Nel carello della crisi finisce persino la pasta (di Tony Ardito)

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Udite udite, quest’anno per l’acquisto di pasta gli italiani avranno speso ben 800 milioni di euro in più rispetto al 2021. Una cifra assurda, tanto più se si pensa che i rincari non dipendono esclusivamente dalla difficoltà di reperimento delle materie prime a causa del clima o della guerra, bensì principalmente da speculazioni all’interno della filiera, che danneggiano i consumatori e gli operatori Horeca (settore commerciale specifico), oltre che i produttori.

Il dato assai poco incoraggiante emerge da una stima sui rincari della pasta realizzata da Coldiiretti, sulla base dei dati Istat. Un problema che riguarda non solo il carrello domestico, ma pure gli operatori del foodservice che si ritrovano a fare i conti con i rincari delle materie prime e la difficoltà nell’aumentare i prezzi al consumatore.

Come dimostra anche l’estrema variabilità delle quotazioni al dettaglio lungo lo Stivale l’incidenza del costo del grano sul prezzo di penne e spaghetti è marginale. Oggi, un chilo di grano viene pagato agli agricoltori intorno ai 47 centesimi; al di sotto dei costi di produzione che intanto sono schizzati alle stelle per effetto dei rincari su energia e gasolio.

Secondo elaborazioni della nota organizzazione degli agricoltori su dati dell’Osservatorio prezzi del ministero dello Sviluppo Economico, a Milano un chilo di pasta di semola può costare fino a 3,18 euro, a Roma si viaggia sui 3,20 euro, a Bologna siamo a 3,26 euro, a Palermo 2,48 euro, a Napoli 3,18 euro.

Il conflitto in corso in Ucraina ha favorito e moltiplicato manovre speculative e pratiche sleali sui prodotti alimentari, aggravando una situazione che vede il nostro Paese, fortemente dipendente dalle importazioni straniere già per il 44% del grano duro per la pasta.

Beh, se nel nostro Paese siamo arrivati al punto che l’italiano medio dovrà ritrovarsi a ragionare addirittura sui prezzi di pane e pasta, direi che non siamo alla frutta, ma molto oltre. Il tempo della responsabilità non può essere una stagione da invocare sempre e solo nei riguardi del cittadino, per il quale quotidiano sta ormai diventando sinonimo di sacrificio.

di Tony Ardito

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