Covid. Allarme dei medici internisti: 20 mila ricoverati, quasi lo tsunami del 2020

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Siamo oramai a quasi 20 mila ricoverati, ‘con’ o ‘per’ Covid-19 in Area Medica, un numero non lontano dai 25 mila dello tsunami della prima ondata nella primavera 2020”. L’allarme arriva dalla Fadoi (Federazione internisti ospedalieri) che ha diffuso i dati di un’indagine, condotta a inizio settimana in 14 regioni, e che rilancia il problema della pressione sugli ospedali causata dal crescente numero di ricoveri di pazienti Covid.

Il nodo cruciale non sono solo i pazienti Covid, ma i ricoverati per altre patologie che, al momento del ricovero, si riscontrano positivi. “L’impatto dei positivi asintomatici sui reparti è comunque devastante”, dice il presidente Fadoi, Dario Manfellotto. I ricoverati ‘con’ e non ‘per’ Covid, sono circa un 20% dei positivi, circa 4 mila dei quasi 20 mila ricoverati Covid. E anche se molti ricoveri sono per altre patologie”, continua il presidente Fadoi, “questo “non allenta la pressione sugli ospedali”.

In base ai dati raccolti dalla Federazioni internisti ospedalieri, nella maggior parte delle strutture, oltre il 60% dei ricoverati ‘per’ Covid, non è vaccinato. Il 43% ha un’età compresa tra i 41 e i 60 anni, nel 36% dei reparti ci sono pazienti di età compresa tra i 61 e gli 80 anni. Il quadro clinico si presenta di media gravità nel 79% dei casi e ‘severo’ nel 7%. Dati che -afferma la Federazione- dimostrano che la variante Omicron, pur avendo una virulenza minore rispetto alle precedenti, ha una pericolosità tutt’altro che trascurabile.

Le difficoltà organizzative delle strutture ospedaliere

Le conseguenze pratiche sugli ospedali riguardano soprattutto l’organizzazione dei ricoveri e l’isolamento immediato dei pazienti che risultano positivi al momento dell’ingresso nella struttura. In base all’indagine Fadoi, nell’86% degli ospedali non si riesce (29%) o è molto difficile (57%) isolare gli asintomatici che entrano non ‘per’ Covid ma ‘con’ il Covid, e affetti da altre patologie Nel 50% dei casi c’è il rischio concreto di contagiare i pazienti ‘non Covid’.

Rallentata l’attività ordinaria degli ospedali e la programmazione degli interventi

La necessità di isolare i pazienti positivi riduce la capacità di accoglienza, rallentando l’attività ordinaria dei nosocomi. “L’isolamento – sottolinea Fadoi – comporta la perdita di altri posti letto, con il 64% degli ospedali che rinvia un numero rilevante di ricoveri programmati, percentuale che sale all’86% per gli interventi chirurgici”.

Criticità che ha ben sottolineato Dario Manfellotto: – “Problemi organizzativi e assistenziali”, afferma il presidente Fadoi, “che stanno mettendo sotto stress la nostra rete ospedaliera. Dobbiamo controllare periodicamente i ricoverati e chi resta una settimana affronta anche tre tamponi molecolari. Se il paziente risulta positivo, anche se del tutto asintomatico, e ha bisogno dell’assistenza ospedaliera perché per esempio ha una colica renale, deve essere isolato”, continua Manfellotto, “allora o lo si trasferisce in un reparto Covid o lo si isola nel reparto non Covid. Tutto ciò lo facciamo con enormi difficoltà, perché se in una stanza ci sono più letti finiamo per non poterli utilizzare per altri pazienti non infetti”.

La proposta del presidente Fadoi

Per il presidente Fadoi una soluzione potrebbe essere quella di creare nei vari ospedali reparti aree di diverse specialità riservate a pazienti positivi anche se asintomatici. Una sorta di ‘bolle’ nelle quali isolare i pazienti contagiati. Non è troppo tardi per farlo”, afferma ancora Manfellotto che solleva però un altro problema, quello del personale. Le sempre più numerose assenze di personale contagiato stanno creando problemi “di difficile gestione”, una carenza d organico che riguarda il 43% dei nosocomi.

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