affare lì, io ritengo che non ci sia stata alcuna azione catartica: come spiegato in altri precedenti interventi, se il problema era quello che tu spieghi così bene hanno sparato ad un moscerino con una bomba atomica: il moscerino è morto sicuramente, ma gli effetti collaterali portano facilmente a credere che era meglio tenersi il moscerino o evitare di sganciare la bomba e propendere per soluzioni differenti, certamente possibili e sicuramente scartate: non è che mi metto a deviare un torrente perché c’è il degrado, occupo un’area così ampia perché c’è il degrado, ecc. Queste sono cose che ci possiamo raccontare, possiamo pure fare finta di crederci, ma non sono molto verosimili, a mio sommesso avviso.

    Per il resto nessuna offesa, ma sono stato frainteso, certamente per colpa mia: volevo dire quanto segue. Tu vuoi costruire una città nuova? Vai a costruirla dove c’è necessità di una città nuova, negli spazi disponibili di cui si parla sempre, dove sono venuti su i grattacieli e dove si parla spesso di creare giardini grandissimi, boulevard alberati, ecc.ecc. La vecchia città, la aggiorni con discrezione e la manutieni. Invece, proprio perché in alcune aree è presente l’odiata componente del “pregio”, si procede con queste azioni che purtroppo trovano spazio in una società democraticamente evoluta (ci siamo sul fatto che, posizionato fuori Mercatello, questo edificio non avrebbe avuto il medesimo pregio e sarebbe stato meno attraente per l’acquirente?).

    (lo chiamo quell’affare lì per segnalare la distanza tra me e lui, spero che lui non si offenda) 😉

    (di norma non mi interesso a magistrature, italie nostre, chiancarelle, legambiente, ecc.ecc., non conosco nei dettagli tutte le vicende legali e non mi ci addentro)

  • Per amore della precisione, io ho solo fatto riferimento all’area di Santa Teresa e dintorni e al triangolo incentrato su vicolo della Fornelle, riconoscendoli come facenti parte indubbiamente del Centro Storico, ma con caratteristiche quanto meno anomale. Quasi un enclave, cioè, esistente come un intruso avulso dalla realtà circostante.
    Quindi, qualsiasi intervento che fosse stato mirato a modificarne i connotati, sarebbe risultato meno *divisivo* rispetto alla abissale divisione già in atto sul territorio per la loro stessa e sola presenza.
    In proposito si possono fare tutti i distinguo di questo mondo; il mio parere, soggettivo ma credo avallato anche da altri, è che sia avvenuto proprio questo con la costruzione del Crescent.
    E con onestà intellettuale dico lo stesso per quanto attiene l’area dell’ex cementificio.

    Non posso poi esimermi dal fare una piccola ma pertinente valutazione negativa su come dovrebbe essere la configurazione auspicata per il Centro Storico, e cioè più o meno da Piazza Portanova a grossomodo via Monti fino al Conservatorio nella parte alta dell’agglomerato urbano.
    Ma forse è giusto così, mi si permetta una licenza un po’ azzardata.
    Dal Corso, non più salotto buono della città, è sparito il cinema un tempo considerato il più elegante esistente nei dintorni; l’edificio che ospitava un altro cinema *pensile* è da tempo in una condizione vergognosa; la Banca d’Italia è ormai solo una succursale della BCE; i tanti negozi chic ai lati della strada possono benissimo abbassare le saracinesche, tanto ci sono le Cotoniere!!
    Sempre nei paraggi, accomunata da medesimo destino, la piazza nota come La Rotonda è scesa di rango da quando ospitava un grosso mercato ortofrutticolo e del pesce ad oggi che si limita a fare da palcoscenico alle annuali scenografie delle Luci d’Artista.

