La provincia dei borghi: poca retorica e molto impegno (di G. Fauceglia)

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Ho recentemente avuto occasione di leggere il bel libro di Filippo Tantillo, “L’Italia vuota”, edito da Laterza, una lettura che consiglio ai sindaci dei nostri paesi sparsi nelle zone interne della provincia, posto che uno dei temi affrontati dall’ Autore è quello dello spopolamento.

Una questione centrale che non riguarda solo i nostri territori, considerato che in Italia ci sono attualmente 7901 comuni, e di questi ben 2025 (il 25,6%) hanno meno di mille abitanti, e 2427 ne contano tra mille e tremila.

E’ facile, allora, concludere nel senso che i cambiamenti sociali ed economici hanno finito per acuire la polarizzazione tra aree progressivamente abbandonate e territori ad elevata densità abitativa, sì che in un territorio ricco di montagne lo squilibrio demografico si presenta critico tanto quanto l’invecchiamento strutturale. Ridurre questo disequilibrio si pone non solo come un’opportunità, ma addirittura come una necessità, alla quale la politica (quella vera, se ancora esiste!) deve dare concreto riscontro.

Comincio con il ricordare che la perdita di popolazione e di opportunità lavorative restano manifestazione di un problema comune a tutte le aree interne, bisogna, però, altrettanto sottolineare che esistono zone interne che sono sempre state poco abitate, ma che hanno conosciuto, con il tempo, effetti ancora più accentuati di spopolamento a causa della progressiva riduzione dei servizi pubblici.

Basti pensare agli effetti prodotti da una sciagurata politica regionale che, nell’apparente prospettiva di un efficientismo di facciata, ha finito per privare molte aree interne dei più elementari presidi sanitari.

La risposta ad un problema di sistema non può che essere “complessiva” ed “organica”: a poco servono le strutture cosiddette intermedie ricche solo di prosopopea ed utili per promuovere e sostenere un personale politico-amministrativo di assai limitati orizzonti (eredità di quel tratto negativo della classe dirigente meridionale già oggetto degli strali di Gaetano Salvemini) oppure le numerose  sagre che, in assenza di qualsiasi selezione sulla loro valenza storico-rievocativa, allietano le sere di estate nei borghi, ma che non generano effetti duraturi.

Va, allora, sviluppato un governo del territorio finalizzato al benessere collettivo, alla gestione dei beni comuni, al recupero delle terre incolte e alla manutenzione dei fondi agricoli e del patrimonio edilizio rurale, obiettivi essenziali anche in un’ottica di tutela effettiva e non retorica dell’ambiente.

A ciò andrebbe aggiunta una policy locale che consideri essenziale in una prospettiva residenziale la permanenza almeno delle scuole primarie, di un ufficio postale e finanche di un negozio di alimentari, perché anche in questo modo possono essere salvaguardate le risorse esistenti e preservate le memorie dei luoghi.

Nel concreto, pare necessario procedere ad una “mappatura” della viabilità, e, in un tempo di scarse risorse pubbliche, scegliere i percorsi meno accidentati e di più facile manutenzione che consentano la riduzione dei tempi di percorrenza tra arterie principali (es. autostrade) e borghi (questo impedirebbe un uso “clientelare” degli investimenti nella viabilità, in cui qualche amministrazione provinciale tende a favorire i sindaci “amici”).

Dappoi, sarebbe necessario valorizzare la produzione agricola locale (su questo qualche passo in avanti è stato fatto dalla Regione, anche se andrebbe rivista la normativa sui GAL), con l’introduzione di strutture di filiera corta, di monitoraggio delle reti commerciali e di tutela dei marchi tipici (in questa prospettiva segnalo alcune iniziative messe in campo da Confcooperative con riferimento proprio alle zone interne).

Resterebbe auspicabile anche una più stretta collaborazione tra banche locali (le BCC) e pubbliche amministrazioni nel campo della salvaguardia del patrimonio edilizio nei centri storici dei borghi: ad esempio, introdurre mutui di scopo con interessi agevolati in favore delle giovani coppie per l’acquisto o la ristrutturazione di abitazioni (in coerenza con la politica del governo di sostegno alla famiglia).

Ed ancora, una corsia preferenziale in Cassa Depositi e Prestiti per i mutui di scopo o di progetto che i Comuni con popolazione non superiore a 3000 abitanti potrebbero contrarre per il recupero del patrimonio edilizio (es. sistemazione, possibilmente “non troppo fantasiosa”, delle viuzze e dei complessi pubblici).

Una scelta normativa avveduta già avrebbe potuto destinare una parte delle risorse del bonus edilizio esclusivamente al recupero del patrimonio immobiliare dei borghi (ma ciò avrebbe presupposto una consapevolezza civica della classe politica che quella misura aveva introdotto).

Giuseppe Fauceglia

1 Commento

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  • Qui si parla di regione, ma sono le spending review dei governi ad aver creato i maggiori problemi. Il resto che scrive è tutto condivisibile. Dovrebbe leggere Franco Arminio, che di borghi campani ne sa parecchio (i migliori progetti nascono dall’incontro di culture diverse)

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