Variante Delta, mutazione aumenta la sua diffusione: perché è più infettiva

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La variante Delta del Covid-19 mette gli scienziati in allarme: ha una capacità infettiva molto elevata, che la rende pericolosa.

Gli studiosi hanno dunque effettuato diversi studi per determinare quali siano le cause di questa sua caratteristica. Un articolo di Nature ha fatto il punto su una serie di studi sugli aminoacidi che contribuiscono a svelare alcuni aspetti di questa maggiore capacità infettiva

La variante “ex indiana” del coronavirus Sars-CoV-2 è ormai la più diffusa anche in Italia: solo il 6,6% dei casi sono importati, il restante 93,4% nasce sul territorio nazionale. La sua capacità di trasmissione è compresa tra il 40% e il 60%

I suoi primi sintomi sono tosse, raffreddore, mal di testa e mal di gola, febbre, dolori muscolari, diarrea, stanchezza e spossatezza. La Delta avrebbe una possibilità di diffondersi maggiore rispetto agli altri ceppi nella fase pre-sintomatica, ossia nei giorni immediatamente precedenti alla manifestazione dei primi sintomi

Gli studi pubblicati sulla rivista scientifica Nature riferiscono che le analisi fatte sulla variante del Covid-19 “evidenziano un cambiamento di aminoacidi presente in Delta che potrebbe contribuire” alla sua rapida diffusione. “La trasmissibilità sembra salire a un livello successivo. Pensavamo che Alfa fosse piuttosto cattiva, molto brava a diffondersi. Ma Delta sembra esserlo ancora di più”, ha detto Pei-Yong Shi, virologo presso l’Università del Texas Medical Branch a Galveston

Gli studiosi hanno concentrato i loro studi su “una mutazione che altera un singolo aminoacido nella proteina spike Sars-Cov-2, la molecola virale responsabile del riconoscimento e dell’invasione delle cellule. Questo cambiamento è noto come P681R. La presenza di questa breve sequenza di aminoacidi aveva allarmato gli scienziati già quando il Sars-CoV-2 era stato identificato per la prima volta in Cina. Prima di allora ”non era mai stato trovato nella famiglia di coronavirus a cui appartiene Sars-CoV-2″, spiegano gli esperti del team di Pei-Yong Shi

Si parla di un  meccanismo di “pre-attivazione” del virus, a causa del quale le particelle virali sarebbero in grado di infettare le cellule più velocemente. “La proteina spike viene tagliata in modo molto più efficiente nelle particelle con variante Delta che nelle particelle Alfa, facendo eco ai risultati riportati a maggio dalla virologa Wendy Barclay dell’Imperial College di Londra e dal suo team, che ha confrontato Delta con un ceppo precedente. Gli scienziati: “La mutazione potrebbe anche accelerare la diffusione di Sars-CoV-2 da cellula a cellula”

Si legge ancora su Nature: “Un team guidato da Kei Sato, un virologo dell’Università di Tokyo, ha scoperto che le proteine spike che portano il cambiamento P681R si fondono con le membrane plasmatiche delle cellule non infette quasi tre volte più velocemente delle proteine spike prive del cambiamento”

Alla base della capacità infettiva della variante Delta c’è più di una mutazione alla proteina spike. Secondo i ricercatori , sebbene le prove stiano dimostrando che il cambiamento di P681R è una caratteristica cruciale di Delta, è improbabile che sia l’unica mutazione responsabile della rapida diffusione della variante

In Uganda è stato riscontrata la mutazione di P681R in una variante che si è diffusa ampiamente nel Paese all’inizio dell’anno, ma che non si è mai diffusa come Delta, anche se le due hanno molte proprietà in comune. Questo potrebbe essere determinato dal contesto epidemiologico e generico in cui si è diffusa Delta. “Una delle “sorelle” di Delta, la variante Kappa identificata in India, pur con molte mutazioni, incluso P681R, non ha prodotto effetti così forti”. Nel nostro Paese, invece, è andata come stiamo vedendo oggi: la diffusione è massima

Da inizio luglio al 16 agosto l’82,4% dei tamponi sequenziati è risultato positivo alla variante Delta, mentre la variante Alfa è ferma all’8%. Se a luglio il virus nella nuova variante era pari all’86,8%, oggi il suo sequenziamento ha raggiunto il 96,2% tra l’1 e il 16 agosto. Secondo il settimo rapporto diffuso dall’Istituto superiore di Sanità, negli ultimi 45 giorni 7.576 casi Covid da variante Delta (93,4%) sono autoctoni contro 535 (6,6%) importati

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