    Capita sovente che per circostanze varie si perda la possibilità di vedere, da consueti punti di osservazione, scorci di panorami o distese di prati e giardini o l’ansa tranquilla di un fiume o la riposante superficie di un lago. Non resta quindi, sia pure a malincuore, che spostarsi per continuare a godere delle pregresse vedute (ove possibile).
    Indubbiamente, non si può disconoscere che il Crescent non abbia creato una simile situazione.
    Ma, non per perdonarlo, anche la Scuola Barra ed il dirimpettaio palazzo ex INAIL hanno a suo tempo uno stato di fatto analogo. Restando in zona, non è da meno quell’edificio alto e strego, quasi una lama, che si erge all’inizio di via Porto di fronte alla sede del Genio Civile.
    Che dire poi delle case che sono state sovrastate dal Viadotto Gatto. Non solo devono sopportare i disagi per il transito dei tir, ma anche il contatto ravvicinato con massicci piloni dalle pareti non trasparenti.

    Indubbiamente il terremoto è risultato essere una impattante linea di demarcazione fra un prima e un dopo.
    È così ovunque e così sarà in avvenire, pur facendo i dovuti scongiuri.
    Parimenti, pensare al *prima* con ricordi nostalgici, per esempio come fosse via dei Mercanti e cosa offrisse, rientra in un simile clichè. Tuttavia, continuo a non vedere in ciò, e qui confesso la mia incapacità, il nesso con la *non periferia* di Santa Teresa e dintorni. E dire che al riguardo anche io potrei rievocare qualche significativo ricordo.
    Mi riferisco ai tempi ‘eroici’ di quando non esistevano in città piscine di acqua dolce. Gare di nuoto e partite di pallanuoto si disputavano in mare. Proprio al largo della spiaggia tanto menzionata era stato realizzato un campo di gara *double face* delimitato da palizzate in legna che su uno dei lati lunghi reggevano anche dei tavolati ad tribuna per gli spettatori. Si andava laggiù convinti di essere ben lungi dal centro.
    Ricordo puri un incidente concluso per fortuna senza gravi danni alle persone.
    Durante un derby molto combattuto di pallanuoto con una squadre di Napoli, il maggior afflusso di spettatori provocò il parziale cedimento della tribuna. Si finì tutti in acqua fra tronchi di legno galleggianti, per un bagno supplementare in aggiunta a quello comunque necessario per raggiungere la piscina. Per motivi di budjet ridotto, non era stata realizzata una passerella di collegamento con la terraferma.
    Spicchi *romantici* di avvenimenti inquadratimin cornici ambientali non.
    Rientra sicuramente in un cero modo di vedere, sicuramente non coincidente con il mio, quello di presentare in maniera paradossale e con iperbolici raffronti dimensionali il conflitto dall’esito scontato fra un moscerino e una bomba atomeca, facilmente identificabili sotto le mentite spoglie.
    Anche se si fosse evitato di ricorrere ad un ordigno così potente e quindi ricorrere a soluzioni differenti, nulla vieta di pensare che nel raffronto col moscerino non ci sarebbero realizzate sproporzioni dimensionali, magari di ordine parabolico anzichè iperboliche. Nè che la deviazione di un torrente (ritengo troppo impropriamente e pretestuosamente pompata) non sarebbe stata sostituita da un altro intervento non rientrante nei gusti di ambientalisti e dintorni.

    Mi accorgo dell’eccessiva lunghezza che i vari argomenti hanno dato a questo intervento.
    Ma ancora qualcosa devo aggiungere.
    Se osservo vecchie fotografie di Salerno, quando il mare lambiva l’attuale sede della Provincia e palazzi a latere, allora faccio tanto di cappello alla **megalomania** di quanti concepirono e realizzarono negli anni l’allargamento verso il mare di spazi di cui si va perdendo la conoscenza di un passato ‘acquatico’.
    Bei tempi quando le procedure erano più semplici e raramente si finiva in pasto alla Magistratura. Ma quest’ultimo è un tasto meglio da non toccare e lo lasciamo agli iniziati.

    Ultimo riferimento non poteva non mancare alle torri di Napoli.
    Non so perché mi è venuto di fare un parallelo con le Vele, sotto il profilo dei giudizi critici che ho avuto modo di conoscere. Come già detto, non sono mai stato in nessuno dei due complessi.
    L’aspetto artistico-architettonico è materia di esperti e specialisti. Eppure ho avuto a volte l’impressione che le Vele godessero di una sorta di assoluzione (se ne denunciava principalmente il degrado umano), mente la stroncatura a piè sospinto è quasi unanime del Centro Direzionale non ammette repliche nè ripensamenti.

