Brexit e Italexit (di Cosimo Risi)

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Si dirà che Italexit, il recesso dell’Italia dall’Unione europea, non è voluta neanche da chi la reclamava come epilogo del ritorno alla sovranità monetaria della “Nazione”. La prospettiva sarà remota, continua ad albergare presso qualche sovranista che teorizza l’evasione fiscale come leva per la ricchezza e il merito come propulsore della crescita culturale.

Bisogna intendersi sulle parole, pronunciate in un certo modo e in un certo ambito prendono significati diversi. Applicare appieno il PNRR e rinegoziare le regole d’ingaggio con la Commissione è uno di quei significati equivoci. Volere l’Europa ma non questa Europa: è lo slogan di marca renziana che torna utile per coprirsi a sinistra.

Lesson learned  è una delle numerose frasi, quasi delle epigrafi, che il  non sempre glorioso passaggio del Regno Unito nell’Unione ha lasciato al linguaggio comune. Come best practices, le buone pratiche, e peer review, la valutazione dei pari. Il lascito più pesante è il fascino oscuro della Brexit: il suo modo per emanciparsi da terzo incomodo nell’asse franco-tedesco a Global Britain.

Il paradosso della storia vuole che il simbolo di Global Britain, è la regola del contrappasso di dantesca memoria, è il figlio di immigrati indiani che siede a Downing Street. Rishi Sunak è ricchissimo di suo e per matrimonio. Rampollo della classe alta anglo-indiana, scuola e università di lignaggio, non è il personaggio di una storia di Charles Dickens. E’ di pelle scura, induista e marito di un’indiana.

Il suo triangolo della fede non è Londra-Parigi-Berlino, Roma va bene per le vacanze romane sulla motoretta di Gregory Peck e Audrey Hepburn. E’ Londra-Seattle-Mumbai. E’ la cosiddetta anglosfera, la nave salpa dal Tamigi per giungere fino a Canberra e Wellington.

Uomo del fare, Sunak era Cancelliere dello Scacchiere (Ministro dell’Economia) di Boris Johnson, salvo tradirlo per incompatibilità politica. Ha subito criticato la fuga in avanti sugli sgravi fiscali di Liz Truss, la Premier più breve della storia britannica, quella che Re Carlo accolse con stupore: “sei ancora qui?”. Eredita il fardello di Brexit, di cui era ed è sostenitore.

Brexit ha segnato gli ultimi Premier conservatori. Il pallido europeismo di David Cameron, il pragmatico brexitismo di Theresa May, lo scapigliato brexitismo di Johnson, il fanatico brexitismo di Truss. L’idea di questa di ridurre le imposte ai ricchi e  cancellare tutta la normativa comunitaria ancora vigente ha prodotto lo sconquasso, a mollarla  proprio i mercati finanziari che avrebbero dovuto salutare la nuova era.

Truss sognava il ritorno al dinamismo britannico del XIX secolo, ignorava la lezione del padre dell’economia politica classica, David Ricardo l’avrebbe messa sull’avviso in materia di scambi internazionali. Il laissez faire in economia può funzionare, ma non in purezza. Il vino di successo nasce dal sapiente assemblaggio dei vitigni. Il metodo bordolese.

Il principale mercato britannico si situa in Europa e non nel Commonwealth. Con l’Unione puoi chiudere i conti istituzionali, non puoi chiudere quelli commerciali ed economici. Con Bruxelles devi ritrovare un comportamento idoneo, a cominciare dal caso dell’Irlanda del Nord. Troppe intese sono state rinnegate da Londra, nella perenne illusione di potere fare da sola.

L’Unione è lenta nel decidere, ma quando decide è ostinata nel tirare le conseguenze. Il mondo britannico non gode di buona stampa a Bruxelles, e per vari motivi.

Il primo è il sussiego con cui Londra ci guarda, neanche fosse ancora la capitale dell’Impero britannico. Il secondo è il rischio che Brexit faccia da precedente o che, in ipotesi subordinata, altri stati membri applichino la guerriglia permanente dentro le istituzioni per rallentare se non bloccare il processo decisionale.

Il Sindaco di Londra è Sadiq Khan, laburista, origini pakistane, musulmano. Con il Primo Ministro di origine indiana, la metropoli multiculturale londinese risarcisce la frattura fra India e Pakistan, che seguì alla decolonizzazione voluta da Gandhi e che dura tuttora con mutue minacce nucleari.

A Sunak, e Khan, si chiede che applichino l’approccio pragmatico alla diplomazia europea. Il Continente ha bisogno dell’Isola e viceversa. Il nostro fronte comune si situa a Est.

di Cosimo Risi

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