L’infinito nel cavo di una mano (di Vincenzo Capuano)

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Quel senso di inquietudine che caratterizza questi giorni mi è dato non solo dal timore profondo che possa succedere qualcosa di irreparabile ma anche da quella sottile sensazione di dover continuamente soffocare la progettualità… per esempio, il non poter ideare un viaggio alla scoperta di paesaggi, luoghi, monumenti, persone, culture sconosciute… alla ricerca di emozioni.

Non possiamo. È proprio il viaggio che mi seduce, non la destinazione. Essere in cammino è quasi sempre più attraente che raggiungere la meta. Anche progettare l’itinerario mi affascina: aggiungere e rimuovere luoghi, cambiare percorso, scegliere soluzioni diverse…

Mi raffiguro tante mete probabili, ma l’impossibilità di poterle raggiungerle in un tempo concreto mi scoraggia. Poi penso che il viaggio sia un’avventura e possa essere inteso in maniera più ampia… è andare avanti, in qualsiasi modo, progredire lungo un percorso: per strada, per mare, per cielo, tra le pagine di un libro, lungo la pellicola di un film, nella propria mente, inseguendo un progetto.

Cerco, oggi, una modalità di spostamento che possa almeno in parte soddisfarmi, non confinata dallo spazio e dal tempo. Così pensando mi ritrovo alla scrivania a muovermi nel mondo di internet.  Decido di esplorare Google… offre la possibilità di navigare all’interno di numerosissime e interessanti App: Maps, Foto, Arte, Jamboard…

Mi fermo su…Earth. Immagini fantastiche in modalità 3D per esplorare ogni posto del pianeta. Scopro che cliccando una delle tante icone (il suo nome è: “mi sento fortunato”) ti catapulta, a suo piacere, in un punto sperduto del mondo.

Mi attrae. Premo, ed eccomi in Venezuela sul “Ponte General Rafael Urdaneta”, un ponte strallato di oltre 8,6 Km sospeso sulle acque salmastre del lago omonimo, che permette di andare da Maracaibo verso sud, direzione Caracas. Perlustro minuziosamente tutta l’area, il lago, la costa, la città, l’entroterra, affascinante.

Clicco nuovamente e, passando da un luogo all’altro, mi ritrovo a immaginare altri modi di errare. Cerco di inventare nuove strade e mi ritrovo a viaggiare intorno all’uomo. Abbiamo sempre pensato che il destino di ognuno fosse scritto nel DNA, in maniera indelebile.  Viceversa la più recente branca della genetica (epigenetica) ha chiarito come il DNA non sia un elemento statico che rappresenta il nostro destino biologico, ma che al contrario è un sistema dinamico che dialoga, interagisce e reagisce agli stimoli ambientali.

Questa scoperta ha aperto orizzonti inimmaginabili nella medicina e nelle possibilità di prevenzione e ha implicazioni anche sui processi di invecchiamento. Facendo le scelte giuste possiamo “accendere” i geni buoni e “spegnere” quelli “dannosi” e influire, quindi, non solo sulla salute e sulla longevità, ma anche sulla bellezza, per esempio. In questo l’alimentazione ha un ruolo centrale. Gli stimoli protettivi risiedono nelle radici ambientali, culturali e culinarie del nostro Paese.

Basti pensare all’olio d’oliva extravergine, fonte di acidi grassi preziosissimi, dal potere antiossidante, o al pesce azzurro, ricco di omega 3; una dieta ricca di pesce significa una pelle più giovane così come testimoniato anche dalle popolazioni orientali che hanno nel pesce il loro ingrediente base; anche il vino, assunto in dosi moderate, è prezioso, in particolare il rosso, ricco di polifenoli e resveratrolo dalla spiccata azione antiossidante e anti-aging… viaggiare nel mondo dell’alimentazione per condizionare il nostro futuro…

Ritorno alla tastiera del computer e digito nuovamente il pulsante che mi porta in giro per il mondo. Sono nel suggestivo Canyon Matke in Macedonia.

Clicco di nuovo ed eccomi in Licia.  Qui abbandono le immagini del computer e mi perdo nei ricordi… tanti anni fa. Sono in canoa. Mi muovo lentamente, cullato dal mare. Lungo il litorale scorgo delle tombe licie, che, superbe, si alzano sulla costa. Continuo a remare, supero una piccola baia e poi un’altra, sono tra alti scogli, i raggi del sole si perdono nelle acque bianche.

Improvvisamente, le sensazioni diventano forti: di fronte, proprio davanti a me, si alza, dal mare appena increspato, una tomba di oltre duemila anni fa; è bellissima, posso toccarla. Vedo le case di pietra di Simena con appesi alle finestre e alle ringhiere dei balconi tappeti bruciati dal sole, con i loro colori che si fondono in figure surreali.

Dei bimbi turchi si rincorrono, per giocare, tra schiamazzi incomprensibili, mi vengono incontro sorridendo. Lì, in alto, sonnecchia il castello che ricorda la potenza infinita dell’antica Venezia. Mi accorgo di essermi perso nel passato: doveva essere così, anche mille anni fa! Questa terra lontana sembra essere stata creata per regalare sensazioni uniche. Tiro il fiato, chiudo gli occhi, mi pare di poter ancora sognare in una dimensione surreale, persa tra infinito ed eternità.

Mi ritornano alla mente dei versi di William Blake:

Vedere un Mondo in un granello di sabbia

E un Cielo in un fiore selvatico

Tenere l’Infinito nel cavo della mano

E l’Eternità in un’ora.

di Vincenzo Capuano

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