  • Attenzione, a metà del quarto capoverso è riprodotta una frase incompleta. Leggasi:
    Spicchi *romantici* di avvenimenti inquadrati in cornici ambientali non definibili con analoghi appellativi.

  • Non rispondo sulla parte salernitana perché non siamo d’accordo quasi su niente e finirei per ripetermi: abbiamo due punti di vista sulla città e sulla sua evoluzione sostanzialmente opposti, con tutto quel che ne consegue. Ma va bene così, è il bello della democrazia e io non volevo convincerti di nulla, e credo anche viceversa.

    Per quanto riguarda le Vele, purtroppo ancora una volta ti sfugge che il progetto NON è centrale, mentre il centro direzionale si trova accanto alla stazione centrale.

    Dal centro direzionale in due passi sei nel centro di Napoli, dalle vele in 5 minuti di macchina sei a Giugliano.

    Il centro direzionale, posizionato dove si prevedeva di farlo in origine (zona Capodichino) non avrebbe attirato nemmeno la metà delle critiche che si attira dagli anni Ottanta.

    Se prendi una foto della città dall’alto appare assolutamente fuori contesto. E pensa che ne hanno realizzato solo un pezzo, che oltretutto faticano a manutenere, con le ovvie ricadute anche sociali che puoi ben immaginare.

  • Far passare il degrado che c’era per una cosa ai livelli di una bidonville sudamericana è una mossa comunicativa che ha funzionato benissimo. Però poi ci si scontra con la realtà e una delle cose più comiche è che sul sito ufficiale del comune comparvero a giustificazione dell’internvento foto anche di 15 anni prima… In più, altra cosa assai comica: in un contesto di degrado profondo… il comune nel 1998 ci attrezzò l’arena del mare… me lo ricordo perché mi trascinarono a un concerto di un gruppo rock indigesto che si chiamava CSI, CPI, non ricordo più bene.

    Mi accodo alle ragioni di quello del moscerino, non c’erano sicuramente 30.000 metri quadrati di munnezza, iamm bell, questa è pubblicità regresso, la zona era un po’ messa male, ma come tutte le zone retroportuali del mondo, anzi, anche assai meno, c’era un silenzio assurdo a tutte le ore.

  • Se avessi tentato di convincere i miei interlocutori per portarli ad essere solo ed esclusivamente in linea con le mie idee e con le informazioni in mio possesso, avrei dovuto vergognarmi per quel mio atteggiamento da pensatore estremista e oltranzista.
    Per fortuna, non sono tale e spero altresì di non essere risucchiato da certi giri dove la democrazia rischia di perdere colpi e di cadere in un abisso dal difficile ritorno.
    Neanche a me piace recedere da quanto mi è stato inculcato per effetto di esperienze dirette, di conoscenze varie e da anni di studio. Eppure non disdegno affatto gli stimoli forniti dalle opinioni o dai suggerimenti altrui. Diversamente mi verrebbe il sospetto di essere in procinto di imboccare una china pericolosa sotto il profilo della comunicazione interpersonale.

    Sul capitolo Napoli, Centro Direzionale, Vele ho possibilitrà di propormi solo per sentito dire e non per conoscenze dirette. In verità, a differenza di altre città meglio conosciute, Napoli si limita per me ad essere solo meta di luoghi turistici e neanche di tutti vista l’invidiabile ricchezza di cui la città è dotata.
    E ciò malgrado la breve distanza che separa Salerno dalla città partenopea.
    Quali allora le ragioni, oltre a quella legata agli impedimenti connessi ai tipi di attività lavorative svolte?? Forse anche una ragione inconscia, dovuta alla stizza provata quando un tempo (e non so se ancora adesso) sentivi dire da alcuni napoletani – anche di nobile censo – che Salerno altro non era che una provincia di Napoli, quasi che questa fosse ancora la capitale del vecchio Regno delle due Sicilie.
    Strano il destino di questa parola: può essere abbinata a quartieri entro o fuori determinate linee di demarcazioni, oppure essere indicativa solo di uno stato incorporeo, oppure essere usata per un intento di *diminutio* in un confronto fra località, anche se quella che dovrebbe avere un ruolo ancillare ha un ruolo di tutto rispetto dal punto di vista sociale e culturale.

