È morto Giampiero Galeazzi, ex campione di canottaggio e storico telecronista

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Il ‘Bisteccone’ del giornalismo sportivo targato Rai non c’è più. Giampiero Galeazzi è morto oggi a 75 anni dopo aver trascorso gli ultimi anni della sua vita a combattere contro il diabete. Giampiero, nato a Roma nel ’46, inizialmente segue le orme paterne e si dedica al canottaggio da professionista vincendo nel ‘67 il campionato italiano nel singolo e nel doppio con Giuliano Spingardi.

Il Circolo Canottieri Roma è sempre stata la sua seconda casa. “So’ cresciuto a remi e racchette, mio padre era un allenatore di canottaggio, vedevo giocare a tennis Nicola Pietrangeli, ho visto passare di qua tutto il generone romano”, dirà. La laurea in statistica e una breve esperienza nell’ufficio marketing e pubblicità della FIAT a Torino fanno pensare che lo sport non farà parte della sua vita e, invece, nei primi anni ’70 viene assunto come giornalista sportivo per radio Rai.

Il suo soprannome gli viene affibbiato proprio in questi anni da Gilberto Evangelisti che, trovandosi davanti un giovanotto dalla stazza imponente, chiede al collega Renato Venturini: “Ma chi è ‘sto Bisteccone?”. E, come racconterà lo stesso Galeazzi, a introdurlo in Rai, era stato proprio Venturini: “Lavoravo dalle 8 del mattino alle 8 di sera, – dirà– portavo il cappuccino a Ciotti, leggevo i risultati della C la domenica. Insomma, feci la gavetta, al fianco di maestri come Guglielmo Moretti, il mio santo protettore, Enrico Ameri, lo stesso Ciotti, Rino Icardi, Claudio Ferretti”.

Le telecronache ‘olimpioniche’ rimaste nella storia

Nel ’72 Galeazzi viene mandato a seguire le Olimpiadi di Monaco e, grazie a un imprevisto, fa la sua prima radiocronaca di una gara di canottaggio. “Mirko Petternella (un altro inviato Rai ndr) era stato trattenuto al palazzetto per la scherma e così debuttai io. Con questa frase: ‘Qui c’è molto vento, le bandiere sembrano di legno”.

Dopo pochi anni avviene il suo passaggio dalla radio alla tivù, per volontà del neodirettore del Tg1, Emilio Rossi. “Avevano bisogno di un redattore perché tutti gli altri erano passati al Tg2 con Maurizio Barendson. Tito Stagno, “l’uomo della Luna” e capo dello sport, aveva fatto il mio nome al direttore e così accettai”, rivelerà nel corso di un’intervista. Nel giro di breve tempo, oltre alla conduzione del telegiornale, per Galeazzi si aprono le porte di programmi sportivi come Dribbling e La Domenica Sportiva.

Insieme a Guido Oddo si occupa della telecronaca del tennis mentre il canottaggio è ‘soltanto roba sua’. “Quando vedo una barca italiana, me sento là dentro. M’hanno istruito a dare le sensazioni. Non me tengo niente”, spiegherà Galeazzi che in totale segue ben 6 edizioni dei Giochi Olimpici, restando nella storia del giornalismo sportivo per il commento della finale dei fratelli Abbagnale.

“Eppure la telecronaca della vittoria di Seul, passata alla storia, non doveva neppure esserci. La sera prima stavo giocando a carte con Evangelisti quando arrivò la notizia di uno sciopero. A quel punto, invece di andare a letto, girai per Seul, nei bar frequentati dai militari americani. Soltanto quando tornai in albergo all’alba scoprii che lo sciopero era stato revocato. Mi precipitai a fare la telecronaca senza neppure il foglio dei finalisti”, racconterà Galeazzi che, però, rimarrà più affezionato al commento della finale di Sidney 2000 con Antonio Rossi e Beniamino Bonomi. “Si guarda a sinistra, si guarda a destra, vince l’Italia!”, è la frase con cui sancisce la vittoria.

La vittoria dello scudetto della Lazio

Ma, a partire dagli anni ’80, Galeazzi sarà associato anche al calcio e alla Domenica Sportiva. Come inviato sui campi di serie A inventa le interviste prepartita e, alla fine dei 90 minuti, prende le dichiarazioni dei giocatori quando ancora sono a bordo campo. “Per non parlare delle docce di champagne che mi hanno fatto negli spogliatoi durante le feste per gli scudetti. L’idea di far intervistare a Maradona i compagni dopo la vittoria fu geniale”.

Nel 2000 abbandona il Foro Italico dove stava commentando una gara di tennis per andare allo stadio Olimpico. “Mi stavo addormentando in telecronaca per un match di due spagnoli anonimi, quando sento la Juventus che stava perdendo e la Lazio che aveva già battuto la Reggina. Scappo allo stadio, salgo in tribuna Monte Mario e tutti che m’abbracciano… Non c’era un collega, stavano tutti a Perugia per lo scudetto della Juve e invece lo scudetto era lì, della mia Lazio. E io feci l’unico servizio Rai”.

Negli anni ’90 conduce altre trasmissioni sportive tra cui anche 90º minuto, dove ritornerà come opinionista nella stagione 2008-2009.

Mara Venier ‘rapisce’ Galeazzi

Nel 1994 Mara Venier pretende di avere ‘Bisteccone Galeazzi’ come ‘sua spalla’ in Domenica In, mentre nel ‘96 Pippo Baudo lo vuole al Festival di Sanremo. Da giornalista sportivo a uomo di spettacolo il passo è breve ma non tutti approvano. “Bartoletti voleva togliermi 90° Minuto, mi ha bombardato, non avevo neppure più il mio posto in redazione. Però io avevo il sostegno del direttore di Rai 1, Brando Giordani: diceva che dovevo essere un giornalista a 360 gradi.

Anche Mara s’era messa di traverso: non toccatemi Bisteccone, eh”. È lei a convincerlo a cambiare vita nel corso di una cena che si svolge durante i Mondiali del ’94 a New York, alla presenza di Renzo Arbore. “Io conducevo già 90° Minuto e lei fu brava a buttarmi nello spettacolo gradualmente”, ammetterà Galeazzi che, con quel programma, raggiunge un successo per lui inaspettato ma, per certi versi, anche dannoso.

“M’hanno rovinato dieci anni di Domenica In. Magnavo la sera e non venivo più al circolo a fare la partitella. Me so’ ritrovato in poco tempo addosso un set de valigie de 50 chili”, racconterà parlando del suo peso che supererà i 160 kg. Nell’estate 2012 è a Notti Europee mentre la sua ultima apparizione tivù è datata 2018 quando fa il suo ritorno a Domenica In, stavolta come ospite.

A 72 anni ricompare in tivù in sedia a rotelle e sul web rimbalza l’ipotesi che sia affetto dal morbo di Parkinson. Galeazzi, invece, spiegherà di soffrire di una grave forma di diabete e aggiungerà: “La verità è che sono reduce da un’operazione al ginocchio sinistro, mi muovo con le stampelle. Lo studio era pieno di cavi e, per non rischiare, un assistente ha pensato bene di mettermi su una carrozzina”, spiegherà qualche giorno dopo.

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