Fonderie, maxi richiesta di risarcimento. Venti milioni di euro per la chiusura

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La vicenda delle Fonderie Pisano sembra avviarsi verso l’epilogo. Lo scrive Andrea Pellegrino sul quotidiano Le Cronache oggi in edicola

Dopo anni di battaglie e di proteste da parte dei cittadini residenti nell’area dove sorge l’opificio, sostenute con forza dall’Associazione Salute e Vita che da anni si batte per la chiusura dell’impianto incompatibile – a suo dire – con il territorio a causa dell’inquinamento prodotto con forti e gravi ricadute sulla salute degli abitanti del posto, arriva il parere sfavorevole della commissione regionale al rilascio della Via (Valutazione Impatto Ambientale) e lo stop definitivo all’impianto. Ma le Fonderie Pisano non ci stanno e attaccano la Regione Campania.

Con un articolato ricorso, a firma del professor Enrico Follieri e dell’avvocato Lorenzo Lentini, l’azienda si rivolge al Tar chiedendo l’annullamento dei provvedimenti emessi della Regione Campania culminati con l’archiviazione della pratica di riesame dell’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) rilasciata nel 2012, a seguito del parere sfavorevole di Via (Valutazione di Impatto Ambientale) decretando, in tal senso, lo stop alla produzione di ghisa da parte dello storico opificio, attivo dal 1960. Gravi ed incalcolabili, sostiene la parte ricorrente, i danni che subisce l’Azienda a seguito della sospensione delle attività sia di natura economica che occupazionale, per la perdita di circa 100 posti di lavoro.

Con una serie di argomentazioni, di carattere giuridico, gli avvocati cercano di dimostrare la correttezza delle azioni compiute dall’Azienda che, da anni, si sostiene nel ricorso, “è stata bersagliata da una serie di iniziative della Regione Campania con il chiaro scopo di mettere fine all’attività produttiva della società ricorrente che si è, invece sempre prodigata nel promuovere interventi ed iniziative per il superamento delle varie criticità emerse nel corso dei vari controlli da parte dell’Arpac nonché per l’individuazione di nuove aree per la delocalizzazione dell’impianto e per l’ammodernamento delle attrezzature”.

Tra le misure richieste dagli avvocati, l’annullamento dei provvedimenti emessi dalla Regione per i diversi vizi di legittimità elencati nel ricorso o, in subordine, la condanna della Regione Campania al pagamento dell’indennizzo dovuto per effetto della revoca dell’Aia, ai sensi dell’articolo 21 quinquies della legge 241 del 1990. Risarcimento che secondo la parte ricorrente è quantificabile in oltre venti milioni di euro.

Il Tar esaminerà la richiesta di sospensiva il prossimo 28 marzo avendo accolto l’istanza della società ricorrente di abbreviazione dei termini per motivi di urgenza determinati dai gravi ed evidenti danni subiti per l’interruzione delle attività.

Il tutto mentre è di qualche giorno fa la notizia che il tribunale di Salerno ha rinviato di qualche mese la discussione sul rinvio disposto dalla Cassazione che ha accolto il ricorso della Procura della Repubblica di Salerno avverso la decisione del tribunale della mancata conferma del provvedimento di sequestro delle Fonderie Pisano emesso qualche anno fa dalla stessa Procura.

Fonte Le Cronache

9 Commenti

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  • Questi vogliono ancora la licenza per ammazzare tutti gli abitanti di Cappelle Fratte Matierno Capezzano Salerno ecc… e poi forse accetteranno la chiusura andassero a fare in c…vi auguro di fare una br…. fine come la state facendo fare a noi siete degli assassini a piede libero

  • E le famiglie delle persone venute a mancare per colpa di questi mercenari chi li paga?

  • Favessero la bonifica e facessero pure in fretta che di gloria si sono già ricopeeti abbastanza senza dover dire cavolate a cappella

  • Cose da pazzi….io gli darei una multa di 20 milioni solamente per averla pensata una cosa del genere…..Questi hanno campato per decenni, lucrando a spese della collettività, socializzando le spese per lo smaltimento rifiuti speciali. Hanno sfruttato per anni la condizione di favore a loro concessa, riversando sugli abitanti della valle le scorie della loro produzione senza mai mettersi in regola per mitigarne gli effetti.
    Non hanno mai preso seriamente in considerazione la delocalizzazione perchè un’altra situazione analoga non la troverebbero mai. Altrove sarebbero costretti a lavorare secondo le leggi, a mettersi in regola e questo significherebbe costi troppo elevati per loro abituati a fare ampi guadagni.
    Ed ora vogliono anche 20 milioni di indennizzo. Ci vorrebbe una legge che consentisse di sbatterli in galera e buttare la chiave.

  • Secondo me è ora che qualcuno gli spieghi cosa vuol dire essere disperati perché c’è un imprenditore che pensa solo ai caxxi propri mentre in famiglia c’è chi è morto o sta lottando per sopravvivere.Caro Pisano quello che hanno passato le famiglie della valle dell’irno non si augura a nessuno nemmno a te..ma nu mazziaton c’vuless!

  • A dire il vero esiste già il nuovo progetto con tanto di nuovi impianti ad impatto zero ma non si sa perché qualsiasi zona indicata viene respinta dalla regione. L’impianto è chiaro che da lì si deve spostare ma bisogna anche mettere in condizione i proprietari e i lavoratori di potersi spostare. mi chiedo cosa blocca il meccanismo. non commento la richiesta di risarcimento perché cadrà nel vuoto.

  • L’imprenditore da anni finge di voler delocalizzare con l’intento di continuare a produrre con modalità che nemmeno in India. Gli operai che ci lavorano dentro, sanno benissimo che le colpe sono sue e dei sindacati che lo hanno sempre appoggiato. La partita ora, volge al 90° e, loro, perdono con troppi goal di scarto.

  • Chisa”perche”mai non li accolgono a braccia aperte nelle altre aree…chisa”me lo chiedo da giorni anch’io..non lo capiremo mai,secondo me…ma no non può essere,non credo sia perché lavora senza scrupoli e rende la vita degli altri un inferno,naaaa. Sono certo che non è così.

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