    Detto questo, anche un non napoletano immagina che Scampia non si trova alle spalle di piazza Municipio. Ergo, posizionate le Vele da quelle parti, è superfluo criricare chi critica quei mostri di cemento. Tanto, sono solo a pochi chilometri da Giugliano!!
    Viceversa se alle torri del Centro Direzionale fosse stata data una collocazione meno a ridosso dal centro, non avrebbero avuto un coro di critiche generalizzate. Ma forse si può dire che ci sarebbe scappato il plauso per qualcuno di quegli architetti di fama che vi hanno lavorato??
    Mi sembra un modo alquanto singolare di guardare certe realizzazioni.

    Sento di dover intervenire anche nei confronti di Franco.
    Intanto le bidonville sudamericane sono vaste aree di un indicibile degrado e dolore umano situate ai margini di metropoli dalla superficie superiore a decine di volte quella di Salerno. Quindi il paragone dell’ex Santa Teresa con quelle realtà rappresenta una forzatura.
    Non so quali qocumenti e riproduzioni fotografiche abbia esposto il Comune per giustificarvi la collocazione di una manifestazione canora. Ci sarà stata una parziale ripulitura straordinaria, ma poi tutto è ripiombato nell’inqualificabile.
    Io mi baso su ricordi personali e, a differenza di altri così ottimisti delle situazioni pregresse, non trovo affatto idilliaci quei luoghi come sii erano via via configurati. Nemmeno la costruzione di un pretenzioso Hotel Jolly era riuscita ad imporre una auspicabile metamorfosi al un luogo che poteva anche qualificarsi come un retroporto, ma era più logico che si interfacciasse con il lungomare cioè con la città-città, assumendone vestigia e conformazione.
    Quell’area nelle ore serali e notturne piombava, se ben ricordo, in un *assurdo* ma non ingenuo silenzio. Forse perché l’umanità che vi si avvicinava e si avventurava in quei *meandri* per incontri di “terzo tipo” aveva ogni interesse alla massima copertura.
    Una bomba atomica (un eccessivo Crescent è relativa piazza) hanno prepotentemente schiacciato un moscerino (ex spiaggia e spazi circostanti).
    Sia pure!
    Ora può anche essere considerato un tentativo di giustificazione. Ma se per schiacciare quello stesso moscerino si fossero impiegati dei missili intercontinentali (centri residenziali, aree di aggregazione sociale, impianti idonei al raggiungimento di finalità diverse tipo insediamenti per la grande distribuzione, ecc.), forse il risultato ai fini della mutata morfologia del territorio sarebbe cambiato??
    Senza dire che anche ciascun missile intercontinentale avrebbe presumibilmente portato la firma di un luminare dell’architerrura nazionale e internazionale, come avvenuto per il già citato Centro Direzionale di Napoli.
    Saremmo allora stati anche noi invidiosi delle critiche che tuttora smontano le loro opere e avremmo anche noi preteso che prima critici qualificati e poi la generaltà delle persone bocciasse inesorabilmente i crateri formati dalla caduta di quei missili?

  • Dunque, come prima cosa le opere devono integrarsi con il contesto: se l’architetto (assieme alla politica) non è capace di far integrare le opere nel contesto, ne nascono situazioni come quella del centro direzionale, che appare decisamente fuori contesto. Perché, tu implicitamente mi chiedi, in periferia sarebbe andato bene? Perché in periferia magari era più facilmente collocabile in ragione del fatto che in periferia era assai più facile inserirlo nel contesto, o perché in periferia non c’era niente o perché c’era poco o perché la periferia poteva essere rivalutata dall’opera. E infatti, paradossalmente, la storia delle vele è proprio la storia di un’opera che nasce con il proposito fallito di riqualificare l’area, attraverso un lavoro di architettura non banale (se cerchi, anche su Wikipedia, troverai la motivazioni ad una serie di scelte tecniche che avrebbero dovuto portare alla creazione di una comunità simile a quella del centro, non al ghetto che poi è diventato, naturalmente per ragioni che vanno oltre l’architettura in sé).

