Addio al re della movida cilentana, inventò la Notte del mito

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Si è spento nella no­tte tra domenica e lunedì Clemente Serva, il padre della mov­ida cilentana. Nel 1972 con il fratello Giancarlo diede inizio alla leggendaria storia del “Ciclope”, trasformando la gr­otta di Marina di Ca­merota nella discot­eca più famosa del Sud Italia.

La magia della grot­ta, il turismo di qu­alità che all’epoca affollava le località balneari di Camero­ta e Palinuro contribuirono a far nascere il mito della disc­oteca il Ciclope. Ne­gli anni il progetto è diventato sempre più importante.

Il professore Serva, 77anni,  geologo,  è morto all’ospedale San Luca di Vallo de­lla Lucania dove era stato trasferito in gravi condizioni.

Il professore Serva è stato per lungo tempo anche presidente dell’associazione albergatori di Palinuro. Serva è stato un precursore con le sue intuizioni che hanno reso Palinuro una delle mete cult del turismo Campano. A Serva anche il merito di aver ideato ‘La Notte del Mito’ il primo grande esempio di evento legato al­lo sviluppo turistic­o

2 Commenti

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  • in quella discoteca non a norma c’è morto un mio amico e hanno nascosto il masso che lo ha ammazzato quindi risparmiatevi questo giornalismo inutile

  • La sera del 10 agosto 2015, quando all’interno della discoteca “il Ciclope” perse la vita, schiacciato da un masso staccatosi improvvisamente dal costone roccioso, Crescenzo Della Ragione, 27 anni, di Giugliano, la struttura non poteva stare aperta. Per questo, il 05/01/2017 la Procura di Vallo della Lucania ha notificato, a conclusione delle indagini, dieci avvisi di garanzia. Nel mirino il titolare della struttura, Raffaele Sacco, il sindaco di Camerota, Antonio Romano, i due tecnici che avrebbero dovuto occuparsi del controllo del costone, il geologo Antonio Gravina e l’ingegnere Gennaro D’Addio, il responsabile del servizio demanio del Comune, Antonio Troccoli, l’ex sindaco di Camerota, Domenico Bortone, e i comandanti della polizia municipale che si sono succeduti dal 2011 al giorno della tragedia, Salvato Donato, Antonio Ciociano e Giovannantonio Cammarano. Tutti sono accusati di omicidio colposo. Il titolare della struttura dovrà rispondere anche del reato di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento.
    Dovrà invece rispondere di favoreggiamento personale, Antonio Campanile, il buttafuori di Napoli che fece scomparire subito dopo la tragedia la pietra che aveva colpito mortalmente il ventisettenne. Lo stesso intimò ad alcuni giovani testimoni di non riferire dell’accaduto ai carabinieri e suggerì di spostare il cadavere dal luogo in cui si trovava.
    Il giovane napoletano, 27 anni, stava ballando quando un pezzo di roccia è franato sulla discoteca a causa del maltempo e lo ha colpito
    Alla base degli avvisi di garanzia recapitati ieri, una lunga attività investigativa coordinata personalmente dal procuratore Giancarlo Grippo e svolta dai carabinieri della stazione di Marina di Camerota, diretti dal luogotenente Massimo di Franco.
    Dalle indagini è emerso che la discoteca non poteva essere aperta al pubblico perché “era in atto un violento temporale e la Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo aveva fatto divieto di svolgere attività in caso di pioggia consistente”, ma anche perché “non erano state osservate le prescrizioni della Commissione, riguardanti le verifiche del costone roccioso a seguito delle piogge dei giorni precedenti al 10 agosto 2015″. Inoltre- sempre secondo gli inquirenti – non veniva rispettato il piano di monitoraggio che prevedeva tra l’altro “l’acquisizione quotidiana dei bollettini meteorologici ricevuti dal Comune, il sopralluogo e l’analisi nel caso di condizioni meteorologiche avverse e la valutazione in continuo delle condizioni di stabilità del versante durante l’orario di apertura”. Prescrizioni, ben note al titolare della struttura e ai due i due tecnici che avrebbero dovuto occuparsi del controllo del costone, che se rispettate “non avrebbero consentito l’apertura della discoteca” scrive il procuratore. Ma nel registro degli indagati sono finite anche le autorità che “avrebbero dovuto vigilare sull’attuazione del piano di monitoraggio e non lo hanno fatto”: i sindaci, la polizia municipale e il responsabile del servizio demanio che avrebbe addirittura rinnovato, il 4 marzo 2014, il contratto di fitto del te«rreno demaniale alla discoteca “Il Ciclope.
    Chiara ormai la dinamica della tragedia. Il crollo avvenne all’improvviso durante un violento nubifragio. Un masso, precipitato da circa 60 metri d’altezza, colpì in pieno Crescenzo dinanzi agli occhi del cugino che tentò invano di soccorrerlo.

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