Quanto vale la vita di una donna? (Di Cosimo Risi)

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Un diverso valore accompagna il corpo e la vita di una donna. Dipende dal quadro di riferimento.  Olivia Hussey e Leonard Whiting, gli attori di  Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli, film del 1969, ora settantenni, chiedono un risarcimento milionario alla Paramount per essere stati costretti, minorenni,  a scene di nudo.

I due asseriscono di soffrire  da allora il trauma di quella forzatura, voluta dal Maestro come indispensabile alla riuscita del film. Accampare una pretesa del genere, dopo 56 anni, testimonia della labilità dell’ordinamento giuridico, che evidentemente non conosce limiti alla retroattività. E d’altronde l’America ospita la “cancel culture”: la cultura che vuole cancellare i simboli offensivi del passato, ad esempio le statue di Cristoforo Colombo, il colonizzatore.

In Iran il corpo di una donna vale poco. Alla donna si può imporre il costume castigato in pubblico, va punita se osa derogare. La campionessa di scacchi Sara Khadem ha avuto l’ardire di disputare la partita a capo scoperto, si è poi rifugiata in Spagna ad evitare le sanzioni in patria.

Mesi fa Mahsa Amini morì in carcere per le percosse, era stata arrestata perché non indossava l’hijab in maniera conveniente. Ora scoppia il caso di Fahimeh Karimi, arrestata e condannata per avere preso a calci un agente della polizia morale durante una manifestazione.

La morte della giovane e l’ondata di arresti e abusi sulle prigioniere  accendono il faro su quanto accade nella Repubblica Islamica.

La rivoluzione culturale è animata dalle giovani generazioni, con le donne in prima fila. Chi sono queste giovani e cosa vogliono? Si parla di “Z Generations”, le nostre Millennials, acculturate e inurbate, venute su con l’influenza occidentale via social media. Per quanto Internet sia controllato, le immagini ed i messaggi provenienti dall’altra faccia del mondo arrivano lo stesso.

Di qui la scontata accusa delle autorità che i movimenti sono eterodiretti. Sarebbe il solito Grande Satana americano ad orchestrarli. Anche se gli Stati Uniti e l’Occidente guardano ai fatti con interesse misto ad ansia, è azzardato pensare che le masse si muovano, a loro rischio e pericolo, solo per rispondere ad un appello esterno.

C’è qualcosa nel ventre della società che ribolle e  vuole emergere, possibilmente in maniera pacifica. La repressione non lo è affatto. Di qui lo squilibrio delle forze in campo, di qui l’inquietudine che la rivolta, priva di guida politica, si spezzetti in mille rivoli e incontri l’ulteriore avvitamento repressivo.

La parola d’ordine, apparentemente semplice, è la divisione fra potere religioso e potere temporale. E’ tale da sconvolgere l’assetto del potere quale si è andato consolidando dagli Ottanta del XX secolo.

L’Iran è un grande paese, la chiusura dentro le mura della teocrazia cozza con le esigenze di modernità e piena partecipazione alla comunità internazionale.

La corsa all’arsenale nucleare, e le conseguenti difficoltà nel rianimare il Piano d’Azione, l’intesa con la Russia per la fornitura di droni: sono i tasselli di una strategia che porta la Repubblica lungo una rotta diversa.

Venti di rivolta e di guerra potrebbero colpire il paese. I riflessi ci riguardano da presso, e non per la banalità della globalizzazione che tutto assimila. La grande regione MENA (Middle East and North Africa) è il ridotto d’Europa.

di Cosimo Risi

 

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