  • No “per giustificare la manifestazione canora”, per giustificare l’edificazione del grande condominio al posto del degrato… ci siamo capiti un pochino male… Poi ci potevano fare pure un parco in continuità con la villa comunale, e poi c’erano comunque altri quasi 100 progetti, chi ha scelto questo, con che criterio, boh. Sopra ai risposto che c’erano altri megalomani che hanno fatto il lungomare, ma il lungomare era per tutti e poi per farlo hanno usato i lapilli del vesuvio piovuti sulle case, abbattendo i costi dei materiali per merito del consigliere Menna. Qua tutti questi effetti speciali per che cosa, non si saprà mai, ciao vado a lavorare

  • Pur avendo solo conoscenze a latere, ma forse proprio per. Questo, non ho remore a riconoscere che uno dei canoni fondamentali, anche se non l’unico, dell’architettura in senso lato è rappresentato dal modo in cui viene calata nel contesto e si interfaccia con esso.
    Eppure, neanche taleprincipio può diventare un assioma la cui inosservanza farebbe relegare in un limbo i trasgressori. Questi infatti difficilmente riuscirebbero ad uscirne, perché impediti da una canea urlante di critici, ognuno pronto a dire la sua e a dimostrare a bontà di altre soluzioni.
    La norma sarebbe quindi quella di incastonare sempre una perla che non *rompa* con la sua madreperla?
    E invece può anche verificarsi il contrario e non si esclude che la perla possa nobilitare l’habitat in cui, incautamente secondo alcuni, sarebbe stata inserita.
    In relazione a tanto, ci si può trovare di fronte a diverse situazioni:

    1) L’inserimento della nuova opera nel contesto è realmente stridente che prevalgono le ragioni del no e ne viene decretato l’abbattimento. Vedasi il Fuenti.

    2) L’opera, a volte anche a valenza urbanistica con estensione su territori isolati o dismessi, si impone dando una nuova impronta a quei territori stessi,altrimenti condannati all’oblio o a un anonimo degrado. Cito Brasilia, la moderna capitale federale del Brasile, costruita con palese scetticismo ad oltre 1000 chilometri dal mare, ma ora additata come esempio vissuto di città razionalmente organizzata e funzionale, oltre che bella a vedersi. Ma anche i dismessi docks alla foce del Tamigi a Londra hanno subito negli anni continui interventi di restyling che li hanno completamente reinseriti nel tessuto urbano. Al punto da diventare un forte richiamo turistico, che ha visto il picco in occasione delle ultime Olimpiadi svoltesi nella capitale inglese. E ricordo anche “La Defense” parigina di cui a suo tempo ebbi il privilegio di vedere la posa in opera delle prime componenti. Si tratta di un moderno complesso di edifici che si impongono per la modernità delle forme. Sono adibiti massimamente ad attività finanziarie e di tipo economico e commerciale. Era un’area periferica negletta, ora non ha nulla da invidiare a Torre Eiffel o a Campi Elisi. Ma anche Roma può offrire un suo contributo per questa carrellata. L’esempio da menzionare è il quartiere EUR, moderno rispetto alla storia millenaria della città. Anche per motivi non attinenti al mondo dell’architettura, per molti anni è stato tenuto nell’olio o trascurato perchè insignificante. Poi una certa critica influente è rinsavita e ne ha rivalutati i meriti. Ora vive di luce propria, non è più negletto nè qualcosa di avulso dalla città ed è nuovamente oggetto di studio e di unanimi apprezzamenti, oltre che essere rimasto un insediamento urbano per usi diversi.

