L’ordine mondiale nel disordine globale (di Cosimo Risi)

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Il 2023 sta finendo come il 2022 se non peggio. Non bastava la guerra fra Russia e Ucraina, ci voleva l’ennesima fiammata fra Israeliani e Palestinesi  nel ridotto di Gaza. Cosa ne è del diritto internazionale in generale e del diritto umanitario in particolare? A porre le domande agli esperti degli intrattenimenti televisivi ricevi risposte da Bar dello Sport, all’insegna del tifo per una parte o per l’altra.

Sovvengono i libri. Due sono finiti sulla scrivania per le recensioni. Il primo è di un maestro del diritto internazionale; il secondo del nume della diplomazia internazionale.

Massimo Panebianco (Stato di diritto e democrazia euro-globale. La crisi dell’Est – Ovest, Editoriale scientifica, Napoli, 2023) si occupa delle grandi categorie del diritto internazionale. Prende le mosse dalla tappa fondante della Pace di Westphalia (1648), che pose fine alla Guerra dei Trent’anni. Il suo scritto mette insieme diritto, politica, economia.

Egli direbbe geo-politica e geo-economia. Per dare conto di dove ci troviamo in questa congerie internazionale e, soprattutto, capire dove stiamo andando. Il libro, consegnato alle stampe prima del 7 ottobre 2023, riflette prevalentemente sul conflitto fra Russia e Ucraina.

Panebianco vede l’Occidente in affanno con il suo modello di democrazia globale. La democrazia globale,  Vladimir Putin la qualificherebbe di prodotto del pensiero unico occidentale, sta smarrendo  la via dei global legal standards, le categorie giuridiche  globali.

Tali categorie si stavano applicando al mondo, grazie all’universalità dell’ONU e dopo la  dissoluzione dell’Unione Sovietica. Nei primi Novanta del XX secolo si apriva l’era dello American soft empire, l’impero soffice americano. Nessuna conquista militare, solo l’esercizio dell’egemonia culturale sulla scorta del pensiero telematico.

Contro il preteso unipolarismo euro-americano si scagliano Cina, Russia ed un certo numero di BRICS. Vorrebbero il multipolarismo: una sorta di sincretismo teorico e politico, per cui tutte le concezioni sono egualmente valide e, con loro, i regimi che le esprimono.      E’ allora lecito applicare la nozione di democrazia globale al mondo frammentato dai conflitti?

Panebianco riconosce che la democrazia globale conosce un limite nel diritto emergenziale. Lo abbiamo conosciuto durante le chiusure per ragioni sanitarie. Il sacrificio della libera circolazione delle persone è stato pesante ed ha violato una libertà fondamentale dell’ordinamento giuridico democratico.

Le emergenze sono destinate ad aumentare in relazione alle crisi che ci attanagliano: il clima con le devastazioni dei territori, i flussi migratori, le guerre. Il diritto emergenziale finisce per corrodere il “diritto democratico”. Le guerre sono state espunte dalla trattazione accademica come fenomeni desueti. Le guerre sono tornate di attualità, non si può escludere che da regionali divengano globali. Il principale timore in Medio Oriente è che la crisi divampi da Gaza alla regione.

In Panebianco, si diceva, è chiaro il riferimento a Westphalia sin dall’epigrafe: “Pax sit universalis aeterna”. La pace universale eterna di Westphalia o la pace perpetua di Immanuel Kant? Da ambedue siamo lontani.

Ordine mondiale di Henry Kissinger (Milano, Mondadori, 2023) è del 2014, è ripubblicato nel 2023 con intatta freschezza. Kissinger scrive del mondo con lo sconcerto di chi era abituato all’ordine delle grandi potenze. Anche per lui, la Pace di Westphalia segnò il passaggio dal disordine globale delle eterne guerre europee al concerto delle nazioni. La parola chiave fu equilibrio. Chi lo rompeva per eccesso di ambizione era destinato a fallire a fronte della coalizione dei controinteressati.

Nota Kissinger che “un ordine mondiale veramente globale non è mai esistito”. L’ordine mondiale cui siamo abituati è una creazione artificiale della diplomazia europea, riunita a Westphalia (Germania) e limitata alle parti contraenti “senza che vi partecipassero, e anzi senza che ne fossero neppure al corrente, la maggior parte degli altri continenti e delle altre civiltà”. Conta l’equilibrio dei poteri affinché le “ambizioni dei regnanti [si controbilancino reciprocamente] riducendo le possibilità di conflitti, almeno in teoria”.

L’ordine mondiale è il feticcio cui aggrapparsi nei momenti di crisi. La costruzione è  fragile, si può rompere a scuoterla con vigore. E’ quanto accade con la rivendicazione del multipolarismo, con l’irruzione di nuovi soggetti non statuali (Hamas è un’organizzazione terroristica in lotta contro uno stato), con l’intrecciarsi di motivazioni extra-politiche, le religiose sono intrinsecamente irriducibili.

Oggi alcuni soggetti internazionali stanno forzando la mano. Fino a quale limite spingeranno il disordine senza dissipare quel che resta dell’ordine mondiale? Quanto durerà l’incubazione del nuovo ordine?

di Cosimo Risi

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