Gualtieri, Mes serve a stabilizzare l’area euro. Nessun rischio per l’Italia

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“A proposito della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (MES) si è ingenerata nel dibattito italiano molta confusione”. Il ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri interviene sul tema che nelle ultime ore ha prodotto una serie di polemiche per chiarire i termini della questione.

Come è noto, le linee portanti della riforma, compreso il testo del nuovo trattato, sono state concordate all’Eurogruppo dello scorso giugno e confermate dal successivo Eurosummit, dove l’Italia ha chiesto e ottenuto che la riforma stessa fosse accompagnata da un pacchetto più generale che comprendesse un accordo sullo Strumento di Bilancio per la Competitività e la Convergenza (il primo embrione di un bilancio dell’area euro) e una
roadmap per il completamento dell’Unione bancaria. Su alcuni aspetti della riforma del MES sono in corso ancora discussioni, ma il processo è avviato a conclusione.

“L’innovazione fondamentale che è stata introdotta – dice il ministro Gualtieri – riguarda la possibilità che il MES svolga la funzione di backstop fiscale, cioè di supporto, per il Fondo di Risoluzione Unico, una linea di credito pari a circa 70 miliardi di euro che permetterà una gestione più efficace delle crisi bancarie, e senza condizioni a carico dei paesi interessati. È un’innovazione positiva, che da tempo come Italia avevamo richiesto, e che costituisce un
nuovo tassello verso il completamento dell’Unione bancaria.

Per il resto – continua – le condizioni per l’accesso di un paese ai prestiti del MES non
sono cambiate, anzi, per una fattispecie specifica, sono state sia pur solo parzialmente alleggerite”.

“Soprattutto – spiega Gualtieri – è bene chiarire come la riforma del MES non introduca in nessun modo la necessità di ristrutturare preventivamente il debito per accedere al sostegno finanziario. Effettivamente, all’inizio del negoziato alcuni paesi avevano chiesto che la ristrutturazione del debito  divenisse una condizione per l’accesso all’assistenza finanziaria ma, anche grazie alla ferma posizione assunta dall’Italia, queste posizioni sono state respinte e le regole sono rimaste identiche a quelle già in vigore.

La valutazione sulla sostenibilità del debito – prosegue – è infatti sempre esistita sin dalla creazione del MES e non implica una ristrutturazione automatica del debito. Non ci sono in tal senso cambiamenti sostanziali. Il dibattito di questi giorni su questo argomento è senza senso”.

“Quanto all’introduzione delle clausole cosiddette Single-limb per il debito emesso dopo il 2022 – continua il ministro dell’Economia – si tratta di un cambiamento noto da tempo e che non avrà alcun impatto sul debito pubblico dei paesi dell’eurozona, e che anzi impedisce comportamenti opportunistici e ricattatori da parte di fondi speculativi”.

È bene peraltro ricordare che l’istituzione del MES nel 2012 ha contribuito a rafforzare gli strumenti a disposizione dell’Unione Economica e Monetaria per fronteggiare e gestire eventuali crisi cui potrebbe essere sottoposta l’Area Euro e i suoi Stati Membri per i quali questo strumento rappresenta il prestatore di ultima istanza.

“L’esistenza del MES – sottolinea Gualtieri – è un potente elemento di stabilizzazione dei mercati finanziari e una difesa contro possibili crisi e deve pertanto essere considerato come un nostro alleato, non come un nemico, anche perché l’Italia è tra i suoi principali azionisti e ha un forte peso nella sua governance.

Anche se da questo punto di vista è sempre bene ripetere che l’Italia non ha avuto, non ha e non avrà bisogno dei prestiti MES: il debito italiano è sostenibile, ha una dinamica sotto controllo anche grazie alla politica fiscale prudente e a sostegno della crescita che il paese porta avanti”.

“Sarebbe bene – conclude il ministro – che il dibattito si concentrasse su temi più rilevanti al centro della discussione europea come l’introduzione di una garanzia comune dei depositi e le sue condizioni (che non devono essere penalizzanti per l’Italia), l’introduzione di un safe asset comune europeo, il rilancio degli investimenti nel quadro di un green new deal, la revisione del patto di stabilità e di crescita: tutti fronti su cui il governo è impegnato e su cui sarebbe utile che si determinasse una larga convergenza tra le forze che hanno a cuore l’interesse nazionale e l’interesse comune europeo”.

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