    3) Resta ancora il capitolo delle cosiddette cattedrali nel deserto ma non in senso dispregiativo. Riguarda quelle opere architettoniche che, isolate in contesti poco consoni al proprio rango, restano incuranti di questa situazione non ideale e continuano a risplendere per il loro intrinseco valore. Restando in casa nostra, un primo esempio è dato dalla Chiesa della Sacra Famiglia di Paolo Portoghesi a Fratte. Ma poi ancora Roma con due opere dell’architetto americano Richard Meier, il nuovo Museo per l’Ara Pacis e la Chiesa del Padre Misericorioso a Tor Tre Teste. Due esempi di opere moderne, il primo quasi “paracadutato” ai lati di una piazza dal nome significativo di Augusto Imperatore e la seconda fatta erigere in un delle tante borgate alla periferia di Roma. Ma anche il monumento al Milite Ignoto, costruito a suo tempo previo abbattimento di edifici preesistenti, sembra una stonatura e forse lo è. Tuttavia più nessuno si sogna di chiederne la demolizione o lo spostamento per incompatibilità con il contesto. Infine non posso non citare i templi di Paestum. Certamente la situazione iniziale era diversa dall’attuale. Poi lo scorrere del tempo ha portato quei capolavori dell’architettura ellenica all’isolamento fra terreni acquitrinosi e insalubri. Bonifiche successive hanno reso i luoghi accessibili e frequentabili. Così il contesto ne é uscito agevolato e migliorato e nel contempo nessun ritorno negativo si è riversato sulla percepita validità dei templi.

    4) E ora solo un ultimo caso, quello in cui l’influenza fra le parti si esercita in maniera inversa. Vi inserirei il Centro Direzionale di Napoli e la Vele di Scampia. C’è forse qualcuno in grado di approfondire le ragioni, molteplici certo e complesse, del perchè di un clamoroso fallimento? Il fatto è, da quel poco che mi sembra di capire, che un contorno notoriamente di difficile gestione, specie a Scampia, doveva essere con questi interventi oggetto di un profondo risanamento e invece ha mantenuto la sua inossidabile identità, trasmettendola anche a chi ha inteso introdursi con altri intenti.

    Torno al tema della metafora del moscerino. Forse dovevo dare ad essa una più esplicita formulazione onde evitare le perplessità manifestate da Franco.
    Io volevo significare che anche le conseguenze della caduta di missili balistici sul moscerino non sarebbero state, ai fini dell’accoglienza di spettatori esterni, diverse da quelle provocate da una bomba atomica. E non esito a dire che questo sarebbe avvenuto anche se il colpo sferrato fosse stato rappresentato da un parco in continuità con la villa comunale o da uno degli altri quasi 100 progetti diversi da quello poi scelto.
    {per inciso, ma l’dea del parco in continuità con la villa comunale non balenò a nessuno quando fu edificato il palazzo ex INAIL, per il quale corre voce che ci siano state anche deviazioni alle norme edilizie?}
    Non credo che la piazza della libertà diventerà appannaggio di pochi eletti e tanto meno il porticato del Crescent. Questo addirittura già veniva frequentato da numerose comitive, prima della chiusura temporanea per lavori in corso. Nè più né meno quindi come il lungomare di libero accesso a tutti o il porticato sotto il palazzo Natella.
    Infine una … informazione che non avevo e che può servire a fornire una spiegazione quasi certa dei numerosi cedimenti del piano di calpestio sul lungomare, dai quali bisogna guardarsi, pena rovinose cadute durante una distensiva passeggiata:
    mi riferisco alla “tecnica costruttiva”, redditizia ed economica, di usare quale materiale di costruzione le tonnellate di lapilli eruttatiy da Vesuvio nel 1944.
    Un plauso sincero a chi ebbe la costanza di conservare detto materiale a buon mercato per tutta la lunga durata dei lavori di posa in opera dei vari tratti di lungomare.

  • Non l’ho capita l’idea dell’area in continuità con la villa comunale: se non abbatti la scuola, “in continuità” non vuol dire niente (e c’è anche la strada in mezzo). Forse fare una seconda villa comunale? A Franco la domanda.

    Rispondo, invece, a questa:

    “La norma sarebbe quindi quella di incastonare sempre una perla che non *rompa* con la sua madreperla?”

    Puoi rompere, ma lo devi fare avendo cura che la rottura non abbia un impatto negativo sia nel contesto, sia nei fruitori. Puoi rompere “positivamente”, insomma: devi studiare -e per i milioni che ti danno puoi farlo- qualcosa che rompa anche, ma non stoni con il resto e non ferisca il paesaggio e le persone.

