Lusso e cibo, ecco i marchi al top del Made in Italy

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Lusso, cibo di qualità, superacar. Il Made in Italy si riconosce nel mondo per quelli che sono tradizionalmente i punti forti della Dolce vita, declinata in salsa moderna grazie all’apporto di tecnologia, innovazione, narrazione e comunicazione. Gucci è il nostro marchio di maggior valore, seguito da Tim ed Enel.

BrandZ, la classifica che assegna un peso economico ai marchi commerciali realizzata da Wpp e Kantar, ha premiato la maison della moda di proprietà del colosso Kering. Gucci sta vivendo un vero e proprio Rinascimento, con tanto di risultati finanziari record: l’ultimo anno si è chiuso oltre la soglia degli 8 miliardi di ricavi e con una redditività a un passo dal 40 per cento del fatturato.

A fronte di questa marcia trionfale, sia nei gusti dei consumatori che nel conto economico, BrandZ ha riconosciuto a Gucci il primato assoluto tra i 30 maggiori marchi tricolori, con 24,4 miliardi di dollari (che equivalgono a 21,5 miliardi di euro al cambio attuale). Rispetto alla passata rilevazione, il balzo è impressionante: il brand vale il 50% in più.

Come detto, Gucci è la capofila di un drappello del lusso ben nutrito: nella top 10 rientrano anche Prada e Armani (rispettivamente sesta a 3,9 e decima a 2,6 miliardi di valore), poi si trovano altri brand quali Fendi, Bottega Veneta, Salvatore Ferragamo e Bulgari. Complessivamente, a questi alfieri della moda italiana (per quanto la proprietà sia in molti casi francese) BrandZ attribuisce 37 miliardi di dollari di valore dei marchi. Una fetta maggioritaria (quasi il 40%) dei 96,9 miliardi riconosciuti a tutti e 30 i marchi del Made in Italy.

Il secondo gruppo forte è quello del food con Kinder al quarto posto, seguito da Nutella (8), Ferrero (11) e Barilla (26). Seguono le Telecomunicazioni: Tim (2, ma assai lontano da Gucci con 9,4 miliardi) e Wind (22) riescono a riportare una crescita del valore dei marchi, nonostante l’ambiente delle Tlc in Italia sia fortemente competitivo e siano sbarcati nuovi operatori – quali Iliad – in grado di conquistare fette di mercato importanti grazie a una politica da low-cost. Al quarto posto tra le “famiglie” di marchi c’è l’energia, grazie all’apporto di Enel e A2a.

Detto del +50 per cento di Gucci, altri marchi che si sono messi in evidenza negli ultimi dodici mesi per capacità di crescita sono stati Ferrari (+36% a 4,75 miliardi); Fiat (+23% a 1,4 miliardi), Campari (+23% a 591 milioni) e Fendi (+22% a 1,9 miliardi).

Cosa rende forti questi marchi? Secondo l’analisi di BrandZ il primo fattore è la presenza internazionale: ben dieci marchi sui 30 rappresentati hanno più del 90% dei loro affari fuori dai confini nazionali. Così possono ampliare la loro base di consumatori, gestire meglio i rischi e capitalizzare la presenza nei quadranti del planisfero che crescono maggiormente. Il “Brand Italia” poggia – secondo gli osservatori – sul patrimonio culturale eredità del passato, fatto di autenticità e stile di vita.

Complessivamente è stato un anno positivo: come si diceva, i marchi italiani della top30 valgono quasi 97 miliardi presi tutti insieme e vedono crescere il loro “peso” economico del 14 per cento negli ultimi dodici mesi. Paghiamo però la mancanza di un ampio numero di colossi industriali e siamo così fuori dallo stretto giro dei Paesi più forti: diciottesimi tra i 60 Paesi migliori.

Massimo Costa, a capo di Wpp in Italia, ha commentato i dati sottolineando come molte delle aziende presenti in classifica siano degli “eroi dell’industria, rappresentativi di un tipico modo italiano di far impresa guidato da un forte animo imprenditoriale e dalla capacità di dettare l’innovazione nel loro settore”.

Proprio la capacità di innovare è di gran lunga il principale fattore di crescita in Italia: i marchi che sono stati capaci di tenere il passo del mondo in evoluzione, se non di anticipare le nuove tendenze, hanno in media visto crescere il loro valore del 17%, contro un misero +1% di quelli giudicati meno innovativi.

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