    E’ evidente che in molte opere realizzate in Campania negli ultimi 70 anni, il paesaggio è andato a farsi benedire e questo anche perché sono prevalse l’avidità dei privati e l’ignoranza delle pubbliche amministrazioni. Le “ribellioni” dei cittadini arrivano quasi sempre dopo: la politica induce uno stato di narcosi, con gesti e parole presenta/alimenta/sopravvaluta la grande idea del momento, fornisce ai narcotizzati delle ragioni apparentemente solide per la realizzazione dell’opera, i narcotizzati si convincono della bontà del progetto corrente e via. Dopo anni, troverai ancora gente che si risveglia e dice “non mi piace il centro direzionale”, ma l’opera è stata realizzata e mo te la tieni 😀

  • Le boutade di Franco – e non solo quella relativa alla ipotizzata continuità … discontinua e interrotta di un parco da realizzare attraverso edifici e strade trasparenti – hanno destato anche in me un certo numero di interrogativi. Spero fortemente che con un suo intervento chiarificatore possa diradare dubbi e incertezze nate dopo la lettura del suo scritto.

    Circa l’impatto, positivo o negativo, dato sul contesto dall’inserimento di un’opera di architettura o quant’altro, ho cercato di elencare in un breve catalogo le quattro categorie più significative:
    a) opera decisamente in netto contrasto con l’ambiente circostante. Decisione: ABBATTIMENTO.
    Esempio Fuenti;
    b) opera che si impone sulla morfologia del territorio, dando ad esso una connotazione nuova.
    Esempi: Brasilia; gli ex docks del porto di Londra; La Defense di Parigi; l’EUR a Roma;
    c) opera architettonica che, benché isolata in un contesto inadatto, non cessa di risplendere per
    il suo intrinseco valore. Esempi: Chiesa della Sacra Famiglia a Fratte; Museo dell’Ara Pacis e
    Chiesa del Padre Misericordioso a Roma; Monumento del Milite Ignoto a Roma; Templi di Paestum;
    d) opera che, pur in possesso di una sua precipua validità, viene … fagocitata dal contesto e quasi
    livellata con il preesistente, che invece di subire una crescita si arricchisce solo di una nuova
    cellula di pari degrado. Esempi: l’area con le torri del Centro Direzionale di Napoli; le cosiddette
    Vele di Scampia.

    Ci sarebbe una quinta categoria non inquadrabile esattamente in quelle sopra descritte. O meglio, potrebbe rientrare fra quelle illustrate nella categoria b) ma ne viene impedita in quanto il progetto di rinnovamento sul territorio per le nuove opere introdotte crea controversie e scontri di opinioni, da cui difficilmente si riesce ad auguire se c’è stato un miglioramento o un peggioramento rispetto allo status quo ante.
    Riesce difficile non riconoscere in questa classificazione il Crescent con relativa piazza e, in misura minore, il Grand Hotel Salerno.
    Mi riferisco solo al primo caso. Esso è emblematico di come una ininterrotta sequenza di azioni dimostrative intese ad impedirne la costruzione siano servite a creare un clima di scontri arrivati fin nelle aule dei tribunali, dove l’opera è stata vivisezionate in tutte le sue componenti, nonchè sotto gli aspetti paesaggistici, ambientalistici e di compatibilità estetica col territori. Il responso dato da quelle aule mi risulta sia stato di non luogo a procedere. Credo allora che nessuno abbia da ridire di fronte all’ipotesi che delle proteste, tenute in piedi durante gli anni di costruzione della mezzaluna di Bofil, molta parte fosse dovuta a forme di risentimento verso controparti non tanto per l’opera in quanto tale ma per motivazioni attinenti alla vita politica. E questo quindi spiega tante cose!!
    Tale ultimo aspetto è quasi sempre presente e preponderante.
    Ecco il motivo che rende difficile l’attribuzione di tante opere alla sopracitata quinta categoria. E qui si va anche nel campo di quelle civili o ad uso industriale che raramente sfuggono alla tagliola del retroterra politico, incapace di assumere determinate decisioni sganciandosi dalla *logica* del suo modo di pensare e di agire.
    L’effetto narcotizzante che sarebbe indotto da una certa politica su cittadini incapaci di reagire può essere determinante fino ad un certo punto. La odierna mole di informazioni che si riversa sulle masse consente di formarsi opinioni e accumulare dati conoscitivi in grado di far sapere quale è il tutto e il contrario di tutto.
    Soprattutto può diventare pericoloso un certo grado di acquiescenza, come quello che sembra circondi le torri di Napoli: il Centro é stato realizzato “non ci piace ma teniamocelo così”.

  • Non intendevo calcare oltre sul Crescent, sia per rispetto della tua opinione, sia per non apparire come uno che intende fare campagna elettorale contro l’ex-sindaco.

    Solo una parola sull’acquiescenza finale: se non puoi abbattere, come nei casi di Fuenti e Punta Perotti, in fondo passi alla rassegnazione.

    Ah: è vero che le persone hanno tutti gli strumenti per capire, ecc., ma è proprio nei casi in cui si decidono a capire che nascono poi processi, denunce, ecc. In molti altri casi la gente è presa dalle proprie cose, è vittima del proprio analfabetismo e si lascia trasportare facilmente dal marketing. Alla fine dice che non le piace il presepe, come nella famosa commedia di Eduardo. 🙂

  • Merita un sincero plauso chi, nel corso di uno scambio di vedute con interlocutori, ognuno portatore di idee e punti di vista propri, si dichiara rispettoso degli altrui argomenti, pur senza ribadire la piena validità dei propri.
    Tuttavia appare meno convincente l’affermazione secondo cui un simile comportamento servirebbe anche a salvaguardare chi lo compie da possibili, e forse compromettenti, interpretazioni del gesto in chiave politica.
    Uno dei problemi, infatti, che affligge il popolo italiano la capillare intrusione della politica in ogni minimo settore, con tutti gli inevitabili condizionamenti che ne conseguono.

    Ho trovato molto interessante il riferimento alla inimitabile commedia di Edoardo De Filippo. Il figlio, abulico e quasi compiaciuto di essere mantenuto dai genitori, non dà alcun segno di apprezzamento nei confronti del devoto e ingenuo impegno con cui il padre si accinge a costruire il presepe. Anzi, è proprio,verso quest’ultimo che si manifesta il più palese dissenso del figlio verso il padre, con l’esclamazione a più riprese del famoso refrain, divenuto ormai un classico delle citazioni ricavate dal teatro classicoe dialettale.
    Anche la gente può finire per dire che quell’affare li (in senso generico e non riferito al tanto discusso emiclico) non gli piace e ripeterlo più volte per ribadire il concetto. Ma se è un giudizio dato per stanchezza, forse più per sentito dire che per reale convincimento, accompagnato da una rassegnata acquiescenza di un qualcosa che più brutta di così non si poteva fare, allora esso può anche essere espressione di una maggioranza e quindi democraticamente ineccepibile, ma non ha un valore assoluto, perché il potere delle masse, è risaputo, non è in assoluto infallibile.

    Meglio infine non insistere nel chiedere a Franco delucidazioni su progetti, lapilli, aree verdi in continuità. Aveva concluso che andava a lavorare. Forse ha ragione a voler dare la precedenza alle sue più redditizie attività lavorative.

  • Anche io aspettavo Franco, ma forse lavora più di me 🙂 Un caro saluto

  • Certamente il suo impegno lavorativo è superiore al mio.
    Ho smesso da un po’ di, … come dire, timbrare il cartellino!!
    Mi auguro comunque che Franco non abbia responsabilità nel settore che sovraintende alle trasformazioni urbane. Non conosco i progetti proposti come possibili alternative al Crescent. Ma sono abbastanza perplesso nel pensare che potessero ricalcare una tipologia realizzativa simile a quella suggerita con l’ormai famoso “parco in continuità”.
    Mi viene anche da dire come, inevitabilmente e quasi sempre, le proposte che si fanno in contrapposizione a quelle cosiddette canoniche sono caratterizzate da approssimazione o da carenza di conoscenze di tutti i vincoli esistenti, nè hanno una carica esauriente per risolvere problematiche anche complesse che accompagnano la realizzazione di certe opere.
    Ricambio i saluti per, forse, risentirci.

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